Breve teologia del matrimonio
Norman Wright, consulente matrimoniale e familiare, ha raccontato un episodio che un uomo gli aveva confidato nel corso del suo ministero:
Una nuova collega è arrivata a lavorare nel nostro ufficio. Abbiamo iniziato a conoscerci e ogni giorno ci fermavamo a parlare davanti a un caffè. Con il tempo, lei ha cominciato a confidarmi i problemi del suo matrimonio e abbiamo scoperto che entrambi ci stavamo allontanando dai nostri rispettivi coniugi. Ci siamo resi conto che comunicavamo meglio tra noi che con i nostri stessi sposi. Cercavamo occasioni per stare insieme — avevamo interessi e hobby simili. Non avevo secondi fini, nessun piano nascosto, ma mi piaceva trascorrere del tempo con lei come amica.
Ci vedevamo ogni giorno per qualche minuto e una volta alla settimana andavamo a pranzo insieme. Col tempo ho iniziato a confrontare Elaine con mia moglie. In Elaine vedevo tante qualità positive. Più facevo il confronto, più notavo difetti in mia moglie. Poi, un giorno, mi è piombata addosso la realtà: “Sono innamorato di un’altra donna. Io? No! Sono un uomo sposato con tre figli. Sono presidente del consiglio della nostra chiesa. Queste cose capitano agli altri — perché a me? Come ho potuto lasciarmi trascinare in questo pasticcio?”.
Ero confuso. Il mio lavoro ne ha risentito — così come le mie relazioni. Ho cercato di interrompere il coinvolgimento. Alcune settimane vedevo poco Elaine. Altre settimane, invece, la vedevo ogni giorno. Dovevo!
La scorsa settimana è successo. Abbiamo avuto un rapporto sessuale. Adesso sono a pezzi! Cosa devo fare?[1]
Testimonianze come questa mostrano quanto sia importante la vigilanza per mantenere saldo un matrimonio. Quando un matrimonio si disgrega, di solito non è a causa di un evento improvviso e catastrofico che travolge la coppia come un macigno. Può succedere, certo, ma nella maggior parte dei casi, quando l’edificio crolla su un matrimonio, è perché i coniugi non hanno affrontato per tempo la piccola crepa che si è andata allargando.
È essenziale affrontare la questione del matrimonio con realismo, coltivando il rapporto con il proprio coniuge nel modo in cui Dio lo ha stabilito. Uno dei modi migliori per farlo è avere una chiara comprensione delle fondamenta teologiche su cui si fonda il matrimonio. A prescindere dal proprio stato civile, il popolo di Dio non può permettersi di trascurare la Sua sapienza su questo tema.
Il matrimonio è un’idea di Dio
All’inizio, Dio stabilì che il matrimonio dovesse far parte del Suo disegno. Ha origine divina. In una cultura pervasa da confusione riguardo al matrimonio, questa verità va affermata con chiarezza. Non è stato l’uomo a inventare il matrimonio; se così fosse, lo si potrebbe modificare a piacere, o sciogliere in un attimo per comodità di uno o di entrambi i coniugi. Solo quando torniamo alla Parola di Dio e definiamo il matrimonio secondo i Suoi standard possiamo davvero comprendere cosa significhi realizzarne lo scopo.
Se hai partecipato a una cerimonia di matrimonio cristiana, probabilmente avrai sentito il ministro iniziare con parole simili: “Siamo qui riuniti, alla presenza di Dio e davanti a questa assemblea, per unire in matrimonio quest’uomo e questa donna”. È un modo per riconoscere le origini divine del matrimonio: una relazione unica, stabilita da Dio e data all’umanità come dono.
Il progetto di Dio per il matrimonio si trova già nelle prime pagine della Scrittura. In Genesi 2, dopo aver creato Adamo, Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui.” (v.18). Poi creò la donna, Eva, come complemento e compagna di Adamo. Fin dall’inizio della Bibbia, è chiaro che uomo e donna sono stati creati per vivere la loro dimensione sociale e sessuale all’interno del contesto matrimoniale (vv. 21–25).
Il matrimonio è un patto
Partendo da Genesi 2, Gesù nel Nuovo Testamento riafferma il modello divino del matrimonio, considerandolo una relazione esclusiva tra un uomo e una donna che entrano in un patto di vita (Matteo 19:3–9).
Dire che il matrimonio è un patto significa che non è semplicemente un contratto. Un contratto può essere annullato per determinate clausole o anche per semplice volontà di una delle parti; un patto è radicalmente diverso. Porta con sé un impegno incondizionato e una fedeltà incrollabile.
Abbiamo il modello del patto in Dio stesso, che più volte nella Scrittura ha iniziato relazioni di patto con il Suo popolo. Ad esempio, in Genesi 15, Dio stabilì un patto con Abramo, accompagnato dalla solennità di segni forti come le tenebre e la morte (vv. 12–21), a indicare che i patti non vanno presi alla leggera, ma stipulati con la consapevolezza delle gravi conseguenze in caso di rottura.
Quindi, nel momento in cui pensiamo all’origine del matrimonio secondo Dio dovremmo pensarla in termini di patto. Il compianto consulente biblico Jay Adams descrisse così il patto matrimoniale stabilito da Dio:
Il matrimonio comporta un accordo di patto per soddisfare tutti i bisogni del proprio coniuge in termini di compagnia (su ogni piano: sessuale, sociale, spirituale, ecc.) per il resto della vita. È quindi un atto definitivo. I cristiani, a differenza dei non credenti che oggi sperimentano “matrimoni di prova” o contratti nuziali annuali rinnovabili, non devono vivere quotidianamente sotto la minaccia del divorzio. La natura vincolante del patto divino assicura loro che il divorzio non è un’opzione.
Nel matrimonio, un uomo e una donna sono uniti in un legame che non ha paragoni con alcun’altra relazione umana. È unico. È un vincolo che non può essere sciolto a piacimento, un impegno vincolante che coinvolge dimensioni legali, fisiche, emotive e spirituali.
Purtroppo, molti credenti riconoscono qualcosa di meno rispetto al disegno divino di Dio per il matrimonio. Un sondaggio della fine del XX secolo rivelò che fino a due terzi dei cristiani intervistati consideravano il divorzio “una soluzione ragionevole a un matrimonio problematico”. Oggi è lecito supporre che quelle percentuali siano persino aumentate. Se ci si può aspettare questa mentalità tra i non credenti, è devastante constatare che la visione secolare del matrimonio abbia influenzato anche la chiesa. Come dice Gesù, «il sale ha perso il suo sapore» (Matteo 5:13).
Al contrario, dobbiamo essere fermi nel pensare che il divorzio non sia un’opzione. Il matrimonio non è un contratto commerciale dal quale si può recedere se le cose non vanno come previsto. È un patto. Fin dall’inizio, il divorzio non faceva parte del disegno di Dio (Matteo 19:8).
Sappiamo però che il divorzio è una realtà in un mondo caduto. La Scrittura prevede delle eccezioni? Ecco un consiglio pastorale sul tema:
Dio odia il divorzio (Malachia 2:16). … Quando possiamo influenzare la decisione di un’altra persona, non dovremmo essere rapidi nel consigliare il divorzio. Solo quando ogni via di riconciliazione è stata esaurita dovremmo considerare l’eccezione che la Scrittura prevede.
In molti casi in cui le persone divorziano e si risposano con leggerezza, la prospettiva biblica è che le nuove relazioni siano adulterine. Le eccezioni sono quelle in cui il divorzio avviene per infedeltà coniugale di un coniuge oppure, come afferma Paolo in 1 Corinzi 7, quando il coniuge non credente abbandona la relazione.
Fatte salve queste eccezioni, il matrimonio è un impegno assoluto e senza riserve verso il mandato divino: un uomo, una donna, “finché morte non ci separi”.
Il matrimonio è un impegno
Rispettare il patto matrimoniale richiede un serio impegno reciproco. Quando un uomo e una donna, nel giorno del loro matrimonio, si trovano all’altare, si promettono di amarsi e di prendersi cura l’uno dell’altro. Queste promesse non riguardano i sentimenti: sono atti della volontà. Infatti, il loro impegno reciproco non richiede nulla di meno.
È interessante notare che nella Bibbia l’amore romantico non è mai presentato come fondamento del matrimonio. Quando un matrimonio è costruito su slanci emotivi e attrazioni fisiche, diventa vulnerabile al rischio di sgretolarsi quando quelle sensazioni si affievoliscono. Al contrario, quando un matrimonio poggia sull’amicizia, sulla compagnia e sulla consapevolezza di un patto indissolubile, le possibilità che fiorisca sono decisamente maggiori. La promessa di amare il proprio coniuge non si riferisce a un amore romantico, ma a un serio impegno di alleanza verso quella persona.
Ecco perché le promesse rivestono un ruolo essenziale nel matrimonio. Riassumono perfettamente l’impegno assunto, costituendo quelle mura protettive necessarie quando il vento e le onde iniziano ad abbattersi sulla casa. Ogni giorno, marito e moglie hanno la responsabilità costante di vivere fedelmente secondo le loro promesse. Per questo, è molto meglio non fare promesse piuttosto che farle e non mantenerle (Ecclesiaste 5:5).
Una domanda per ogni matrimonio
Prima che una coppia entri nel patto matrimoniale, la maggior parte dei ministri pone loro una domanda di intenzione. È una domanda studiata per essere meditata con attenzione, affinché non si entri nell’alleanza con leggerezza o ignoranza. Che siano sposati da poco o da molti anni, i cristiani farebbero bene a esaminare criticamente il proprio matrimonio, con il desiderio di onorare Cristo e il proprio coniuge.
La domanda è: “Vuoi amare, onorare e prenderti cura del tuo coniuge?”
È essenziale capire cosa significhi “amare” in questo contesto. Se consideriamo l’amore secondo la visione della cultura popolare — una sorta di “emozione di seconda mano”, come la definì una volta Tina Turner — saremo costantemente tentati di arrenderci. Se invece comprendiamo l’amore nel senso biblico, cioè come atti concreti che adempiono alle nostre promesse, saremo liberati dalla tirannia degli alti e bassi emotivi che affliggono così tante relazioni.
Molte coppie, quando viene chiesto loro se si ameranno, reagiscono sorprese: “Scherza? Certo! Perché mai non dovrei amare questa persona?”. Non riescono a immaginare uno scenario in cui il loro affetto possa raffreddarsi. Tuttavia, l’amore di cui parla il ministro è accompagnato dall’onorare e dal custodire. È proprio qui che l’idealismo incontra il realismo. Per il marito, onorare la moglie significa metterla al primo posto, considerare i suoi interessi prima dei propri, e trovare la gioia più grande nel vederla fiorire pienamente in tutto ciò che Dio ha previsto per lei. Per la moglie, significa orientare la propria vita verso il marito (sempre sotto la propria devozione a Dio) in ogni aspetto della vita.
Quando un uomo e una donna scelgono di onorarsi in questo modo, vengono liberati dalla mentalità contemporanea del “rimanere me stesso a tutti i costi”. Al contrario, vengono introdotti nella dimensione meravigliosa del diventare “una sola carne” (Matteo 19:5).
Il disegno divino per il matrimonio è l’alleanza tra un solo uomo e una sola donna — nulla di diverso. Nella Scrittura, troviamo un modello di matrimonio così radicale nelle sue implicazioni da essere una delle immagini più potenti del Vangelo offerte al mondo che osserva. Sottomettendosi con umiltà al saggio progetto di Dio, marito e moglie possono camminare insieme nel matrimonio — nella prosperità e nelle difficoltà, nei momenti di successo e in quelli di fallimento, sui monti e nelle valli.
Lettura consigliata: Amore Eterno di Alistair Begg, Ed. Coram Deo

[1] H. Norman Wright, Seasons of a Marriage (Ventura, CA: Regal, 1982), 121–22.
Foto di Micah & Sammie Chaffin su Unsplash
Tematiche: Matrimonio, Vita Cristiana
© Truth For Life, © Coram Deo
Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.
