Formare cuori di lode con i Salmi

 

 

Uno dei motivi per cui cantiamo è la risposta alla natura di Dio e alle sue opere. Come dice il Salmo 96, benediciamo il suo nome, dichiariamo la sua salvezza e gli diamo gloria perché è degno di queste espressioni. Queste espressioni servono anche come potente testimonianza al mondo non credente.

 

C’è una seconda ragione per cui cantiamo che, a mio avviso, viene spesso dimenticata, trascurata o ignorata, e la vediamo anche nel Salmo 96. Vorrei che notaste un paio di aspetti chiave dello sviluppo poetico del pensiero in questo salmo. Il salmo progredisce dal popolo di Dio che canta tra le nazioni nella prima strofa (vv. 1-6) a tutte le famiglie della terra che gli attribuiscono gloria nella seconda strofa (vv. 7-9). È una realtà attuale? Tutti i popoli della terra stanno attualmente lodando Dio? Certamente no.

Anzi, l’invito a tutti i popoli a lodare Dio è ancora più sorprendente se si considera la particolare attenzione al popolo di Israele nell’Antico Testamento, cioè l’uditorio originario di questo salmo. Il fatto che Davide si rivolga a tutte le famiglie del popolo invece che a una sola, ossia i figli di Abramo, sembra strano finché non ricordiamo che Dio, pur avendo scelto Abramo e i suoi discendenti come suo popolo speciale ed eletto, ha anche promesso ad Abramo che, attraverso quell’unica famiglia, Dio avrebbe benedetto tutte le famiglie della terra (Gen. 28:14). L’Antico Testamento è pieno di profezie che indicano che un giorno tutte le nazioni verranno ad adorare Dio.

Eppure, ancora oggi, ciò non è accaduto. L’attenzione di Dio in quest’epoca si è estesa al di là del solo Israele, ma anche ora tutte le famiglie dei popoli non lodano Dio, non sono tutte benedette. Quando accadrà?

Prima di rispondere a questa domanda, consideriamo come Davide sviluppa ulteriormente il salmo nella terza strofa (vv. 11-13). È passato da Israele che loda Dio tra le nazioni nella prima strofa a tutte le nazioni che lodano Dio nella seconda strofa; dove si sposta nella terza strofa? Guardate il versetto 11:

 

11 Gioiscano i cieli ed esulti la terra;

risuoni il mare e quanto contiene;

12 esultino i campi e quanto è in essi;

tutti gli alberi delle foreste emettano gridi di gioia

13 in presenza del SIGNORE; poich’egli viene,

viene a giudicare la terra.

Egli giudicherà il mondo con giustizia,

e i popoli con verità.

 

Non si tratta solo di Israele che loda il Signore, e nemmeno di tutte le nazioni della terra; è la terra stessa che loda Dio! Sta accadendo ora? Beh, c’è un senso in cui anche ora i cieli e la terra mostrano la gloria di Dio e ne magnificano la grandezza (Sal. 19). Ma i cieli non gioiscono, la terra non si rallegra, i campi non sono gioiosi, le foreste non cantano davanti al Signore. La Scrittura ci dice che la creazione geme a causa della maledizione (Rom. 8:22).

 

Rispondere alle realtà future

La realtà che tutte le famiglie del popolo lodino Dio, che tutti i cieli e la terra lodino Dio è qualcosa che deve ancora venire. Quando avverranno queste cose? Continuate a leggere il versetto 13: “Perché egli viene”. In altre parole, l’esultanza dei cieli, la gioia della terra, il fragore del mare, la gioia dei campi e il canto degli alberi sono in risposta alla venuta del Signore. Quando accadrà? Continuate a leggere: 

“perché viene a giudicare la terra.

Egli giudicherà il mondo con giustizia,

e i popoli con verità”.

L’aspetto interessante è che l’espressione “perché viene” non è al tempo futuro in ebraico, ma al tempo perfetto che si usa per descrivere azioni già avvenute nel passato o che si considerano già compiute. Per Davide e gli ebrei che firmano il Salmo 96, qualsiasi tipo di venuta del Signore era del tutto futura, eppure qui stanno cantando in un certo senso come se fosse già avvenuta. Ricordate, un buon canto esprime dei sentimenti verso il Signore in risposta a chi è Dio e a ciò che ha fatto, eppure qui stanno rispondendo a qualcosa che non è ancora accaduto come se fosse già accaduto.

Anche per noi, che viviamo al di qua della prima venuta di Cristo nel mondo, la venuta descritta qui alla fine del Salmo 96 è la seconda venuta di Cristo; è ancora futura, Cristo non ha giudicato il mondo quando è venuto la prima volta (Giov. 12:47); ciò avverrà quando verrà di nuovo (Mat. 25:31-46). In altre parole, la realtà di tutte le famiglie dei popoli che danno gloria al Signore è futura e la realtà di tutta la creazione che loda il Signore è futura; queste cose non avverranno finché il Signore non verrà di nuovo a giudicare il mondo, il che è di nuovo futuro.

Ora, ha senso cantare in risposta alle cose che Dio ha fatto nel passato: Dio ha fatto i cieli e ci ha salvato; ha senso cantare in risposta a queste realtà e ha senso cantare in risposta alle realtà presenti: Dio è grande, è maestoso, è glorioso e forte, è giusto e fedele; ha senso rispondere a queste cose. Perché rispondere a cose che non hanno ancora avuto luogo come se fossero già accadute, come fa questo salmo?

 

Il potere formativo del canto

La risposta a questa domanda rivela la seconda ragione per cui cantiamo. La prima ragione per cui cantiamo è una risposta di ringraziamento; i nostri cuori rispondono a realtà passate e presenti sulla natura e sulle opere di Dio, e il canto ci dà voce per esprimere i nostri cuori verso Dio in risposta.

La seconda ragione per cui cantiamo, che si evidenzia quando rispondiamo a qualcosa che non ha ancora avuto luogo, è che il canto ci forma. In altre parole, quando cantiamo in risposta a qualcosa che non è ancora accaduto, stiamo in un certo senso recitando quella realtà futura e, così facendo, siamo formati da essa.

Vedete, la risposta a qualcosa implica che ne abbiate fatto esperienza. L’esperienza di solito viene prima, quell’esperienza ci forma e poi, a partire da ciò che si è formato in noi attraverso l’esperienza, rispondiamo. Per esempio, ricordo di aver visto gli orrori dell’11 settembre 2001 mentre accadevano quel giorno. Li ho vissuti. Quell’esperienza mi ha formato; ha formato i miei sentimenti verso questo Paese; ha formato i miei sentimenti verso il personale di soccorso; ha formato i miei sentimenti verso i terroristi. Ora reagisco a tutte queste cose in determinati modi, come risultato della mia esperienza. Come possiamo reagire a qualcosa che non abbiamo ancora sperimentato? Non abbiamo ancora sperimentato tutte le nazioni che danno gloria al Signore, o tutta la terra che canta di gioia, o il Signore che viene a giudicare la terra. Come può Davide aspettarsi che rispondiamo a queste cose?

 

Questo è in realtà uno dei grandi poteri dell’arte. L’arte, come la canzone, è un modo per creare un’esperienza che non abbiamo realmente vissuto, in modo da formarci come se l’avessimo vissuta. Consideriamo, ad esempio, Il cammino del pellegrino di John Bunyan. Qual è il valore di una storia di fantasia su un uomo che viaggia verso una città celeste? Leggiamo del viaggio di Christian, che viene formato da varie esperienze lungo il percorso. Bunyan ha creato un’allegoria della salvezza e della vita cristiana in modo tale che, camminando con Christian, possiamo essere formati dal suo viaggio come se lo stessimo vivendo noi stessi.  

Questo è il potere di tutta l’arte (letteratura, teatro, pittura, poesia e canzone) che non ci permette solo di esprimere ciò che abbiamo già sperimentato personalmente, ma anche di plasmare le nostre risposte attraverso la rappresentazione di realtà fortemente formative che non abbiamo vissuto in prima persona. Questo è un punto importante: l’obiettivo dell’arte (come un Salmo) non è semplicemente quello di informare il nostro intelletto; l’obiettivo dell’arte è quello di plasmare le inclinazioni del nostro cuore (la nostra visione del mondo), e lo facciamo mentre riflettiamo sull’incarnazione ispirata di Dio della vera beatitudine nel flusso canonico dei salmi e nella poesia dei salmi individualmente.

 

Ecco perché cantare una poesia su una realtà futura, cantandola come se stesse accadendo proprio ora. Cantando di tutte le famiglie del popolo che lodano Dio, di tutta la creazione che loda Dio e del Signore che viene a giudicare la terra in giustizia e fedeltà, i nostri cuori sono plasmati come se stessimo realmente vivendo queste realtà proprio ora. È più di una semplice espressione di speranza che queste cose accadranno davvero; attraverso l’arte, rendiamo il futuro momentaneamente presente in modo che possa formarci.

Questo è vero anche per le realtà del passato e del presente. All’epoca di Davide, ad esempio, Israele non aveva vissuto in prima persona l’Esodo dall’Egitto. Eppure ci sono molti salmi che ricreano artisticamente l’Esodo, in modo che le persone, cantando quell’esperienza, possano esserne plasmate come se fossero state presenti. Il salmista impiega ogni sorta di espediente poetico per plasmare il cuore del cantante, ma anche la posizione canonica del salmo è formativa. Il Salmo 114, che di per sé non è un Salmo di Hallel (lode), è circondato da Salmi di lode:

Salmo 111: “Alleluia!”.

Salmo 112: “Alleluia!”.

Salmo 113: “Alleluia! . . . Alleluia!”

Salmo 114: “Non a noi, Signore, non a noi,

ma al tuo nome da’ gloria. . .”

Salmo 115: “. . . Alleluia!”

Salmo 116: “. . . Alleluia!”

Salmo 117: “Alleluia! . . . Alleluia!”

Semplicemente per la sua collocazione nel flusso canonico, i cantori sarebbero stati formati per lodare il Signore, con una ricreazione poetica dell’Esodo dall’Egitto al centro, sostenendo la loro lode con realtà storiche oggettive sulla fedeltà di Dio nel liberare il suo popolo dall’oppressione. Allo stesso modo, nessuno di noi ha vissuto gli eventi della storia di Israele, ma cantando rappresentazioni artistiche di essi, possiamo esserne plasmati. Cantandoli come se fossero accaduti oggi, rendiamo momentaneamente presenti le realtà del passato in modo che possano formarci ancora una volta.

Questo è anche il motivo per cui le buone canzoni non si limitano a esprimere cose come la gioia, la lode, il ringraziamento e l’adorazione, ma raccontano anche le ragioni di queste risposte, perché cantando anche le ragioni, siamo ulteriormente formati da esse mentre le sperimentiamo più e più volte attraverso l’arte.

 

Oggi i cristiani riconoscono spesso il potere espressivo del canto nell’adorazione. Sappiamo che i canti ci danno modo di esprimere il nostro cuore a Dio, ma spesso i cristiani non riconoscono il potere formativo del canto. I canti esprimono e ci formano allo stesso tempo, quindi dobbiamo fare attenzione a discernere sia ciò che un canto esprime per determinare se ciò che esprime è accurato e fedele alle Scritture, sia come un canto forma le nostre espressioni per determinare se anche il modo in cui ci forma è fedele alle Scritture.

 

Scegliamo le canzoni da cantare nel nostro culto non solo perché ci danno buoni modi per esprimere ciò che è già nel nostro cuore; scegliamo buone canzoni che formano le nostre espressioni, facendole maturare, crescere ed espandere in modi che non accadrebbero necessariamente in modo naturale. Questo è ciò che fanno questi salmi: cantiamo di realtà passate, presenti e future in modo che diventino tutte presenti attraverso l’arte, formando i nostri cuori a rispondere al Signore con affetti che sono appropriati per quelle realtà.

 

Traduzione a cura di Lisa Artioli

 

Consigliamo il libro Nessuno come Lui di Jen Wilkin, Ed. Coram Deo.

Nessuno come Lui

Foto di Ayako su Unsplash

Tematiche: Adorazione, Bibbia, Lode

Scott Aniol

Scott Aniol

(PhD), è vicepresidente esecutivo e caporedattore di G3 Ministries. Conferenziere in tutto il mondo tra cui college e seminari ed è autore di diversi libri e decine di articoli. Per saperne di più, comprese le pubblicazioni e l’itinerario degli interventi, si può visitare il sito www.scottaniol.com. Scott e sua moglie, Becky, hanno quattro figli: Caleb, Kate, Christopher e Caroline.

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