Non puoi amare le missioni senza amare la chiesa locale
Dimmi se ti suona familiare, Joe, matricola al college, si unisce alla tua chiesa, è pieno di entusiasmo per Gesù, vuole dedicare la sua vita al Signore, il che significa dedicarla ai popoli non raggiunti nelle zone più difficili del mondo. Joe non sopporta il cristianesimo americano della classe media, con la sua compiacenza e la sua ossessione per il comfort; non vede l’ora di finire gli studi per poter partire subito alla volta delle giungle dell’Indonesia o dell’Ecuador e portare il Vangelo a chi non lo ha mai sentito prima. Gran parte del tuo discepolato con Joe consiste nell’aiutarlo a pensare con più benevolenza ai santi della sua stessa comunità, santi che non hanno mai lasciato gli Stati Uniti, ma amano Gesù e servono fedelmente il Signore attraverso le loro vite ordinarie e tranquille.
E poi… Joe incontra Jane, si innamorano l’uno dell’altra e, con l’avvicinarsi della laurea, lui capisce che deve trovare un lavoro (almeno per poter comprare un anello); lei ha un sacco di debiti universitari e quindi lui capisce che devono pagarli prima di poter andare da qualche parte; allo stesso tempo, Joe ha iniziato a comprendere l’importanza di avere dei compagni di fede coinvolti nella sua vita, in particolare attraverso la chiesa locale e così, divenuto un punto di riferimento nella chiesa, si presenta regolarmente per servire con spirito di sacrificio chi è nel bisogno. Avvia un ministero di evangelizzazione e coinvolge altre persone. Si dedica ad amare fedelmente la sua neo-moglie, a lavorare fedelmente nel suo lavoro secolare e a servire fedelmente la chiesa e, lentamente, il suo sogno di andare all’estero svanisce sotto le responsabilità e le gioie della sua vita così com’è; ben presto, si ritrova a guardare quella matricola piena di entusiasmo e di giudizio, e scuote la testa, ricordando come un tempo anche lui fosse così.
Ho visto questa situazione ripetersi più volte e, da un certo punto di vista, non c’è nulla di sbagliato nel fatto che alcune persone decidano che il Signore non le ha chiamate alla missione tra culture differenti. Stabilirsi in una chiesa locale a lungo termine, svolgere un lavoro secolare e vivere una vita tranquilla non solo è “accettabile”, ma è anche una vocazione onorevole che il Signore dona a molti.
Eppure, non posso fare a meno di chiedermi se stiamo davvero servendo bene questi giovani zelanti, dato che solo i più determinati continuano a perseguire il lavoro missionario. Per me, questa situazione è tutt’altro che astratta, dato che mia moglie, mia figlia e io ci siamo trasferiti in Medio Oriente proprio l’anno scorso.
Ciò è importante per almeno due ragioni: in primo luogo, esiste una tendenza spaventosa, sia da parte di coloro che restano sia da parte di coloro che partono (almeno tra i giovani), a mettere in discussione le motivazioni dell’altra “parte”; in secondo luogo, lo zelo missionario e l’amore per la chiesa locale non dovrebbero competere nel nostro cuore. Se uno sembra prevalere sull’altro, c’è un problema, poiché la chiesa è il corpo a cui il Signore ha affidato l’opera missionaria.
Suggerimenti
Questo non è solo una questione di convivenza pacifica, ma la conseguenza involontaria di questa dicotomia è che le persone disposte a trasferirsi all’estero per amore del Vangelo sono spesso le meno convinte dell’importanza della chiesa locale. Quando le persone percepiscono le missioni e la chiesa locale come due stili di vita cristiani completamente distinti e quindi incompatibili, non solo perdiamo persone di qualità che avrebbero potuto diventare ottimi missionari, ma costruiamo chiese che credono che le missioni siano qualcosa che fanno “quelli là fuori”, non noi.
Come dovremmo reagire e rispondere come chiese? Come possiamo aiutare le persone, in particolare i giovani, a prendere decisioni sagge su come dedicare la propria vita al servizio del Signore? Come possiamo farlo con equilibrio, senza demonizzare o esaltare la decisione di restare o di andarsene? La questione ovviamente va oltre i limiti di un breve articolo, ma ecco alcune proposte preliminari:
-
La chiesa locale è essenziale, ma la tua non lo è
Quando le persone affermano di aver sviluppato un amore crescente per la chiesa locale, spesso intendono dire che hanno sviluppato un amore crescente per la loro chiesa locale specifica e per le persone che ne fanno parte, questo, è certamente un aspetto positivo; tuttavia, le nostre vite non sono necessariamente legate a una sola chiesa locale per il resto della nostra esistenza. Se non riuscite a immaginare la vostra vita lontano da una chiesa in particolare, ciò potrebbe riflettere un amore per il comfort che provate attualmente piuttosto che un amore per la sposa di Cristo.
La chiesa locale è essenziale per il piano del Signore. Cristo stesso ci ha promesso che le porte dell’inferno non prevarranno contro la chiesa (Matteo 16:18) , ma questo non significa che la tua chiesa rimarrà essenziale fino al ritorno di Gesù; quando insegniamo alle persone ad amare la chiesa locale, dobbiamo insegnare loro ad amare ancora di più il regno di Dio, in modo che, se il Signore le chiama, siano disposte a rinunciare alla comunione in una chiesa per aiutare un’altra, sia essa in fondo alla strada o dall’altra parte del mondo ; infatti, la nostra appartenenza a una chiesa è significativa perché afferma la nostra cittadinanza nel regno, perché è una manifestazione della nostra appartenenza, molto più preziosa, alla futura comunione celeste.
-
Le missioni possono essere emozionanti, ma difficilmente si tratta di esperienze affascinanti.
Uno dei motivi per cui molti giovani sono così appassionati delle missioni è perché le vedono come una grande avventura, non fraintendetemi, è emozionante essere parte della diffusione del Vangelo, sia in senso astratto, sia nei reali momenti in cui si vedono le persone avvicinarsi alla fede, crescere in maturità e fondare una chiesa.
Tuttavia, le missioni comportano anche molti aspetti quotidiani.
Vi racconto com’è stato il primo mese di vita all’estero: burocrazia, richiesta del visto, trasloco in un appartamento, arredamento dell’appartamento, attesa del visto, burocrazia, orientarsi in una nuova città, imparare nuove regole di guida, imparare dove acquistare i generi alimentari, ancora burocrazia… oh, ho già menzionato la burocrazia? Aggiungete a tutto questo le altre sfide fondamentali del vivere in un posto nuovo: fare nuove amicizie, incontrare nuove persone, adattarsi a un nuovo lavoro e alle dinamiche dell’ufficio, adattarsi alla vita da genitori (nel nostro caso) e ogni sentimentalismo svanisce rapidamente.
Come in qualsiasi altro posto, anche la vita all’estero è piena di momenti ordinari, come aspettare un’intera giornata all’ufficio postale o perdersi in una città sconosciuta, che non sono esattamente argomenti da biografia missionaria. Se la tua motivazione principale per vivere una vita radicata è il brivido, non resisterai a lungo alle difficoltà della vita reale; i fedeli della tua chiesa hanno bisogno di una visione escatologica più forte di ciò per cui stai lavorando, hanno bisogno di una visione costante della fede cristiana vissuta giorno per giorno.
-
La missione è un sacrificio
Proprio come ogni altra espressione della vita cristiana, la missione è sacrificio (Romani 12); probabilmente in risposta alla visione idealizzata dello stile di vita più radicale, come suggerito da autori come Platt e Francis Chan, si è diffusa l’opinione che i cristiani non dovrebbero aspirare a realizzare molto più che adempiere ai propri doveri fondamentali come membri della famiglia, della chiesa o come lavoratori: questa è una visione errata perché è bene e giusto che i cristiani aspirino ad essere utilizzati in modo significativo dal Signore, per il nome del Signore e non per il proprio.
In alcuni casi, trasferirsi all’estero significa trasferirsi dove attualmente non ci sono chiese, e questo è un grosso sacrificio per un cristiano, e si spera che venga fatto dai cristiani che ne avvertono maggiormente il peso, piuttosto che dai credenti il cui senso di dipendenza dalla chiesa locale è poco profondo. Pensate a quanto spesso, l’apostolo Paolo, sentisse profondamente la mancanza delle chiese che aveva lasciato; lasciate non per amore dell’avventura o del divertimento, ma perché ci fossero più chiese in più luoghi, per la gloria di Dio.
Il fatto che molte chiese valutino i loro attuali missionari in base ai frutti immediatamente ottenuti va contro questo principio. Per caso, i vostri missionari si sentono sotto pressione nel raccontare storie incredibili su orde di persone che si convertono a Cristo ogni volta che visitano la vostra chiesa? Se è così, attraverso i loro resoconti distorti e le loro richieste di preghiera, potreste insegnare ai vostri futuri missionari come valutare il successo delle loro vite all’estero.
Vivere in un contesto interculturale per amore del Vangelo è impressionante solo in alcuni casi anche se è sempre costoso, anche se sappiamo che il Signore e il suo Vangelo ne valgono la pena.
Le chiese dovrebbero valorizzare correttamente il sacrificio che onora Dio e la funzione di servire il regno sia dei missionari all’estero che delle mamme casalinghe. In questo modo, creeranno un ambiente sano in cui ogni membro potrà capire dove e come servire il Signore.
-
La libertà cristiana non può essere una scusa per peccare
C’è nella natura umana la tendenza a giustificare le cose positive che abbiamo fatto a spese di altre, tuttavia, come cristiani, non possiamo agire in questo modo.
Il matrimonio è un dono prezioso, così come lo è la vita da single, allo stesso modo, vivere in un contesto multiculturale e vivere nella propria cultura d’origine sono entrambi modi efficaci per servire il Signore. È necessario che i cristiani facciano entrambe le cose, poiché nessun cristiano può vivere in tutti i contesti in cui sono necessari testimoni della fede.
Altrettanto, entrambe le strade possono essere usate come scusa per nascondere il peccato, per esempio, qualcuno può scegliere di rimanere nella propria terra perché ama troppo le comodità, mentre un altro può scegliere di andare in missione all’estero solo per evitare impegni e responsabilità e per provare l’avventura. Non dovremmo essere così veloci nel trovare difetti in chi ha scelto una vita “diversa”, ma piuttosto dovremmo guardare prima nei nostri occhi per vedere se ci sono travi.
Conclusione
Il servizio missionario nel mondo e il servizio nella chiesa locale non sono in contrasto l’uno dell’altra, o almeno non dovrebbero esserlo.
Eppure, spesso insegniamo con il nostro esempio, se non esplicitamente, che l’amore per la chiesa locale significa rimanere a lungo nello stesso posto, ma provate ad immaginare cosa potrebbe accadere se la vostra chiesa iniziasse a inviare all’estero quei membri che amano e servono al meglio la chiesa. Immaginate cosa potrebbe accadere se i vostri membri crescessero considerando le missioni come parte integrante della loro vita di credenti, sia che rimangano o che partano.
Lettura consigliata: Essere un membro di chiesa, Ed. Coram Deo
Traduzione a cura di Yuni Akermi
© 9Marks, © Coram Deo
Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.
