Bentornati al podcast.
Domani ricorre la 508ª celebrazione della Giornata della Riforma, che commemora quel 31 ottobre in cui Martin Lutero pubblicò, con coraggio, le sue Novantacinque Tesi, inviandone una copia all’arcivescovo e affiggendo un’altra copia sulla porta di una chiesa molto frequentata.
Che l’abbia fatto con un drammatico colpo di martello o, più probabilmente, incollandole con un pennello e della pasta adesiva, quel documento di Lutero diede inizio a un’ondata di riforma che onoriamo ancora oggi, mezzo millennio dopo.
Ma, dopo tanto tempo, potremmo chiederci: che cosa celebriamo esattamente della Riforma? È forse il profondo recupero della verità della giustificazione per fede soltanto, in Cristo soltanto? È la diffusione della Bibbia nella lingua del popolo? È la fine delle indulgenze? Il rifiuto dell’autorità papale? Lo smantellamento della classe sacerdotale come mediatrice tra Dio e gli uomini? O forse tutte queste cose insieme?
Pastore John, mentre onori l’eredità duratura della Riforma, qual è il motivo principale per celebrarla?
Lasciami aggirare un po’ la parola “principale”.
Mi piacerebbe sostituirla con altre cinque parole, ma non sono riuscito a trovarle.
Ho però trovato cinque domande e credo che, alla fine, rispondendo a queste domande, risponderò esattamente a ciò che chiedi. Eccole.
1. Il fine supremo della nostra celebrazione
La prima domanda è questa: che cosa celebro sopra ogni altra cosa, cioè cosa c’è in cima a tutto, l’obiettivo che supera tutti gli altri, quando celebro la Riforma?
Nella sua risposta al cattolico Sadoleto, Calvino scrisse:
“Tu accenni alla giustificazione per fede, il primo e più acceso punto di controversia tra noi… Ovunque ne venga meno la conoscenza, la gloria di Cristo viene meno”. (Giovanni Calvino: Selections from His Writings, p. 95)
Credo che lo stesso si possa dire di tutti gli altri argomenti che sono oggetto di disputa in merito alla Riforma.
Quindi, sopra ogni altra cosa celebriamo l’esaltazione della gloria di Cristo.
2. Il fondamento della nostra celebrazione
Seconda domanda: che cosa celebro come fondamento di ogni altra cosa?
Se la prima domanda riguarda ciò che sta sopra tutto, questa riguarda ciò che sta alla base.
La risposta è: la grazia libera e sovrana di Dio.
Quando Lutero giunse alla fine della sua vita, considerava il suo libro “De servo arbitrio, La schiavitù della volontà” come la sua opera più importante, perché vedeva nella questione tra l’autonomia umana e la grazia sovrana di Dio il problema che sta alla base della Riforma.
Lutero scrisse:
“Condanno e rigetto come puro errore tutte le dottrine che esaltano il nostro libero arbitrio, poiché sono direttamente contrarie alla mediazione e alla grazia del nostro Signore Gesù Cristo. Infatti, poiché, al di fuori di Cristo, il peccato e la morte sono i nostri padroni e il diavolo è il nostro dio e principe, non vi può essere forza né potere, ingegno o saggezza che ci renda idonei alla giustizia e alla vita.”
Questo significa che, finché si insiste sull’autodeterminazione umana, non si coglie la profondità del nostro bisogno e si oscura la grandezza della grazia sovrana e libera di Dio, che è la sola che può dare vita e fede.
Ecco quindi cosa celebrerò come fondamento di tutto. Questa è la base.
3. Celebrazione dell’opera
Terza domanda: tra la gloria di Cristo sopra ogni altra cosa e la grazia sovrana di Dio alla base di tutto, che cosa celebro nel mezzo, come la più grande opera di Dio, che scaturisce dalla grazia e conduce alla gloria?
La risposta è questa: l’opera decisiva della croce di Cristo, che ha provveduto, a dei colpevoli peccatori, la pace con Dio.
Quattro volte, nella lettera agli Ebrei, l’autore sottolinea che l’opera di Cristo nel perdono dei peccati è stata compiuta “una volta per sempre”.
Amo questa espressione e il modo in cui è usata in Ebrei 7:27; 9:12, 26; 10:10.
Il primo passo di Ebrei 7:27dice:
“il quale [Cristo] non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso.”
(Ebrei 7:27, NR)
Quindi celebrerò il fatto che l’opera compiuta e completa di Cristo, nell’assumersi la punizione per i nostri peccati e attribuire a noi la sua perfezione per la nostra giustificazione, è stata compiuta una volta per tutte e non può essere ripetuta nella messa cattolica romana come punto necessario per il trasferimento di quella grazia definitiva.
È stata acquistata una volta per tutte per noi e ci è stata donata attraverso la fede in Cristo solo.
4. Celebrazione della Scrittura
Quarta domanda: qual è il mezzo decisivo, attraverso cui godo della pace con Dio, acquistata da Cristo?
La risposta è: la Parola ispirata di Dio, la Scrittura, letta e conosciuta da ogni credente.
La Chiesa del Medioevo aveva tagliato fuori il popolo dalla Parola di Dio, e l’aveva fatto intenzionalmente.
Nel Quattrocento, in Inghilterra, tradurre la Bibbia in inglese era un crimine capitale.
Coloro che leggevano frammenti della Bibbia in lingua inglese venivano bruciati vivi, persino i bambini.
Credevano che Dio non offrisse la comunione con sé tramite un incontro personale nella sua Parola, ma solo attraverso i sacramenti e i sacerdoti.
Ciò era diabolico, e il divario che si creò tra la Scrittura e il popolo di Dio, non è stato, ad oggi, colmato.
Ricordo di aver conosciuto in Europa una suora convertitasi a ottant’anni, che non aveva mai letto il Vangelo di Giovanni.
Una religiosa cattolica che non aveva mai letto quel Vangelo!
Questo è sintomatico di un male profondo perpetrato allora come oggi, nel separare le persone dalla parola di Dio, scoraggiandone subdolamente un incontro personale con Dio, in Cristo, attraverso la sua parola.
Perciò celebrerò la preziosa libertà personale di leggere la Bibbia e di avere comunione con Dio come Padre, quotidianamente, nella sua Parola.
5. Celebrazione della verità e dell’esperienza
Ultima domanda: quale grande verità della Riforma celebro riguardo a come sperimento nella mia vita il Cristo vivente attraverso la sua Parola?
Risposta: celebro la verità che la fede, esercitata direttamente in Cristo, attraverso la sua Parola, senza mediazione di sacramenti sacerdotali, è il mezzo decisivo e primario attraverso il quale posso godere quello che Cristo ha compiuto e che la Parola rende possibile.
Ecco cosa ho letto questa mattina, durante la mia meditazione quotidiana, in Efesini 3, la preghiera straordinaria dell’apostolo Paolo, che ha fatto cantare il mio cuore:
“16 affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, 17 e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori…”
(Efesini 3:16–17, NR)
È incredibile: Cristo abita nei nostri cuori per mezzo della fede.
Ora, questa è una preghiera per credenti, non si tratta di una preghiera per la conversione.
Se stai pensando che sia “Cristo che bussa alla porta per essere accolto” non è così.
Cristo è già entrato; siamo Cristiani.
Paolo prega per i credenti di Efeso, che Cristo abiti, cioè che sia realmente presente, vivo, percepito, a casa, nei loro cuori.
Come? Attraverso la fede: “e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori”.
Paolo prega per dei credenti che hanno già ricevuto Cristo.
Questa è una preghiera affinché possano sperimentare davvero, autenticamente, la presenza del Cristo vivente.
Quindi, quando faccio mio il Cristo crocifisso e risorto come mio supremo tesoro, vivo, presente, a casa sua dentro di me, quella stessa fede è lo strumento sufficiente per godere della sua comunione.
Questa sarà la mia principale celebrazione, ogni giorno.
Tematiche: Chiedi al pastore John, Domande dei lettori al pastore John Piper, podcast, Riforma, Storia della Chiesa
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