La volta scorsa abbiamo parlato di santità e buone opere e del perché le nostre sante azioni non possono essere definite come abiti sporchi.
È una credenza diffusa che deve cessare.
E siamo tornati sull’argomento appositamente, per capire insieme cosa significa avere successo nel nostro lavoro ordinario dalle 8.00 alle 17.00.
In Proverbi 16:3 leggiamo:
“Affida al SIGNORE le tue opere, e i tuoi progetti avranno successo.”.
Questo mi fa pensare al lavoro.
E so che molti di voi ascoltano questo podcast mentre vanno al lavoro la mattina, quindi tutto assume un significato particolarmente rilevante in questo momento.
Abbiamo dedicato altri episodi del podcast su carriere e chiamate, superlavoro, pigrizia, scopo e produttività personale.
Riceviamo tante domande su questo tema, perché nessuno di noi vuole sprecare la propria vita. E questo significa anche che non vogliamo sprecare il tempo che dedichiamo al nostro lavoro. Investiamo così tanto della nostra vita sul lavoro, ed è un posto dove perseguire l’eccellenza.
Ma perché? E come? A quale livello? Che aspetto ha il successo qui, sul cantiere e in ufficio?
La domanda per iniziare è di Dylan.
“Ciao, pastore John. In Colossesi 3:22-24, Paolo esorta i suoi lettori a “lavorare di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini”.
Questo significa che qualsiasi lavoro non fatto in eccellenza è come peccare? E come applichiamo la visione del lavoro di Dio alla pulizia della nostra casa, ai compiti per la scuola, o al lavoro dalle 8.00 alle 17.00?
Mi sento in colpa per il modo in cui gestisco queste cose da mesi, e non sono sicuro se sono solo pigro, ipocrita, o sto disobbedendo al Signore?
La prima cosa, per quanto riguarda il senso di colpa, o il sentirsi in colpa, è che la Bibbia gestisce la colpa in due modi ed entrambi sono molto importanti, non solo uno.
Uno è il sangue di Gesù che copre tutti i nostri peccati, incluso il modo in cui facciamo il nostro lavoro (e nessuno di noi fa il proprio lavoro al meglio delle proprie possibilità; siamo sempre al di sotto dell’ideale).
Quindi uno è il sangue di Gesù che cancella la nostra colpa, mentre l’altro è decidere di camminare e lavorare fedelmente davanti al Signore nella libertà di quel perdono.
Se cerchiamo di usare il sangue di Gesù come un lasciapassare per vivere nel peccato, la nostra coscienza si risveglierà e protesterà, grazie a Dio.
Se invece cerchiamo di camminare nella fedeltà e nell’obbedienza senza contare sul sangue di Gesù per il perdono e le abilità di cui abbiamo bisogno, o falliremo cadendo nella disperazione oppure ci sembrerà di avere successo e diventeremo orgogliosi.
Sono i due insieme, il sangue di Gesù e la determinazione a camminare e lavorare fedelmente, ubbidientemente, che rappresentano la chiave per una vita nella pace del perdono davanti a Dio e per essere vigili sui nostri cuori e sulle nostre menti, mentre svolgiamo i nostri compiti quotidiani.
Quindi, qual è la volontà di Dio su come dovremmo fare il nostro lavoro ordinario?
E poi, in particolare, che cosa significa lavorare “come per il Signore” che leggiamo in Colossesi 3:23?
Consideriamo prima il quadro generale.
Davanti al Volto di Dio
Nella Bibbia, Dio rivendica totalmente le nostre vite, tutto delle nostre vite, incluso tutto il nostro lavoro di qualsiasi tipo esso sia.
Tutto nella nostra vita deve essere fatto davanti al volto di Dio, affidandosi alla grazia di Dio, secondo la guida di Dio, per la gloria di Dio.
Ascoltate questi passi incredibili.
Colossesi 3:17: “Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, ringraziando Dio Padre per mezzo di lui”.
Non è incredibile? Ogni parola, ogni azione “nel nome del Signore Gesù”.
O 1 Corinzi 10:31: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio.”.
O Proverbi 3:5-6: “5 Confida nel SIGNORE con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. 6 Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri.”.
O Proverbi 16:3: “Affida al SIGNORE le tue opere, e i tuoi progetti avranno successo”.
O uno dei miei preferiti, da Romani 14 (solo perché è incredibilmente travolgente nel chiamarci a vivere per il Signore):
6 Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e ringrazia Dio. 7 Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso; 8 perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore. 9 Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi. (Romani 14:6-9)
Incredibile. Lo adoro.
Oh, come voglio vivere per il Signore, davanti al Signore, sempre rapportandomi al Signore.
Tutti questi testi hanno un messaggio fondamentale: apparteniamo a Dio.
Non siamo nostri.
Tutto ciò che facciamo, dalla mattina alla sera, deve essere fatto per il Signore, davanti al suo volto, facendo affidamento sulla sua grazia, guidati dalla sua volontà, con l’obiettivo di farlo apparire magnifico e glorioso come il nostro tesoro che ci soddisfa pienamente.
Ecco a cosa serve il lavoro. Ecco lo scopo di tutta la vita.
E non so se Dylan conosce il mio libro Non sprecare la tua vita, ma c’è un capitolo intitolato “Beneficiare al meglio di Cristo dalle 8.00 alle 18.00”, che cerca di rispondere alla domanda: Come fai a fare il tuo lavoro quotidiano per non sprecare ciò per cui è fatto?
Come lavoriamo?
Ora, infine, solo poche parole su Colossesi 3. Ecco il testo su cui si è concentrato Dylan.
Contiene la parola “facciate [. . .] come per il Signore e non per gli uomini”.
Dice così:
“22 Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. 23 Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, 24 sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore!” (Colossesi 3:22-24).
Quindi, lavorate “come per il Signore”.
E Paolo declina questo comando in cinque modi cosicché possiamo sapere e non ci sono molti dubbi qui, come la pensa Paolo su questo punto. Ci sono cinque significati che Paolo attribuisce all’espressione “come per il Signore”.
1. Non deve essere fatto “quando vi vedono”, come per piacere agli uomini: cioè, non stai solo facendo qualcosa per impressionare gli altri quando fai il tuo lavoro. Dio, non gli altri, è quello a cui si deve guardare. Prima di tutto stai lavorando verso Dio, non verso l’uomo.
2. L’opposto di “quando vi vedono” è “semplicità di cuore”, dice. In altre parole, vuoi davvero ottenere il bene che il tuo lavoro sta cercando di raggiungere. Il lavoro non è impressionare gli altri. Il lavoro è quello che è. È per il bene degli altri.
3. “Temendo il Signore”: in altre parole, temere di dispiacere al Signore, avere un desiderio reverenziale di compiacere il Signore nel modo in cui si svolge il proprio lavoro.
4. Lavorare “di buon animo”: letteralmente “dall’anima” cioè, non senza coinvolgimento ma mettendoci tutto se stessi.
5. Aspettando una grande ricompensa dal Signore: anche se l’uomo non ti riconosce nulla per ciò che fai, alla fine non importa. Ciò che conta alla fine è che otterrete una grande sovrabbondanza, una ricompensa di buona misura, pigiata, scossa, traboccante da parte del Signore.
Ora, tutte e cinque queste linee guida su come facciamo il nostro lavoro per il Signore, non ci sono date perché il Signore ha bisogno del nostro lavoro.
Non ne ha bisogno.
Atti 17:25: “(Dio) non è servito dalle mani dell’uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa.”.
Dio non ha bisogno del nostro lavoro. Non è questo il punto.
Paolo ci ha dato queste istruzioni perché, attenendoci ad esse, saranno fonte della nostra gioia più grande mentre lavoriamo, e dimostreranno che Dio è il nostro più grande tesoro.
Tematiche: Chiedi al pastore John, Domande dei lettori al pastore John Piper, Lavoro e professione, podcast, Vita Cristiana
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