Tre elementi biblici di una sana cooperazione finanziaria

 

 

 

 

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Tim 3:16-17)

Se si crede che la collaborazione finanziaria tra chiese locali, finalizzata all’edificazione della Chiesa di Cristo, sia un’opera buona, allora ci si deve aspettare che le Scritture offrano indicazioni su come tali collaborazioni debbano avvenire. I mezzi e i metodi della cooperazione economica tra chiese non competono esclusivamente a contabili e comitati finanziari. Piuttosto, il modo in cui il sostegno economico viene offerto e ricevuto all’interno del regno di Dio sulla terra è una questione sia teologica che pastorale. La risposta a tale questione incide direttamente sulla purezza della testimonianza del Vangelo che la chiesa offre al mondo.

Per questo motivo, questo articolo individua tre caratteristiche fondamentali di una sana cooperazione finanziaria.

Un Patrimonio di Dati Biblici

Prima di elencare questi tratti distintivi, è utile sottolineare che il Nuovo Testamento contiene un’abbondanza di informazioni riguardo alla cooperazione economica tra chiese. La colletta per la comunità di Gerusalemme è una delle principali ragioni di questa ricchezza,[1] ma non è l’unica. È difficile trovare una lettera apostolica che non contenga un riferimento esplicito a un sostegno finanziario, una richiesta diretta o un elogio rivolto a chi ha offerto aiuto economico. Si potrebbe persino affermare che, da un punto di vista pratico, il filo conduttore del Nuovo Testamento è in gran parte sostenuto dalla generosità del popolo di Dio.

In effetti, gli autori neotestamentari forniscono più dettagli sulle loro “politiche” economiche di quanti ne offrano su numerosi altri temi.[2] Ciò evidenzia l’importanza della questione e le conseguenze di una gestione diversa.

Una Sana e Biblica Cooperazione Finanziaria tra Chiese è…

  1. Fondata sulla Dottrina

La dottrina conta in ogni ambito del ministero, compresa la cooperazione economica. È per questo che il Nuovo Testamento sottolinea la necessità di una condivisione dottrinale prima di intraprendere collaborazioni finanziarie tra opere cristiane. Le chiese dovrebbero esaminare e verificare accuratamente i potenziali partner prima di decidere di sostenerli economicamente.

La lunga lettera di Paolo ai Romani, ad esempio, fu allo stesso tempo una presentazione teologica e una richiesta di sostegno. Douglas Moo sottolinea questi due obiettivi complementari di Paolo: “Questo spiegherebbe l’accento teologico generale della lettera, poiché Paolo voleva rassicurare i Romani che stavano sostenendo un missionario la cui ortodossia era fuori discussione.”[3] Se c’era qualcuno che avrebbe potuto vantarsi del proprio curriculum, delle proprie credenziali o dell’approvazione ricevuta da altri, quello era proprio Paolo.

Eppure, prima di chiedere alla chiesa di Roma di contribuire al suo viaggio missionario verso la Spagna, Paolo scrisse loro in modo “molto franco” anche per dimostrare che la sua dottrina era in linea con l’insegnamento di Cristo e che la sua teologia era solida. Ne emerge un principio biblico: il diritto a ricevere sostegno per l’opera del Regno è subordinato alla sanità della dottrina ed è responsabilità delle singole chiese accertarsene.

Anche 3 Giovanni 5-8 rafforza questo concetto, lodando Gaio per aver sostenuto dei collaboratori “per la verità”. Quando il sostegno economico viene offerto senza un’accurata valutazione dottrinale, si rischia di favorire insegnamenti errati e pratiche contrarie alla Scrittura. Poiché sostenere economicamente un’opera significa condividere in qualche misura la sua missione, chi offre diventa “collaboratore” dell’opera svolta, anche se, in alcuni casi, quell’opera dovesse compromettere il Vangelo stesso.

Cosa dovrebbe valutare una chiesa? Quali dottrine sono determinanti per stabilire o rifiutare una collaborazione? Innanzitutto, bisogna evitare di accontentarsi di un minimo comune denominatore teologico o di una semplice affinità confessionale. È vero che i credi ecumenici e alcune dichiarazioni di fede contemporanee possono fornire un punto di partenza utile, ma non bastano a discernere pienamente se una collaborazione sia sana o meno. I responsabili delle chiese dovrebbero esaminare sia gli aspetti teorici sia quelli pratici del candidato o della dottrina di un ministero prima di impegnarsi a sostenerlo. Si pongano allora domande come queste:

  • Come guideranno e cureranno la nuova comunità?
  • Come gestiranno i fondi raccolti?
  • Come supporteranno le pecore che soffrono?
  • Annunceranno fedelmente il Vangelo?
  • Promuoverà questo ministero unità e purezza nella chiesa, oppure divisione e compromessi?

 

  1. Completamente trasparente, intenzionalmente diretto

In 2 Corinzi 9:5, Paolo mandò fratelli fidati in anticipo a Corinto per organizzare una colletta a favore dei cristiani ebrei in difficoltà a Gerusalemme. Quei fratelli avevano il compito di assicurarsi che i Corinzi non donassero per obbligo, ma con generosità e spontaneità. Da parte sua, Paolo strutturò l’intero processo in modo tale da evitare qualsiasi sospetto di cattiva gestione dei fondi. In 2 Corinzi 8:20–21, spiega che più persone furono incaricate della consegna proprio per evitare critiche, non solo davanti al Signore, ma anche agli occhi degli uomini. Un commentatore ha osservato: “Era istintivo per Paolo comprendere che ben poche cose avrebbero distrutto il suo ministero con la stessa efficacia dei dubbi sulla sua integrità nella gestione del denaro. Per questo motivo tutto doveva essere ‘alla luce del sole’.”[4]

In modo simile, in 1 Corinzi 16:1–4, Paolo istruì la chiesa affinché mettesse da parte le offerte per i santi di Gerusalemme e le inviasse tramite uomini degni di fiducia: “E le persone che avrete scelte, quando sarò giunto, io le manderò con delle lettere a portare la vostra liberalità a Gerusalemme; e se converrà che ci vada anch’io, essi verranno con me.” Questo garantiva che la donazione fosse personale, responsabile e verificabile.

L’umiltà e la saggezza di Paolo in questi passaggi si contrappongono nettamente alle prassi finanziarie comuni nelle grandi organizzazioni religiose e nelle ONG. Il pensiero diffuso afferma che un buon donatore offre “senza condizioni”. Sebbene sia importante riconoscere i pericoli del dare per interesse personale o per vanagloria (cfr. Atti 5:1–11), Paolo non voleva che i “donatori” si distaccassero completamente dalla loro offerta una volta consegnata. Al contrario: per Paolo, il donatore ideale desidera vedere le proprie risorse utilizzate per lo scopo previsto e si adopera affinché ciò avvenga.

La piena trasparenza diventa impossibile quando il denaro donato passa attraverso troppe mani prima di arrivare a destinazione. La maggior parte dei casi di sostegno economico nel Nuovo Testamento avviene in modo diretto, ovvero senza intermediari tra chi dona e chi riceve. Questo colloca la maggior parte dei finanziamenti del Regno nella categoria dell’ospitalità piuttosto che in quella della raccolta fondi. Anche se vi era spesso una persona incaricata della consegna, quasi sempre questa era un membro della chiesa mittente.

Il messaggero non decideva come utilizzare l’offerta: era un incaricato, un prolungamento dell’azione della chiesa, che si metteva in contatto diretto con i bisogni del destinatario, portando risorse con uno scopo ben definito. Quando la donazione non poteva essere diretta e mancava un legame personale tra donatore e destinatario (come avvenne per alcune chiese dell’Asia Minore e dell’Europa nella colletta per Gerusalemme), la trasparenza nella raccolta, consegna e impiego dei fondi era fondamentale per mantenere fiducia e responsabilità.

Senza un sostegno trasparente, le offerte finanziarie diventano vulnerabili ad abusi o addirittura appropriazione indebita. A ciò si aggiunge che, in ogni forma di sostegno indiretto, i benefici spirituali si attenuano, poiché viene meno il legame personale e la conoscenza dell’effettivo impiego delle risorse donate.

  1. Sostenuta dall’affidabilità

Questo tratto è una diretta conseguenza del primo e rappresenta un ragionamento che va dal maggiore al minore. Se, infatti, è necessario che le chiese siano caute nel verificare la dottrina e la prassi di coloro che intendono sostenere sin dall’inizio, allora è altrettanto necessario che tale verifica continui per tutta la durata della collaborazione finanziaria.

Il sostegno economico continuativo non dovrebbe essere concesso in modo cieco, né solo perché in passato era sembrata una buona idea. Le persone e le organizzazioni cambiano nel tempo. Lo scostamento dalla missione originaria è una minaccia concreta, così come lo è lo scivolamento verso l’apostasia o la mondanità. Inoltre, con il tempo, i credenti possono giungere a conoscere meglio la reale natura delle persone o delle opere sostenute e rendersi conto che le prime impressioni — per quanto frutto di un accurato discernimento iniziale — si rivelino infondate.

La raccomandazione che Paolo fa di Stefana, Fortunato e Acaico in 1 Corinzi 16:17, 18 illustra questo principio. Questi uomini si erano dimostrati affidabili e fedeli nel loro servizio e Paolo esorta i Corinzi a continuare a riconoscerli e a sostenerli: “Hanno dato sollievo allo spirito mio e al vostro; sappiate dunque apprezzare tali persone.” Allo stesso modo, in Filippesi 2:29, 30, Paolo “raccomanda” Epafrodito alla chiesa: “Accoglietelo dunque nel Signore con ogni gioia e abbiate stima di uomini simili; perché è per l’opera di Cristo che egli è stato molto vicino alla morte, avendo rischiato la propria vita per supplire ai servizi che non potevate rendermi voi stessi.” La loro affidabilità nel tempo era la ragione per cui Paolo li raccomandava. Questo “onore” e “riconoscimento” comprendevano, con ogni probabilità, anche un sostegno materiale, in parte per i costi elevati dei viaggi nel I secolo (cfr. Giacomo 2:14–17).

Vi era quindi un costante bisogno di confermare la fedeltà attraverso persone affidabili e personalmente conosciute. La chiesa si fidava di questi uomini al punto da mandarli a sostenere Paolo. Tuttavia, la fiducia originaria poteva mantenersi solo se questi servi rimanevano fedeli. Perciò Paolo ritenne necessario includere una “raccomandazione aggiornata” alla chiesa. La loro fedeltà nell’adempiere il compito per cui erano stati inviati era la base della loro continua credibilità come leader e come servitori affidabili.

Non bisogna relegare questi brani, e altri simili, a semplici note personali. Spesso, quando si predicano o si commentano questi passaggi, l’attenzione esegetica si affievolisce. Tuttavia, ogni Scrittura è utile per rendere l’uomo di Dio completo, preparato per ogni buona opera. Lo Spirito Santo ha ispirato Paolo a includere queste raccomandazioni per il nostro bene. Esse costituiscono un modello essenziale, approvato da Cristo, su come sostenere ministri, missionari e opere cristiane.

Conclusione

La posta in gioco è alta. Quando in una collaborazione economica vengono meno dottrina, trasparenza o responsabilità, non si tratta solo di cattiva gestione: viene indebolita la testimonianza del Vangelo. In un’epoca in cui la fiducia nelle istituzioni è fragile, soprattutto nei confronti della chiesa, la nostra fedeltà a una gestione biblica delle risorse è fondamentale per la credibilità della nostra testimonianza cristiana.

 

 

Lettura consigliata:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1]Per un ottimo trattato sull’argomento, vedi The Genesis of the Jerusalem Donation by Daryn Graham pubblicato su Themelios (Volume 45 – Issue 1) https://www.thegospelcoalition.org/themelios/article/the-genesis-of-the-jerusalem-donation/.

[2]È sorprendente che sappiamo di più su come gli apostoli praticavano la generosità, su come incoraggiavano le chiese a praticarla e sul contesto teologico di queste pratiche di quanto sappiamo su come preparavano i sermoni, formavano gli anziani o elaboravano strategie per fondare una nuova chiesa.

[3]Douglas Moo, The Epistle to the Romans (Grand Rapids: Eerdmans, 1996), posizione Kindle 899–902

[4]Paul Barnett, The Second Epistle to the Corinthians (Grand Rapids: Eerdmans, 1997), posizione Kindle 424.

Tematiche: Budget di chiesa, Gestione finanziaria, Struttura e organizzazione di chiesa

Joshua Shirey

Joshua Shirey

È diacono presso la Rock Creek Baptist Church di Crowley, in Texas, e direttore commerciale della Covenant Classical School di Fort Worth, in Texas.

© 9Marks, © Coram Deo

Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.