Quando un leader ti delude

È giusto e appropriato avere eroi nella fede: mentori, esempi, leader che vanno davanti a noi e ci aiutano a vedere cosa significa seguire Cristo.

Paolo diceva: “Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11:1). È un’affermazione straordinaria. Lui avrebbe potuto dire semplicemente: “Seguite Cristo insieme a me”, ma siccome Paolo seguiva Cristo, era normale che dicesse: “Seguite me”.
A volte però i nostri leader ci deludono. Che si tratti di un fallimento morale, una macchia nella leadership, una mancanza di saggezza, o qualche altra debolezza – in un dato momento e per un particolare motivo prima o poi anche i nostri “eroi” ci possono deludere. In effetti, siccome tutti noi siamo esseri umani caduti e fallibili, il problema non è che i nostri leader ci possano deludere o meno – si tratta invece di quando e come lo faranno.

La delusione di un leader può essere un’esperienza profondamente amara. Chiunque l’abbia provata conosce quel buio, quel dolore. Specialmente quando uno dei nostri eroi nel ministerio ci ferisce personalmente o cade su un peccato grave, ci si sente come se il mondo ci cada addosso e ci fa mettere in dubbio tutto ciò per cui stiamo lavorando.

Come si può sopportare la delusione quando diventiamo disillusi? Questo articolo non contiene una risposta esaustiva, ma ci sono quattro principi tratti dal libro di Neemia che possono aiutarci.

 

 

1. Lotta contro il cinismo

Alcune delle conseguenze più tristi della delusione sono l’apatia e il cinismo. Quando abbiamo fatto le somme delle cose buone e di quelle cattive, al punto di dover ripartire da zero, iniziamo a chiederci se valga la pena ricominciare da capo.
Se sia “i bravi” sia i “cattivi” sbagliano, non è solo una corsa al potere e basta?

Quando ci troviamo a combattere contro la delusione e/o il cinismo, dobbiamo far attenzione e ricordare che è sempre possibile continuare a combattere per il bene. Contemporaneamente, possiamo riconoscere che la linea che separa il bene dal male è più complicata di quanto avevamo pensato. I nostri leader, la nostra tribù, i nostri cuori, non sono un bene non adulterato e senza compromessi, anzi anche quando sono al top sono sempre macchiati da impurità.
Nonostante ciò, le nostre vite e le nostre cause sono ancora importanti. Infatti, studiando gli annali della storia della chiesa, scopriamo che Dio spesso ha compiuto la sua opera proprio in mezzo al caos e ai difetti delle imperfezioni umane – e a volte, si trattava di imperfezioni veramente gravi e grossolane.
Persino i risvegli biblici come quelli raccontati dal Libro di Neemia sono pieni di imperfezioni. Dio compie una grande opera di rinnovamento in mezzo al suo popolo che porta alla ricostruzione delle mura (capitoli 1-6), al rinnovamento del patto e alla celebrazione da parte del popolo (capitoli 7-12). Tuttavia quando Neemia ritorna da Susa nel capitolo 13, trova che il popolo ha esecrato il tempio (13:4-9) e i sacerdoti (13:10-14,28); hanno profanato il sabato (13:15-22) e hanno sposato stranieri che hanno sviato i loro cuori (13:23-27).
Tuttavia questa conclusione triste non intacca il buon lavoro compiuto nei capitoli 1-12. Dio è all’opera anche in mezzo al caos e ai difetti, sia nel ministero di Neemia sia nel nostro.

 

 

2. Lotta per la gioia

Quando un leader cade, si lascia dietro la difficoltà di fidarsi ancora degli altri. Per rimanere fedeli nell’opera di pulizia e di ricostruzione, abbiamo bisogno della Sua gioia.
Il Libro di Neemia parla di un periodo difficile nella storia del popolo di Dio – un periodo di ricostruzione e rinnovamento lento e complicato, in mezzo a tante opposizioni. Mentre Dio guidava il suo popolo in questa fase di rinnovamento del patto, uno degli elementi più importanti è stata la gioia e la celebrazione. Al centro del Libro di Neemia, mentre il popolo si rivolgeva di nuovo alla Parola di Dio, Neemia li invita a gioire piuttosto che a piangere e in seguito stabilirono un periodo specifico di festeggiamenti e celebrazioni (Neemia 8:9-18).
Perché Dio doveva invitare il suo popolo a gioire e celebrare in un periodo arduo e doloroso? Neemia spiega il motivo per cui la gioia è così importante: “Non rattristatevi, perché la gioia dell’Eterno è la vostra forza” (8:10). Se la gioia del Signore è la nostra forza, non solo siamo miserabili senza gioia, ma siamo anche deboli. In altre parole, la gioia di Dio non è solo per i periodi buoni, ma anche per quelli cattivi. Non è solo il nostro premio alla fine della corsa, ma anche il carburante che ci spinge ad arrivarci.

 

 

3. Ricorda che sei in piedi solo per grazia

Quando Neemia si pente dei peccati del popolo di Dio che hanno portato alla distruzione delle mura, egli stesso si include nel numero: “Si, io e la casa di mio padre abbiamo peccato” (Neemia 1:6).

Questo ci colpisce perché i peccati di cui si fa menzione sono avvenuti molto tempo prima della nascita di Neemia e in un posto molto lontano da lui (lui viveva a Susa, a circa 1000 chilometri di distanza da Gerusalemme). Tuttavia Neemia si considera un membro del popolo di Dio, perciò avverte un senso di responsabilità collettiva per il loro stato. Anche Daniele si pentì allo stesso modo in Daniele 9, anche se nel libro non sono raccontati i suoi peccati.
Quando vediamo un leader cadere, o vediamo qualche fallimento nella parte del corpo di Cristo che più ci sembra resistente, è facile voler prendere le distanze e dire in cuor nostro: “Ma caspita… che razza di cristiani!!!”. Questo atteggiamento riflette probabilmente più la nostra cultura individualista e consumistica che la dottrina biblica della chiesa.

Ad esempio, in Apocalisse 2-3, Gesù invita tutta la chiesa a pentirsi – e anche se fai parte della chiesa da 10 anni o 10 giorni, tutta la chiesa deve rispondere al suo invito.
Anche se non hai colpe nella situazione che si è venuta a creare, è giusto pentirsi per conto della chiesa o del gruppo, perché tutti siamo un solo corpo e siamo spiritualmente uniti l’uno all’altro.

Spesso, se investigassimo nel nostro cuore, scopriremmo che in un modo o nell’altro abbiamo contribuito al problema, specialmente quando consideriamo peccati di omissione come la mancanza di preghiera, oltre ai peccati commessi.

E infine, quando vediamo un leader cadere, possiamo lottare contro lo spirito di critica ricordando a noi stessi: “Anch’io farei la stessa fine, se non fosse per la grazia di Dio”.

Rimaniamo in piedi solo per grazia. Come ci avverte Paolo, “Non insuperbirti ma temi” (Romani 11:20).

 

 

4. Cristo è il leader perfetto

Quando il libro di Neemia conclude con Neemia che strappa i capelli della gente (13:25) e poi prega: “Ricordati di me per favorirmi, o mio Dio” (13:31), non possiamo che sentirci tristi per questa mancanza di risoluzione. Ma questa fine così mozzata, che si trova quasi alla fine dell’Antico Testamento, ci fa desiderare ancora di più Gesù, il Messia il cui arrivo ci introduce in un regno che non ha mai fine e in un rinnovamento che perfeziona tutta la creazione di Dio.
Quando vediamo più chiaramente le imperfezioni che stanno attorno a noi (e dentro noi), la perfetta e meravigliosa giustizia di Cristo risplende ancora più chiaramente.

La delusione per i leader umani, per quanto possa essere dolorosa, ci dà l’opportunità di porre la nostra speranza ancora di più in Cristo.

Quando veniamo a Lui col cuore rotto, sanguinante e deluso, Lui incontra le nostre necessità in Se stesso.
I più grandi predicatori, leader, consulenti e ministri della chiesa odierna non sono degni della nostra completa e totale fiducia e aspettativa. Cristo invece lo è.

E Lui non ci abbandonerà mai.

 

 

(Traduzione a cura di Susanna Giovannini)

Tematiche: Chiesa, Crescita spirituale, Ministero, Sofferenza, Teologia, Vita Cristiana

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