La potenza del vangelo e il suo messaggio

Riappropriarsi del Vangelo (Vol. 1)

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Uno dei più grandi crimini della nostra generazione è quello di rinnegare il Vangelo. In molti pulpiti di oggi ci sono elementi essenziali che non vengono più predicati come la giustizia di Dio, la depravazione radicale dell’uomo e l’espiazione.

In questo libro Paul D. Washer tratta questi argomenti essenziali e ci trasmette le linee guida per riscoprire il Vangelo in tutta la sua bellezza, in tutto il suo scandalo e la potenza salvifica.

Che questa scoperta possa trasformare la tua vita, sostenerti nella proclamazione e portare maggior gloria al Signore.

John MacArthur ha detto di questo libro:

“Sono profondamente riconoscente a Paul Washer per questo libro. Il Vangelo non riguarda l’uomo come alcuni cristiani intendono, ma riguarda Dio e la Sua gloria eterna”.

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Prefazione alla serie

Riappropriarsi del Vangelo

Il Vangelo di Gesù Cristo è il dono più prezioso dato alla chiesa e al singolo credente. Non si tratta di un messaggio fra i tanti, ma è il messaggio che sovrasta ogni altro. È la potenza di Dio per la salvezza ed è la più eccelsa rivelazione dell’infinitamente varia sapienza di Dio diretta agli uomini e agli angeli (Rom 1:16; Ef 3:10). È per tale motivo che l’apostolo Paolo collocava il Vangelo al primo posto nella sua predicazione, sforzandosi di proclamarlo con chiarezza e pronunciando addirittura una maledizione su quanti ne pervertivano la verità (1 Cor 15:3; Col 4:4; Gal 1:8–9).
Ogni generazione di credenti è ambasciatrice del messaggio e, per la potenza dello Spirito Santo, Dio ci ingiunge di custodire il tesoro che ci ha affidato (2 Tim 1:14). Per dimostrarci ambasciatori coscienziosi, dobbiamo immergerci nello studio del Vangelo, adoperarci senza posa per coglierne le verità e vincolarci a difenderne i contenuti (1 Tim 4:15). Così facendo, salveremo noi stessi e quanti ci ascoltano (1 Tim 4:16).
Essere ambasciatore del Vangelo mi ha spinto a scrivere queste pagine. Non sono particolarmente versato nella scrittura, e di sicuro non manca abbondanza di letteratura al riguardo, ma ho deciso di riproporre in forma organica questa raccolta di sermoni per lo stesso motivo per cui li avevo fatti: compiere il mio dovere. Al pari di Geremia, se non proclamo questo messaggio, “…c’è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzo di contenerlo, ma non posso” (Ger 20:9). Per dirla con l’apostolo Paolo, “guai a me, se non evangelizzo!” (1 Cor 9:16).
Com’è noto, il termine Vangelo deriva dal greco euanghélion ed è tradotto con “lieto annuncio”. In un certo senso, ogni pagina della Scrittura contiene il Vangelo, ma, per altri versi, il riferimento è a un messaggio specifico: la salvezza portata a compimento in favore di un popolo caduto, grazie alla vita, alla morte, alla risurrezione e all’ascensione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio.

In accordo con il volere del Padre, il Figlio eterno, che è uguale al Padre e ne rappresenta perfettamente la natura, ha lasciato volontariamente la gloria dei cieli, è stato concepito dallo Spirito Santo nel grembo di una vergine ed è venuto al mondo come il Dio-uomo: Gesù di Nazaret (At 2:23; Eb 1:3; Filip 2:6–7; Lc 1:35). Come uomo, Gesù è vissuto in ubbidienza perfetta alla legge di Dio (Eb 4:15). Nella pienezza dei tempi, gli uomini lo hanno rifiutato e crocifisso. Alla croce, Egli si è fatto carico del peccato dell’uomo, ha subìto l’ira divina ed è morto al posto dell’uomo (1 Pt 2:24; 3:18; Is 53:10). Il terzo giorno, Dio lo ha risuscitato dai morti. Tale risurrezione è l’attestazione divina che il Padre ha gradito la morte del Figlio come sacrificio per il peccato. Gesù ha scontato la pena della disubbidienza dell’uomo, ha soddisfatto le esigenze della giustizia e ha conciliato l’ira di Dio (Lc 24:6; Rom 1:4; Rom 4:25). Quaranta giorni dopo la Sua risurrezione, il Figlio di Dio è asceso al cielo, si è seduto alla destra del Padre e ha ricevuto gloria, onore e dominio su tutto (Eb 1:3; Mt 28:18; Dan 7:13–14). Lì, alla presenza del Padre, Egli rappresenta il suo popolo e intercede per i Suoi (Lc 24:51; Filip 2:9–11; Eb 1:3; Eb 7:25). Quanti riconoscono la propria condizione iniqua e disperata e si affidano a Cristo, ottengono da Dio il perdono pieno, la giustificazione e la riconciliazione (Mc 1:15; Rom 10:9; Filip 3:3). Questo è il Vangelo di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo.
Uno dei crimini peggiori commessi oggi dai credenti è quello di trascurare il Vangelo, e da qui scaturiscono tutte le nostre patologie spirituali. Il mondo non è tanto indurito nei confronti del Vangelo, quanto piuttosto ignorante del suo messaggio. Infatti, molti di coloro che lo proclamano ne ignorano le verità basilari. I temi di fondo, quelli che sono al “cuore” del Vangelo – cioè, la giustizia di Dio, la corruzione radicale dell’uomo, la soddisfazione mediante il sacrificio, la natura della vera conversione e le basi scritturali della certezza della salvezza – risultano assenti in troppi pulpiti. Le chiese riducono il messaggio del Vangelo a qualche affermazione tratta dai “simboli della fede”, insegnano che la conversione non è che una mera decisione personale e sentenziano la certezza di salvezza su chiunque reciti la preghiera del peccatore.

Il risultato di tale riduzionismo è di ampia portata. Intanto, contribuisce a indurire i cuori dei non credenti. Pochi degli odierni “convertiti” si uniscono alla comunione di una chiesa, e quanti lo fanno si perdono di frequente, o mantengono abitudini carnali nella propria vita. Milioni di persone camminano per le strade e siedono nelle chiese senza aver avuto un reale cambiamento interiore operato dal vero Vangelo di Gesù Cristo, eppure sono certe della propria salvezza, perché, a un dato momento, hanno alzato la mano in una riunione evangelistica, oppure hanno recitato una preghiera apposita. Tale senso si sicurezza erroneo forma una barriera imponente che spesso isola queste persone dall’ascolto del Vangelo autentico.

In secondo luogo, un Vangelo in forma ridotta snatura la chiesa da un corpo spirituale di credenti rigenerati a un insieme di persone carnali, che professano di conoscere Dio ma lo disconoscono con le loro azioni (Tit 1:16). Con la predicazione del Vangelo autentico, le persone vengono in chiese prive di intrattenimento, attività speciali o promesse di benefici ulteriori rispetto a quelli offerti dal Vangelo, ma capaci di suscitare un desiderio per Cristo, una fame per la verità biblica, una comunione sentita e un’opportunità di ministero. Quando una chiesa proclama un Vangelo minore, si riempie di persone carnali, ben poco interessate alle realtà divine, e farsi carico di queste situazioni diventa gravoso per la chiesa del Signore (1 Cor 2:14). La chiesa finisce quindi per sottacere le esigenze radicali del Vangelo, sostituendole con una moralità transitoria, mentre la devozione autentica a Cristo cede il passo ad attività finalizzate a soddisfare i capricci dei vari membri. La comunità diventa ostaggio dell’attivismo, anziché incentrarsi su Gesù, e filtra o riconfeziona astutamente la verità in modo da non offendere la maggioranza carnale. Le grandi verità della Scrittura e del Cristianesimo ortodosso sono accantonate, mentre il pragmatismo (cioè, l’insieme dei fattori di mantenimento e di crescita) diventa la regola imperante.

Come terza conseguenza, il Vangelo ridotto sminuisce l’evangelizzazione e le missioni a poco più di un’iniziativa umanistica, condotta attraverso strategie di marketing ben ponderate e basate sullo studio accorto delle più recenti tendenze culturali. Dopo aver osservato per anni l’impotenza di un Vangelo non scritturale, molti evangelici appaiono persuasi dell’inefficacia del Vangelo e del fatto che l’uomo è divenuto troppo complesso per essere salvato e trasformato da un messaggio così semplice e scandaloso. L’enfasi ora si è spostata sulla comprensione della nostra cultura decadente e delle sue relative mode passeggere, anziché sulla comprensione e la proclamazione dell’unico messaggio in grado di salvarla. Il risultato è una rimodulazione continua del Vangelo per adattarlo a ciò che la cultura reputa pertinente. Abbiamo dimenticato che il Vangelo autentico è sempre pertinente a ogni cultura, perché si tratta della Parola eterna di Dio rivolta all’uomo.

In quarto luogo, un Vangelo ridotto arreca disonore al nome di Dio. Attraverso la proclamazione di un Vangelo minore, le persone carnali e non convertite si uniscono alla comunione della chiesa e, grazie alla negligenza pressoché totale della disciplina biblica di chiesa, si permette loro di rimanere senza correzione né riprensione. La purezza e reputazione della chiesa ne soffre il danno, incoraggiando i non credenti a bestemmiare il nome di Dio (Rom 2:24). In definitiva, Dio non è glorificato, la chiesa non è edificata, il membro di chiesa non convertito resta perduto, e la chiesa perde ogni influenza nei confronti di un mondo incredulo.

Non si addice ai ministri della fede o ai credenti in generale di osservare inerti una situazione in cui il “vangelo della gloria del beato Dio” è rimpiazzato da un altro Vangelo (1 Timo 1:11). In forza di quanto ci è stato affidato, abbiamo il dovere di riappropriarci l’unico Vangelo autentico e di proclamarlo con franchezza a tutti. Prestiamo ascolto alle parole di Charles Haddon Spurgeon:

Di recente mi sento in dovere di riconsiderare a più riprese le verità elementari del Vangelo. In tempi sereni possiamo prenderci la libertà di fare escursioni in ambiti stimolanti alla periferia della verità; ora, però, dobbiamo restare a casa e difendere i cuori e le famiglie della chiesa circa i primi elementi della fede. Ai nostri giorni, sono sorti all’interno della chiesa stessa uomini che espongono realtà perverse. Molti ci indispongono con le loro filosofie e interpretazioni inedite, con le quali negano le dottrine che professano di insegnare e minano la fede che si sono impegnati a preservare. È quindi opportuno che quanti di noi sanno in che cosa credono e non usano un linguaggio equivoco, prendano posizione a difesa della Parola della vita, proclamando senza riserve le verità fondanti del Vangelo di Gesù Cristo(Charles H. Spurgeon, The Metropolitan Tabernacle Pulpit).

Questa serie di pubblicazioni, benché non costituisca una presentazione interamente sistematica del Vangelo, ne affronta comunque molti elementi essenziali, con particolare riguardo a quelli maggiormente trascurati nel Cristianesimo contemporaneo. L’auspicio è che queste riflessioni possano aiutare a riappropriarsi il Vangelo in tutta la sua bellezza, scandalosità e potenza salvifica. Prego che tale riappropriazione riesca a trasformare la vostra vita, a fortificare la vostra proclamazione e a portare tutta la gloria a Dio.

Vostro fratello,
Paul David Washer

Prefazione alla serie: Riappropriarsi del Vangelo

Parte Prima: Un’introduzione apostolica

1. Un Vangelo da padroneggiare e far conoscere

2. Un Vangelo da accogliere

3. Un Vangelo che ci salva

4. Un Vangelo di primaria importanza

5. Un Vangelo tramandato e consegnato

Parte Seconda: La potenza di Dio per la salvezza

6. Il Vangelo

7. Un Vangelo scandaloso

8. Un Vangelo potente

9. Un Vangelo per tutti i credenti

Parte Terza: L’Acropoli della fede cristiana

10. Rivalutare il peccato

11. Rivalutare Dio

12. Tutti peccatori

13. Peccatori in difetto

14. Peccatori alla radice

15. La giusta indignazione

16. La guerra santa

17. Un dono costosissimo

18. Il dilemma divino

19. Un redentore qualificato

20. La croce di Gesù Cristo.

21. La vendetta di Dio

22. La risurrezione di Gesù Cristo

23. Il fondamento della fede nella risurrezione

24. L’ascensione di Cristo come Sommo Sacerdote del suo popolo

25. L’ascensione di Cristo come Signore di tutti

26. L’ascensione di Cristo come Giudice di tutti

Capitolo Uno

Un Vangelo da padroneggiare e far conoscere

Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato.
1 Corinzi 15:1

Chi scrive o predica il Vangelo difficilmente supererebbe l’introduzione che l’apostolo Paolo fornisce alla chiesa di Corinto (1 Cor 15:1–4). Con pochi termini egli trasmette verità sufficienti per la vita e il passaggio nella gloria. Solamente lo Spirito Santo poteva mettere un uomo in condizione di affermare così tanto e così chiaramente, con così poche parole.

PADRONEGGIARE IL VANGELO
In questo breve passo della Scrittura individuiamo una verità che dobbiamo tutti riappropriarci. Il Vangelo non è tanto un messaggio introduttivo al Cristianesimo – è il messaggio del Cristianesimo, e il credente farebbe bene a dedicarsi al compito di padroneggiarne la gloria e di propagarla. In questo mondo le nozioni sono innumerevoli, e nell’ambito del Cristianesimo non si contano le verità da investigare, ma il Vangelo della gloria del nostro beato Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo, viene prima di tutto (1 Tim 1:11).

È il messaggio della nostra salvezza, la guida nella santificazione e la fonte primaria da cui scaturisce ogni motivazione pura nella vita di fede. Il credente familiare con il suo contenuto e carattere non difetterà mai nello zelo né s’impoverirà a tal punto da cercare di attingere dalle cisterne screpolate costruite dagli uomini (Ger 2:13; 14:3).

Il versetto di apertura ci segnala che l’apostolo aveva già predicato il Vangelo alla chiesa di Corinto – peraltro, era il loro “padre” nella fede (1 Cor 4:15) – eppure riteneva necessario proseguire nell’insegnamento, al fine non solo di rammentare gli elementi essenziali, ma anche di ampliare la loro padronanza. Alla conversione avevano giusto intrapreso un percorso di scoperta che avrebbe abbracciato la loro vita, per poi proiettarli nel tempo senza fine. Si trattava di scoprire la gloria di Dio rivelata nel Vangelo di Gesù Cristo.

Che siamo ministri o semplici credenti, è opportuno riscoprire il Vangelo attraverso lo sguardo di questo apostolo, stimando il suo messaggio come meritevole di un’analisi senza posa. Se anche avessimo alle spalle diversi anni nella fede, o possedessimo l’intelligenza di Jonathan Edwards o l’intuito di Spurgeon; se anche avessimo memorizzato ogni passo biblico riguardo al Vangelo, o familiarizzato con ogni scritto della patristica, dei Riformatori, dei Puritani, perfino dei teologi odierni, stiamo pur certi che non abbiamo raggiunto neppure le pendici di questo Everest che chiamiamo Vangelo. E lo stesso dovremo riconoscere dopo un’eternità di eternità!

Viviamo in un mondo che ci offre possibilità praticamente illimitate, e le opzioni che gareggiano per afferrare la nostra attenzione sono innumerevoli. Si potrebbe affermare la stessa cosa riguardo al Cristianesimo e all’ampia gamma di tematiche teologiche che è a disposizione di ogni studente. Si può trascorrere una vita intera ad analizzare un numero pressoché infinito di verità bibliche, ma un unico argomento si eleva al di sopra di tutto il resto ed è basilare per la comprensione di ogni altra verità: il Vangelo di Gesù Cristo. Attraverso questo messaggio, la potenza di Dio si rivela principalmente nella chiesa e nella vita dei singoli credenti.
Percorrendo gli annali della storia cristiana, incontriamo uomini e donne pervasi da un’insolita passione per Dio e per il suo Regno. Il nostro anelito è di emularli, e ci chiediamo come siano riusciti a mantenere un fuoco così vivo. Dopo averne analizzato la vita, la dottrina e il ministero, scorgiamo molte differenze, ma un unico denominatore comune: avevano tutti intravisto la gloria del Vangelo, e la sua bellezza aveva acceso la loro passione, che sarebbe durata per tutta la vita. Le loro vicende e il loro lascito spirituale dimostrano come una passione autentica e continua derivi da una comprensione sempre più matura di ciò che Dio ha compiuto per il suo popolo nella persona e nell’opera di Gesù Cristo. Tale comprensione non ha surrogati!

Nel passato, il Vangelo cristiano era comunemente definito evangelo, dal greco euanghélion, cioè, “lieto annuncio”. È per questa ragione che i credenti sono di norma definiti “evangelici”. Siamo cristiani perché individuiamo la nostra finalità, vita e identità in Cristo Gesù; siamo evangelici perché crediamo al Vangelo e lo reputiamo la grande verità centrale della rivelazione divina all’uomo. Non si tratta di una prefazione, o di un sinonimo o di un’appendice, né si tratta di una lezione introduttiva al Cristianesimo; è il corso di laurea vero e proprio! È la storia della nostra esistenza, l’insieme delle inestimabili ricchezze che cerchiamo di esplorare, il messaggio da proclamare. Ecco perché possiamo dirci “cristiani” ed “evangelici” quando il Vangelo di Gesù Cristo è la nostra sola speranza, il nostro unico vanto, la nostra magnifica ossessione. Gli evangelici odierni organizzano molteplici convegni, soprattutto per i giovani, con l’intento di accendere la passione dei credenti attraverso la comunione, la musica, oratori eloquenti, storie commoventi e appelli struggenti. L’entusiasmo suscitato è spesso di breve durata. Alla fine, queste esperienze accendono piccoli focolai in cuori striminziti, destinati a estinguersi nel giro di qualche giorno.
Abbiamo dimenticato che la passione autentica e continua scaturisce dalla conoscenza della verità – nello specifico, la verità del Vangelo. Più se ne coglie la bellezza, più si verrà coinvolti dalla sua potenza. Un assaggio del Vangelo metterà in moto il cuore rigenerato; ogni ulteriore apprezzamento ne affretterà il passo, fino a spingerlo a rotta di collo verso il premio (Filip 3:13–14). Il cuore del credente non può resistere a tale bellezza. Ecco ciò che ci serve! L’abbiamo persa, e dobbiamo rifarla nostra: una passione per padroneggiare il Vangelo e farlo conoscere.

FARLO CONOSCERE
Ai fini dell’avanzamento del Regno di Dio, l’apostolo Paolo è stato uno degli strumenti umani più eccelsi nella storia della redenzione. A lui si deve la diffusione del Vangelo in tutto l’Impero Romano in un’epoca di dura persecuzione, e lui stesso costituisce un brillante esempio di ministro della fede. Tutto ciò è stato il risultato della semplice proclamazione del messaggio più scandaloso che sia stato mai ascoltato dagli uomini. Persona alquanto eclettica, Paolo ci ha tuttavia insegnato che la potenza del proprio ministero non risiedeva nelle sue personali capacità, bensì nella proclamazione fedele del Vangelo. Nella sua prima epistola ai Corinzi egli scrive: “Infatti Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare; non con sapienza di parola, perché la croce di Cristo non sia resa vana… I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1:17, 22–24).

L’apostolo Paolo era soprattutto un predicatore, costretto, come il profeta Geremia, a predicare. Il Vangelo era come un fuoco che ardeva nelle sue ossa, impossibile da reprimere (Ger 20:9). Ai Corinzi dichiara: “Ho creduto, perciò ho parlato” (2 Cor 4:13), a conferma di quanto asserito in precedenza: “Guai a me, se non evangelizzo!” (1 Cor 9:16). È impossibile simulare un tale attaccamento al Vangelo, e la sua relativa predicazione, se non esiste nel cuore del predicatore; ma nel momento in cui esso è reale, non può restare celato.
Dio incarica tutti del compito di evangelizzare. Alcuni sono più solenni e seri, altri si mostrano più gioviali e scherzosi. Quando però la conversazione tocca il Vangelo, il volto del predicatore muta, ed è come se ci trovassimo di fronte a una persona completamente diversa. È in gioco l’eternità: il velo è stato rimosso, e la gloria del Vangelo rifulge con passione non finta. Il ministro della fede non ha tempo da perdere con storielle divertenti, antidoti morali o convinzioni personali. È lì per proclamare il Vangelo, e intende farlo risolutamente! Non si dà posa finché le persone non abbiano udito parlare di Dio. Come il servitore di Abraamo si rifiutò di mangiare finché non avesse adempiuto il suo compito (Gen 24:33), ancor meno il ministro del Vangelo si cullerà nell’ozio, se il tesoro che gli è stato affidato non ha ancora raggiunto gli interlocutori! (Gal 2:7; 1 Tess 2:4; 1 Tim 1:11; 6:20; 2 Tim 1:14; Tit 1:3).

Sebbene in pochi contesterebbero quanto asserito fin qui, l’impressione è che tale proclamazione evangelica sia per lo più sparita dalla circolazione. A detta di molti, essa è priva della raffinatezza e della sofisticazione necessarie per influenzare i tempi moderni. Per l’uomo post-moderno, più a suo agio con un taglio umile e aperto ad altre opinioni, un predicatore passionale, che proclama la verità con baldanza e senza remore, è un ostacolo. L’opinione prevalente è che occorra semplicemente ritoccare il modo di predicare, perché agli occhi del mondo appare sconsiderato. Queste valutazioni sulla predicazione dimostrano che la comunità evangelica ha perso l’orientamento. È Dio ad aver comandato la “pazzia della predicazione” come strumento per raggiungere il mondo con il messaggio salvifico del Vangelo (1 Cor 1:21). Ciò non vuol dire che la predicazione debba essere superficiale, illogica o irriverente. La Scrittura – e non le opinioni passeggere di una cultura decaduta e corrotta, saggia solo ai propri occhi e più incline a discorsi seducenti ed emozioni consolanti che alla Parola del Signore –resta comunque il modello per ogni predicazione (Rom 1:22; 2 Tim 4:3).

Ovunque l’apostolo Paolo arrivasse, predicava il Vangelo, e noi faremmo bene a seguirne l’esempio. Per quanto l’evangelizzazione possa avvalersi di svariati strumenti, non ne esiste altro stabilito da Dio come la predicazione. Quanti sono continuamente alla ricerca di espedienti innovativi per una generazione nuova, farebbero dunque bene a investigare le Scritture. Quanti distribuiscono migliaia di questionari per chiedere ai non credenti cos’è che gradirebbero maggiormente in un culto ecclesiale, dovrebbero prendere atto di come migliaia di opinioni anche unanimi da parte di uomini carnali non possiedano l’autorità neppure della più piccola lettera della Parola di Dio (Mt 5:18). Dobbiamo accettare che esiste un abisso di inconciliabili differenze fra ciò che Dio ha comandato nelle Scritture e i capricci dell’odierna cultura carnale.

Non dovrebbe sorprenderci che persone carnali, sia all’interno sia all’esterno della chiesa, auspichino rappresentazioni teatrali, musicali e mediatiche al posto della predicazione evangelica e dell’esposizione biblica. Se Dio non rigenera il cuore dell’uomo, la sua reazione al Vangelo è analoga a quella dei demòni nei confronti del Signore Gesù Cristo: “Che c’è fra noi e te… ?”(Mt 8:29). In assenza di un’opera rigeneratrice da parte dello Spirito Santo, l’uomo carnale non può manifestare alcun interesse o apprezzamento autentico per il Vangelo; e tuttavia tale miracolo avviene proprio mediante quella predicazione così disdegnata. Occorre dunque predicare a persone carnali il messaggio che non intendono ascoltare, lasciando che sia lo Spirito a intervenire! Se ciò non accade, i peccatori non sono in grado di scorgere la bellezza del Vangelo più di quanto un suino riesca a trovare gradevoli le perle, o un cane a mostrare rispetto per la carne santificata o un cieco ad apprezzare una tela di Rembrandt (Mt 7:6). I predicatori inclini a soddisfare i desideri di cuori iniqui non rendono alcun servizio agli uomini carnali, mentre quanti mettono davanti a loro il pane della vita dimostrano la natura autentica del ministero. A seguito della rigenerazione operata dallo Spirito Santo, gli uomini riconosceranno il vero pane che dà vita al mondo e sperimenteranno che il Signore è buono (Is 55:1–2; Sl 34:8).

Prima di concludere questo orientamento sulla predicazione evangelica, dobbiamo accennare a un ultimo elemento. Alcuni teorizzano che la cultura odierna non riesca a tollerare il tipo di predicazione rivelatosi così efficace durante i risvegli spirituali del passato. La predicazione di Jonathan Edwards, di George Whitefield, di Charles Spurgeon e di altri ministri di quello stampo verrebbe ridicolizzata, derisa e disprezzata dall’uomo moderno. Si dimentica, tuttavia, che anche ai loro giorni accadeva la stessa cosa! La predicazione evangelica autentica sarà sempre “follia” per ogni cultura. Qualsiasi tentativo di rimuovere lo “scandalo” e rendere la predicazione “appropriata”, svilisce la potenza del Vangelo e sconfigge il fine per cui Dio l’ha stabilita come strumento di salvezza – affinché la speranza dell’uomo sia riposta, non nella raffinatezza, l’eloquenza o la saggezza del mondo, ma nella potenza di Dio (1 Cor 1:27–30).

Viviamo in una cultura soggiogata dal peccato. Storielle morali, massime sofisticate e lezioni di vita impartite dal cuore di un telepredicatore o di un guru spirituale, non possiedono alcuna potenza contro queste tenebre. Necessitiamo di predicatori del Vangelo di Gesù Cristo, versati nelle Scritture e, per la grazia di Dio, capaci di affrontare qualsiasi cultura al grido: “Così dice il Signore!”.

Paul Washer

Paul Washer

Paul D. Washer è stato missionario in Perù per 10 anni durante i quali ha fondato la Missione HeartCry per sostenere i pastori delle chiese peruviane. Ora Paul viaggia in tutto il mondo insegnando sia in chiese locali sia in conferenze e, insieme a sua moglie Charo e al suo staff, aiuta i missionari che in molte nazioni predicano il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo. Lui e Charo hanno 4 figli.

Informazioni aggiuntive

Peso ,250 kg
Pagine

288

Data di pubblicazione

2016

Formato

cartaceo, ebook (formato ePub), ebook (formato Mobi)