Coronavirus e la paura più grande: Cosa vorrebbe Gesù che tu sapessi (parte 1)

Il COVID-19 è un nemico invisibile in grado di far tremare persino i più potenti, i più ricchi e i più famosi. È rarissimo che un nemico fisico o militare giunga a minacciare la vita di chi è a capo di un paese, ma il Coronavirus è un tale avversario che anche presidenti, re e primi ministri sono a rischio. La nostra classe sociale non ci garantisce la sopravvivenza se contraiamo il virus. È un virus che non fa distinzione tra le persone.

 

Esiste un nemico invisibile in grado di bloccare il mondo e questo ci ricorda la nostra fragilità. L’andamento e la fine della vita sono al di fuori del nostro controllo. Quando in questi giorni guardiamo il telegiornale o leggiamo in Internet il bollettino della Protezione Civile, è impossibile non pensare alla morte. Non possiamo cambiare il fatto che il giorno della morte nostra e dei nostri cari non è nelle nostre mani. Per questo motivo, il Coronavirus ha causato ansia e paura nella mente di tanti. In questi giorni ho parlato con diverse persone le quali dicono di temere la morte e di non voler morire. Non temiamo solo di ammalarci, ma ci preoccupiamo per la nostra morte. Ci viene l’ansia per la morte di una persona cara e nemmeno con la ripartenza delle attività abbiamo la garanzia che questa minaccia impercettibile non riesca a colpirci.

 

Questi giorni sono stati stabiliti da Dio per farci riflettere sulla morte, sulla nostra fragilità e su quello che succede dopo la morte. Forse siamo fiduciosi che anche il Coronavirus passi, che i bambini tornino a scuola, i bar e i ristoranti riaprano, l’economia riparta, però abbiamo avuto e abbiamo ancora un’occasione importante per considerare il perché della nostra paura di morire e se siamo veramente pronti a morire. So che alcuni cercano di non pensarci perché è inquietante, ma è importante considerare questo sentimento mandato dal nostro Creatore per spingerci a cercare risposte concrete a domande come “Sono io preparato per la morte?” e “Cosa mi succederà dopo la morte?”. Non voglio che la ripartenza del paese reprima queste paure. Quello che viene dopo la morte non deve rimanere una questione irrisolta per noi.

 

Cosa direbbe Gesù?

Cosa direbbe Gesù per offrire speranza in un momento come questo, quando c’è la morte intorno a noi? È in grado Lui di darci risposte concrete a queste domande? È vero che Gesù, nei Vangeli, non menziona mai il COVID-19 o l’emergenza nazionale che stiamo vivendo, però non significa che ignoriamo ciò che Gesù direbbe in questa situazione.

Ci sono diversi momenti in cui Gesù parla della perdita di una persona cara, della morte tragica e imprevista e della paura che questi fatti suscitano. Gesù Cristo è il Figlio di Dio che è tornato dalla morte, perciò lui è in grado non solo di offrirci delle belle parole, ma spiegazioni autorevoli per la vita e promesse concrete su cui possiamo fondare la nostra speranza nel momento della morte. Ci sono tre testi nei Vangeli che ci aiutano a rispondere alla domanda “Cosa direbbe Gesù riguardo alla morte e al Coronavirus?” In questi versetti dalla Bibbia, ci sono tre verità insegnate da Gesù che ci fanno riflettere e ci danno speranza e lieta notizia in un momento di incertezza e fragilità.

 

Verità 1: C’è un motivo per temere cosa succede dopo la morte – Luca 12:4-5

Parlare di un motivo per cui dobbiamo temere cosa succede dopo la morte non sembra una buona notizia. Però, Gesù e gli autori della Scrittura cercano sempre di spianare la strada per l’arrivo di una buona notizia. Come il chirurgo opera e nel farlo ci causa dolore per farci guarire, così funziona anche il Vangelo. La speranza ha senso solo sullo sfondo di una situazione disperata. Gesù ci dà speranza, ma perché abbiamo bisogno della speranza che lui ci dà? Riflettiamo su queste parole di Gesù.

 

Luca 12:4 Ma a voi, che siete miei amici, io dico: non temete quelli che uccidono il corpo ma, oltre a questo, non possono fare di più. 5 Io vi mostrerò chi dovete temere. Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, vi dico, temete lui.

 

Naturalmente non è piacevole pensare alla morte, sia che venga causata da un nemico visibile (come un assassino, un aguzzino o una guerra), sia da uno invisibile (come il Coronavirus, un tumore o una malattia). Tutti noi moriremo, qualcosa prima o poi ucciderà il nostro corpo.

 

Gesù, in modo sorprendente, ci esorta a non temere ciò che può uccidere il nostro corpo. C’è qualcos’altro che dobbiamo temere. Non dobbiamo temere gli assassini, il Coronavirus, e in realtà nemmeno la morte stessa, dobbiamo temere Colui che ha il potere di gettare nella Geenna, cioè Dio! È Lui l’unico ad avere questo potere. In questo testo Gesù parla di Geenna, una valle fuori Gerusalemme dove venivano bruciati tutti i rifiuti e la spazzatura. Gesù usa la parola “Geenna” come un simbolo del fuoco eterno dell’inferno. Nei Vangeli, Gesù lo descrive come luogo di tormento eterno (Luca 16:26) dove “il fuoco non si spegne” (Marco 9:48). Non ci sarà mai speranza di uscirne.

 

Spesso si vuole evitare l’argomento perché scomodo e spiacevole, ma Gesù e gli autori della Bibbia parlano molto del giorno del Giudizio e dell’inferno. Quando Gesù ci dice di temere Dio che può gettare gli uomini nell’inferno, significa che dobbiamo temere quello che succede dopo la morte più della morte stessa. Dovremo rendere conto a Dio della vita che abbiamo vissuto. La Bibbia lo ribadisce: “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27). La nostra esistenza non finisce con la morte, ma dopo la morte saremo giudicati dal nostro Creatore per la nostra vita.

 

Gesù dice: “Inoltre, il Padre non giudica nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio” (Giovanni 5:22). Dopo la morte, ci sarà un incontro privato tra ognuno di noi e Gesù Cristo. Non sarai accompagnato dai genitori, dai figli, dagli amici, dal tuo pastore, dal tuo prete e nemmeno da quelli che sono stati ritenuti “santi”. In quel giorno, il giudizio di Gesù sarà l’unica cosa che conta e tutte le nostre speranze che non sono riposte in Lui saranno vane e saranno spazzate via.

 

Il Coronavirus è quindi un’occasione per risvegliare nel nostro cuore il timore e lasciare che esso ci conduca alla speranza che solo Gesù ci può offrire.

 

La Bibbia afferma: “Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo” (Romani 2:16). Questa considerazione non è facile da accettare, ma dobbiamo prepararci alla realtà che ogni aspetto della nostra vita sarà giudicato, ogni comportamento, parola, pensiero e desiderio. Siamo responsabili del disinteresse che risiede nella nostra anima verso Dio e verso la sua Parola e dell’egoismo di fondo che guida le nostre scelte.

 

Ogni segreto sarà svelato, tutto ciò che abbiamo fatto di nascosto dagli altri, pensieri e motivazioni nascoste che nessun’altro conosce. Gli occhi di Gesù penetrano l’anima di ciascuno e in quel giorno, gli occhi di tutti vedranno quanto Dio è puro e che in Lui il male e il peccato non trovano dimora.

 

Per amore Gesù ci avverte e non lascia sperare vanamente che tutto andrà bene dopo la morte. Dobbiamo temere qualcosa di molto più serio del Coronavirus, per quanto sia letale: è Dio, al quale renderemo conto un giorno, Colui che ha il potere di gettarci nell’inferno. Questo timore apre la strada alla speranza che può darci Gesù.

 

Il Coronavirus è quindi un’occasione per risvegliare nel nostro cuore il timore e lasciare che esso ci conduca alla speranza che solo Gesù ci può offrire.

 

L’articolo è stato pubblicato per gentile concessione della Chiesa Lux Evangelica di Genova.

Tematiche: Crescita spirituale, Malattia, Paura, Prova, Vita Cristiana

Massimo Mollica

Massimo Mollica 

 

Italo-americano, cresciuto a Los Angeles.  Dopo la laurea in ingegneria meccanica (B.S., UCLA) ha lavorato sul disegno di motori a razzo per lo Space Shuttle (The Boeing Company) e al progetto di pacemaker e defibrillatori cardiaci impiantabili. In seguito, ha frequentato il seminario teologico The Masters’ Seminary a Los Angeles, California, dove si è laureato in teologia nel 2009 (Master of Divinity). Dal 2003 Massimo è sposato con Susanna e hanno 4 bambini. Trasferiti a Perugia dal 2010 al 2015. Nel 2016 si sono spostati a Genova dove insieme al pastore Matt Johnston hanno inziato a lavorare alla fondazione della chiesa Lux Evangelica (puoi visitare il sito luxevangelica.org).

© MassimoMollica, © Coram Deo

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