Dio e la politica

 

La politica è sempre una questione difficile, talvolte drammatica, per ogni cristiano.

Come figli di Dio sappiamo che la nostra speranza non è altro che nel Signore e Salvatore Gesù Cristo e che nessun partito politico ci renderà più felici, più ricchi o salverà mai la nostra anima. Nessun Paese che non sia governato da uomini con il timore di Dio e che viva un risveglio spirituale può realmente progredire, risorgere e godere una vera giustizia sociale e progresso economico. Solo Cristo può farlo, solo Cristo salva e solo Cristo è la nostra certezza e fiducia.

 

Le scuole di pensiero sul conivolgimento politico

Fondamentalmente ci sono tre scuole di pensiero sul coinvolgimento dei cristiani in politica.

a) Da un lato, c’è il settarismo che spinge i credenti ad isolarsi completamente dal processo politico. Lo Stato, il mondo e la società appartengono al nemico. Il timore di scendere a compromessi o di perdersi è molto alto. Nessuno deve contaminarsi con le questioni sociali. Questo raggruppamento spesso non incita i credenti nemmeno a votare.

b) Dall’altro estremo, ci sono coloro che sostengono che il cristianesimo insegni che la Chiesa debba cercare d’influenzare la società per Cristo partendo da una posizione di potere politico.

c) La posizione intermedia afferma che i cristiani individualmente possono essere impegnati in campo politico, ma la chiesa come corpo dovrebbe astenersene.

 

Il nostro retaggio

Ogni ambiente ci influenza, anche il tipo di chiesa che frequentiamo. Nessuno pensi di essere “asettico”, “neutrale” o “originale”. In nessun caso. In generale, diciamo che i cristiani evangelici non hanno una visione sempre chiara dello Stato e del governo e ciò si evince dal fatto che è molto difficile aver occasione di ascoltare o discutere nell’ambito ecclesiale di quale sia la visione del mondo da parte del cristiano.

 

 

1) “No alla politica, a prescindere”

Se dovessimo pensare a come siamo stati cresciuti in chiesa, forse una delle frasi più ricorrenti che abbiamo udito è stata: “Noi siamo membri di un altro popolo, di un’altra nazione, abbiamo una cittadinanza celeste, facciamo parte di un’altra patria in cielo, quindi non possiamo legarci o impegnarci nelle questioni di questo mondo”. Tale pensiero è avvallato da molteplici brani delle Scritture come ad esempio Giovanni 17:16: “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”.
Questo cliché appare molto spirituale e vero a prima vista. Anzi, per buona parte è verissimo: “I credenti fanno parte del mondo e del Regno che deve venire, del cielo…”. Il dilemma non è questa affermazione di per sé, il problema sta nella deduzione che ne consegue: “Quindi noi non possiamo far parte di ciò che accade nel mondo e della politica perché noi attendiamo nuovi cieli e nuova terra”. La nostra Città futura ed eterna è veramente importante, tuttavia ciò significa che la nostra città terrena, attuale e momentanea, è molto meno importante o per nulla rilevante? Allora, qual è la visione del mondo per il credente? Cioè cosa pensa il cristiano sul mondo e come deve essere governato e amministrato? Siccome la speranza è unicamente in Dio, quindi… cosa ne facciamo del mondo in cui viviamo?

Personalmente, sono convinto che il compito del cristiano sia di conoscere Dio, di crescere nella grazia, nella maturità cristiana, predicare il vangelo di Gesù Cristo fino alle estremità del mondo e fare discepoli, ma che ci sia anche una grande differenza nel dire: “Non faccio parte di questo mondo, nel mondo non c’è speranza, nell’uomo non c’è futuro …e quindi non sono chiamato ad interessarmi di questa società”. È come dire: “Siccome sono cittadino della città celeste, ho la vita eterna e questa vita è solo passeggera, se ho le ferie non vado in vacanza e se mi ammalo non vado dal dottore, non vado al pronto soccorso, e se ho la febbre non prendo la tachipirina e gli antibiotici”.
Se riflettiamo attentamente sulla nostra esistenza, ogni cristiano ha diritti sanciti da uno Stato: il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, alle ferie, alla giustizia e tanti altri. Ognuno di noi, a livelli diversi, ne gode ogni giorno.

Lo stesso Apostolo Paolo, in Atti 16:37, fece appello ad un suo diritto Romano di non essere frustato e di essere trattato in maniera degna nonostante appartenesse al regno spirituale di Dio. Oltre a questo, Paolo scrisse in Romani 13:7: “Rendete dunque a ciascuno ciò che gli è dovuto: il tributo a chi dovete il tributo, l’imposta a chi dovete l’imposta, il timore a chi dovete il timore, l’onore a chi l’onore” attestando che i figli di Dio sono anche chiamati ad onorare le autorità che governano sulla nostra vita.

 

2) Non del mondo, ma nel mondo

Se è vero che non facciamo più parte di questo regno terreno e attendiamo il mondo futuro, tuttavia Dio ci permette momentaneamente di vivere oggi in questa società, e non al di fuori di essa. L’interesse dell’Apostolo Paolo per il mondo era principalmente per la diffusione del vangelo che porta salvezza e gioia a ogni popolo, tuttavia diverse volte comanda i credenti ad avere un rapporto con la società in maniera quasi inaspettata ricordandoci di pregare sempre per le autorità politiche: “Ti esorto dunque prima di ogni cosa che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in ogni pietà e decoro. Questo infatti è buono ed accettevole davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2:1-4).

In Romani 13:1-7 Paolo stupisce tutti poiché rivela addirittura che ogni autorità proviene da Dio, che il magistrato è un ministro di Dio e resisterle comporta conseguenze sulla nostra vita: “Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori, poiché non c’è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono istituite da Dio. Perciò chi resiste all’autorità, resiste all’ordine di Dio; e quelli che vi resistono attireranno su di sé la condanna. I magistrati infatti non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie; ora vuoi non temere l’autorità? Fa’ ciò che è bene, e tu riceverai lode da essa, perché il magistrato è ministro di Dio per te nel bene; ma se tu fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; poiché egli è ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male. Perciò è necessario essergli sottomessi, non solo per timore dell’ira ma anche per ragione di coscienza. Infatti per questo motivo pagate anche i tributi, perché essi sono ministri di Dio, dediti continuamente a questo servizio”.

È chiaro che il mondo e le autorità politiche possono essere nemiche al Vangelo e ai principi del cristianesimo biblico. Situazione difficile ma come comportarsi in queste situazioni? L’apostolo Pietro ci viene in soccorso quando gli venne vietato da Sinedrio di predicare il vangelo: “E, chiamatili, comandarono loro di non parlare affatto, né di insegnare nel nome di Gesù” (Atti 4:18). Qual è la giusta reazione cristiana? “Ma Pietro e gli altri apostoli, rispondendo, dissero: «Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini»” (Atti 5:29).

In relazione a questo episodio, è interessantissimo leggere ciò che Pietro, l’ex pescatore, scrisse qualche anno dopo sotto l’impulso dello Spirito Santo: “Sottomettetevi dunque per amore del Signore ad ogni autorità costituita: sia al re come al sovrano, sia ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per lodare quelli che fanno il bene, perché questa è la volontà di Dio, che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti” (1 Pietro 2:13-14) e al verso 18: “Servi, siate con ogni timore sottomessi ai vostri padroni, non solo ai buoni e giusti, ma anche agli ingiusti”.

 

3) La chiamata ed essere “Sale e Luce”

Il cristianesimo biblico insegna che i figli di Dio hanno due responsabilità precise: la prima è amare il nostro Dio creatore e sovrano, mentre la seconda è “amare il nostro prossimo”. La seconda dipende direttamente dalla prima.
È stato Gesù a dire: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può essere nascosta” (Matteo 5:13-14). Fino a quando saremo nel mondo siamo chiamati ad “essere sale” con la funzione di proteggere il luogo in cui viviamo con i principi del Vangelo. Il sale ha un compito di salvaguardia e impedisce il deterioramento delle derrate alimentari, allo stesso modo i credenti frenano l’avanzata del male e del degrado nella società con la loro vita e i principi cristiani che vivono e predicano. “Essere luce” indica invece che la nostra vita deve risplendere nelle tenebre. Se non fosse per i figli di Dio impegnati nella società, il mondo cadrebbe in una condizione morale, sociale, economica e spirituale ancor più drammatica. È in Geremia 29:7 che troviamo il brano dove il Signore ordina: “Cercate il bene della città dove vi ho fatti condurre in cattività e pregate l’Eterno per essa, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere” e più avanti, “e questa città sarà per me un titolo di gioia, di lode e di gloria davanti a tutte le nazioni della terra, quando verranno a sapere di tutto il bene che io faccio loro; e temeranno e tremeranno a motivo di tutto il bene e di tutta la pace che io procurerò a lei” (Geremia 33:9).

 

Come cristiani evangelici dobbiamo impegnarci nell’azione politica, non perché crediamo nella presunzione che la politica sia la battaglia più importante, ma perché dobbiamo obbedire al nostro Redentore quando Egli ha comandato che dobbiamo amare il prossimo

 

4) La nostra eredità biblica

La Parola di Dio ci dona esempi di uomini e donne credenti che sono stati chiamati a governare una nazione? Sì, ne è piena: Mosè, Giuseppe, Daniele, Debora, Ester, Davide, Salomone servirono il paese governando esercitando una forte influenza per l’avanzamento della loro nazione sotto la benedizione di Dio.
Gesù stesso era coinvolto in un ministero a 360 gradi, principalmente da un punto di vista spirituale, ma ha insegnato anche lezioni in materia di uguaglianza, ordine sociale, immigrazione, governo, autorità politiche, magistratura, unità nazionale, salute e benessere, economia, alimentazione, tassazione, diritti umani e con la parabola del Buon Samaritano ha insegnato anche sull’assistenza sociale.
È ovvio che alla luce di tutti questi elementi, il cliché udito: “I cristiani non devono interessarsi del mondo e della politica perché attendiamo nuovi cieli e nuova terra” decade e non trova una precisa e corretta corrispondenza nella Parola, anche se è assimilato dalla chiesa come un insegnamento biblico.
Ricordiamoci bene che i più grandi successi nella storia del mondo in termini di libertà, giustizia, economia, sanità, istruzione, uguaglianza e diritti umani sono spesso stati conseguiti da credenti che Dio ha suscitato e benedetto, che hanno applicato i principi del vangelo alle leggi delle loro nazioni.
Sono stati uomini e donne di fede che hanno lottato per glorificare Dio in una nazione lontana dalla verità o lontana dalla giustizia e alcuni di questi hanno fondato nazioni su principi evangelici che ancora oggi sussistono.
Quindi, per rispondere alla nostra domanda iniziale “I cristiani dovrebbero essere coinvolti in politica?” La risposta è sì. Sì, ovviamente! La Bibbia ne parla ampiamente (molto di più di questo breve articolo). Chi meglio dei cristiani può conoscere, capire ed essere impegnato in questioni legate alla vita, economia e aspetti sociali, giustizia e uguaglianza e alla libertà? Nessun altro essere umano può agire con una ricaduta eterna sul mondo.

 

5) Ci sono tre verità assolute

Riguardo alla non facile questione “Dio e la politica” dobbiamo chiarire questo concetto spesso frainteso:

  • Dio non è di destra e non è di sinistra.
  • Dio è sempre al controllo di tutto, nonostante ciò che avverrà.
  • Dio ha già preordinato il risultato di ogni elezione politica.

 

Al Mohler scrive: “L’amore per il nostro prossimo a motivo del nostro amore per Dio è una profonda filosofia politica che trova il suo equilibrio tra il disimpegno politico e l’idolatria della politica come nostra principale priorità. Come cristiani evangelici dobbiamo impegnarci nell’azione politica, non perché crediamo nella presunzione che la politica sia la battaglia più importante, ma perché dobbiamo obbedire al nostro Redentore quando Egli ha comandato che dobbiamo amare il prossimo”.

 

Quali sono le nostre conclusioni?

a) La politica è inevitabile: siamo pellegrini, gente di passaggio, ma fin quando non passeremo “oltre”, siamo chiamati a stare su questa terra con dei motivi precisi (1 Pietro 2:11).

b) Siamo chiamati a essere luce nel mondo, ma senza illuderci che la luce prevarrà sempre sulle tenebre in terra (Gesù infatti non è stato accettato, vedi Giovanni 1). Tuttavia non per questo motivo dobbiamo rinchiuderci, nasconderci o ritirarci.

c) Dobbiamo pregare per una nuova generazione di credenti che abbiano la vocazione di impegnarsi in questo campo difficile e pericoloso. Che non è tanto più difficile di un normale ambiente di lavoro: la tentazione del compromesso, pressioni dall’alto o del fare scelte illegali è sempre forte in qualsiasi ambiente, ufficio, nella pubblica amministrazione o come libero professionista. Ovunque!

d) Dobbiamo amare il nostro prossimo, così come la nostra città: dobbiamo amare Dio con tutto il cuore (Matteo 22:37) e dobbiamo amare il nostro prossimo come noi stessi (Matteo 22:39) operando nella società con la predicazione del vangelo e operando per il bene delle società.

e) I governi sono dati da Dio per limitare il male e promuovere il bene dei suoi cittadini (Romani 13:1-7) e i credenti sono per natura i primi ad essere competenti in questi settori in virtù del fatto che conoscono Cristo, il vangelo e la giustizia di Dio.

f) Il criterio fondamentale del mandato di Dio per il cristiano nel campo sociale e politico non è quello di essere sicuri che l’applicazione della giustizia cristiana nella società avrà successo e godrà di una adesione popolare. Questo può anche non accadere. Ciò che è veramente importante è la nostra fedeltà come figli di Dio a proclamare la giustizia del Vangelo di Gesù Cristo anche quando nessuno ci vorrà ascoltare.

 

 

Tematiche: Cristianesimo, Politica

Andrea Artioli

Andrea Artioli

 

E’ pastore della Chiesa Sola Grazia di Porto Mantovano, Mantova (www.chiesasolagrazia.it) ed è direttore e fondatore del ministero di Coram Deo. Ha studiato al London Theologiacal Seminary ed è a pieno tempo nel ministero dal 1993.
È sposato con Emanuela e hanno 3 figli: Lisa, Tommaso e Eva.

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