Il 2020 dimostra che non abbiamo bisogno di più informazione. (Abbiamo bisogno di qualcos’altro).

 

 

Abbiamo iniziato il 2020 già scettici su esperti, sondaggisti, scienziati dei dati e sulla credibilità delle istituzioni.

Il libro di Tom Nichols La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia è stato pubblicato tre anni fa. Non è una tendenza nuova, ma dopo 11 mesi di un anno che pare lungo un decennio, lo scetticismo è aumentato ancora di più e per dei buoni motivi.

 

Pensiamo a quello che è appena successo con le elezioni in America. Quasi ogni sondaggista aveva predetto una larga vittoria di Biden, e molti un plebiscito per Biden. Almeno un analista aveva predetto non solo un’onda blu, ma uno “tsunami Democratico”. Persino un conservatore come David Brooks ha detto che “queste elezioni non saranno un testa a testa”. Trump è andato molto più vicino alla vittoria di quanto avevano indicato i sondaggi e gli opinionisti.

Questi non sono sondaggisti da poltrona o blogger qualunque. Sono l’elite degli analizzatori di dati ai vertici nel loro campo. Come hanno potuto sbagliarsi di così tanto . . . e di nuovo?

Nel frattempo, anche la pandemia da COVID-19 ha inferto i suoi colpi alla fiducia del pubblico negli esperti. Le principali istituzioni sanitarie mondiali hanno regolarmente diffuso raccomandazioni mutevoli e contrastanti. La raccomandazioni del ministero della sanità e le strategie di contenimento hanno variato notevolmente, spesso seguendo linee partitiche (per esempio, a luglio Disney World ha avuto il permesso di riaprire nella Florida a guida Repubblicana; Disneyland è ancora chiusa nella California a guida Democratica). Tutti affermano di seguire i dati e la scienza, ma quali dati e quale scienza? Ci sono studi e argomentazioni per sostenere praticamente qualunque approccio. Le scuole dovrebbero restare aperte o dovrebbero chiudere? Ci sono evidenze valide per giustificare entrambe le risposte. Le riunioni di chiesa hanno maggiori probabilità di essere degli eventi super-diffusori rispetto alle proteste di piazza? La risposta probabilmente dipende dall’orientamento politico della persona a cui fai questa domanda.

Per quanto il COVID-19 sia stato e continui a essere un tragico disastro per la salute pubblica di proporzioni mondiali, è stato anche un disastro nel campo dell’informazione, e ha ulteriormente mostrato la gravità della crisi di verità che affrontiamo nell’era digitale.

 

Il fallimento dell’informazione: Troppa, troppo veloce, troppo frammentata

Dovremmo continuare a dare valore alla scienza, ai dati e all’informazione? Naturalmente. Il 2020 ha però chiarito che la soluzione a problemi complessi non consiste semplicemente in più scienza, più dati e più informazione. Quello di cui abbiamo bisogno è più saggezza per sapere come filtrare e sintetizzare queste cose, comprenderne la complessità e prendere decisioni migliori.

Nel mio libro di prossima pubblicazione The Wisdom Pyramid: Feeding Your Soul in a Post-Truth World, evidenzio tre dinamiche dell’era dell’informazione che ci stanno rendendo meno saggi. Anche se molti esempi di queste dinamiche sono visibili nella cultura odierna (inclusi i sondaggi elettorali), ecco come sono state rivelate in modo specifico durante la pandemia di COVID-19.

1. Troppa 

L’ironia dell’era dell’informazione è che più abbiamo accesso a una quantità inimmaginabile di informazione e conoscenza accumulata, meno saggi diventiamo. Uno dei problemi dell’eccesso di informazione è che mette a dura prova i nostri cervelli, costringendoli a una continua modalità triage che li prosciuga dell’energia (e del tempo) necessario per la riflessione profonda e la valutazione necessarie alla saggezza.

L’altro problema di un panorama di informazione digitale sovraccarico —con ha in Google la sua porta d’accesso—è che tendiamo a trovare qualunque cosa noi vogliamo trovare. Il COVID-19 ha messo in evidenza questo problema. Una quantità sbalorditiva di informazioni sulla pandemia è reperibile online—proiezioni, opinioni sui lockdown, e così via. Cercando un po’ su Google puoi trovare qualche cosa per confermare qualsiasi cosa a cui vuoi credere sulla pandemia. Che sia il coronavirus o la giustizia razziale o questioni di qualunque altro tipo, questo spiega come mai i dibattiti odierni spesso giungono a un punto morto. Ogni persona arriva con il suo insieme di dati e cifre (“Hai visto questo studio? Hai sentito quello che dice questo esperto?”) e pochi possono essere convinti che i loro “fatti” sono meno validi di quelli degli altri.

 

2. Troppo veloce

Ai nostri giorni la velocità dell’informazione è semplicemente troppo elevata. Troppo veloce per vagliarla sufficientemente, per verificare i fatti, per esercitare la cautela (dovrei davvero retweettare questo?) e il ragionamento critico, come richiederebbe il buon senso. Ciò genera una varietà di nuovi problemi che erodono la nostra fiducia collettiva nell’informazione: notizie false, disinformazione virale, teorie cospirative e riferire in modo troppo affrettato notizie da fonti di informazione altrimenti affidabili. Il “bisogno di velocità” nel panorama attuale dei mezzi di comunicazione ha dato origine all’inutile tendenza delle “notizie dell’ultima ora” da parte dei media, all’onnipresenza dei (generalmente inutili) commenti a caldo e dei (spesso imprudenti) commenti e reazioni istantanee su fatti di una certa complessità in tempo reale. Ci sono stati vari problemi di questo tipo durante la pandemia. Il desiderio di riferire notizie interessanti ha diffuso più confusione che chiarezza.

Un esempio è la narrativa mediatica partita in agosto che ha diffuso il messaggio che, per proteggersi dal COVID, indossare lo scaldacollo fosse peggio che andare in giro senza mascherina, dimostrato presumibilmente da uno studio scientifico. Ma poi venne fuori che lo studio in questione non dimostrava affatto questo. I reporter avevano interpretato erroneamente lo studio e ricorsero in fretta alla falsa narrativa “lo studio dice” che ottenne molti click. E anche se in seguito sono stati aggiunti aggiornamenti e correzioni, il danno era già stato fatto, e milioni di persone smisero di indossare lo scaldacollo. Altri esempi abbondano. Da Nick Sandmann a Jussie Smollett, false narrative possono essere diffuse rapidamente e in modo sconsiderato —persino da media prestigiosi e fonti “attendibili”.

 

3. Troppo frammentata

Algoritmi e feed personalizzati hanno creato un panorama informativo iper-frammentato in cui nessuno di noi due sperimenta la stessa realtà. Sempre più arroccati in casse di risonanza e bolle che confermano i nostri pregiudizi, ci convinciamo sempre di più della bontà delle nostre narrative preferite e verità accettate, anche se gli altri diventano più convinti nella direzione completamente opposta. Il COVID-19 ha messo in evidenza anche questa dinamica. In base alla tua bolla, potresti pensare che i lockdown sono esagerazioni del governo o che non sono misure sufficienti. A seconda della tua dieta mediatica, potresti pensare che le mascherine sono un’imposizione di tipo socialista, o che dovremmo indossarle almeno per tutto il 2022. Gli algoritmi dei social media rendono le cose peggiori affinando ulteriormente la propria percezione distorta della realtà. Più visiti QAnon teorie nel tuo newsfeed, più inizi a crederci. Sommato al problema della troppa informazione per cui è possibile cercare facilmente “evidenza” su Google per qualsiasi cosa a cui si vuole credere, il problema della frammentazione dell’era dell’informazione destabilizza ulteriormente qualsiasi nozione di verità condivisa.

Come possono rispondere i cristiani

Il 2020 ha dimostrato in modo chiaro la pericolosità delle dinamiche dell’era dell’informazione. Ma lo stesso farà il 2021. La nostra crisi epistemologica con ogni probabilità peggiorerà prima che possa migliorare. Un giorno la società potrebbe riconoscere che queste dinamiche distruttrici di verità creano una società fondamentalmente instabile, e che cose molto importanti devono cambiare. Nel frattempo, i cristiani dovrebbero essere i primi a ricercare la saggezza e a preservarla, fungendo da argine contro la stoltezza dilagante.

La chiave di questo sarà esercitare il discernimento nell’area della conoscenza e del consumo di informazioni. Sono sempre più convinto che i comportamenti mediatici dei credenti sono una questione che riguarda il discepolato che va messa in primo piano nel ministero della chiesa. Quali fonti dubbie (podcast, notiziari, subreddit, canali di YouTube, gruppi di Facebook) stanno plasmando i cristiani oggi? Quali sono le fonti affidabili e che producono sapienza a cui dovremmo invece indirizzare le persone?

Stava già accadendo prima del 2020, ma quest’anno ha messo a nudo in modo preoccupante quanto molti cristiani hanno avuto le loro menti distorte, i cuori malformati e le anime contagiate dalle onnipresenti tossine della falsità online. Molti cristiani purtroppo hanno seguito il mondo nel sentiero della stoltezza. Ma non deve essere così. Come adoratori del Dio che ha creato la saggezza (Proverbi 8:22-31), e come popolo del Libro in cui Dio rivela la saggezza, tra tutte le persone i cristiani devono avere un solido fondamento di saggezza.

Mentre l’incertezza aumenta, le fondamenta crollano e il caos regna, chi porterà la torcia della verità? Chi preserverà la saggezza per le generazioni future?

I cristiani possono farlo.

Ma prima dobbiamo mettere in ordine la nostra casa (sempre più compromessa e piena di stoltezza). Nel 2021 e oltre, impegniamoci a portare avanti questo compito.

Tematiche: Cristianesimo, Cultura e Società, Missione, Social media, Storia, Vangelo

Brett McCracken

Brett McCracken

 

Ricopre il ruolo di redattore per The Gospel Coalition ed è l’autore dei libri Uncomfortable, Hipster Christianity e Grey Matters. Vive con sua moglie nella California meridionale, dove serve come anziano presso la chiesa Southlands Church.

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