L’insidia della tradizione degli uomini

 

La parola tradizione rievoca ricordi di momenti festivi: gli spaghetti allo scoglio di ferragosto o una passeggiata di Pasquetta. Però, essendo creature abitudinarie, il nostro amore per la tradizione non si limita alle consuetudini familiari bensì s’estende all’ambiente religioso.

La questione “tradizione” viene a galla ogni qualvolta ci domandiamo perché facciamo ciò che facciamo per poi rispondere: “Abbiamo sempre fatto così”.

I farisei, quegli avversari instancabili del nostro Signore al tempo  del suo ministero terreno, erano tradizionalisti per eccellenza. Aderirono scrupolosamente al “la tradizione degli antichi” (Marco 7:3) per arrivare ad essere accettati davanti all’opera di Cristo. Intorpiditi dalla tradizione, anziché meravigliarsi davanti al fatto che “tutti quello che toccavano [Gesù] erano guariti,” (6:56), si preoccupavano della purezza delle mani dei suoi discepoli (7:3-5). Difatti, Gesù riservò le sue parole più severe per questi formalisti: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…guide cieche…siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia” (Matteo 23:13, 16, 27).

Ma, qual era il problema con il loro genere di tradizione?

 

Tradizione e rivelazione

Gesù non lascia che si intreccino minimamente il comandamento di Dio e la tradizione degli uomini (Marco 7:8, 9). Una tradizione è dunque, perlomeno secondo l’ottica biblica, qualsiasi insegnamento non rivelato nella Scrittura, sia prassi sia dottrina. È vero che una tradizione può presentarsi come un’applicazione legittima della Scrittura, però, una tradizione continua ad essere utile solo fintantoché si radica nella Scrittura, riconosce l’unicità della sua autorità e rispecchia il suo insegnamento in modo equilibrato. L’insidia della tradizione si manifesta quando si annebbia la netta distinzione tra la tradizione degli uomini e la rivelazione di Dio. Perciò, Gesù riconosce una sola fonte autorevole: la Parola di Dio (vedi ad es. Matteo 4:4; 5:17; Giovanni 10:35).

La tradizione farisaica non si sviluppò da un giorno all’altro e nel primo secolo si accumularono centinaia di regole che componevano “la tradizione degli antichi” (Marco 7:3, 5). La tradizione era ideata come una siepe per salvaguardare la Legge di Mosè (rivelazione). In altre parole, recinsero la Parola di Dio con la tradizione per assicurarsi di non violarla mai. Flavio Giuseppe, il noto storico giudaico del primo secolo, spiegò che “I farisei trasmisero al popolo certe leggi ereditate dai padri le quali non sono scritte nella legge di Mose” (Antichità giudaiche, 13:297). Non erano appunto state messe per iscritto e, pertanto, non facevano parte delle Scritture.

 

Questa tradizione, che girava oralmente nel primo secolo, venne raccolta nella Mishnah all’inizio del terzo secolo. La Mishnah contiene un intero trattato sulle mani (Yadiam). Basta un’occhiata per accorgersi della pedanteria dei suoi precetti: un lavacro rende pure le mani solo se c’è la quantità giusta (1.2), versata dal contenitore giusto (1.4). È vietato versare l’acqua dai lati di una barocca crepata (1.2). Un uomo non può unirsi le mani a forma di coppa per versare acqua sulle mani di un altro uomo (1.2). Le mani diventano impure ogni volta che toccano qualcosa di impuro, ad esempio viveri, vestiti, e vasi (3.1). Infatti, “Tutte le Sacre Scritture rendono le mani impure” (3.5).

Volente o nolente, le aggiunte possono snaturare la cosa a cui vengono aggiunte. Forse ci vuole un’illustrazione culinaria. Quando una pizza smette di essere una pizza margherita? Quanti ingredienti si devono aggiungere prima che non si possa più chiamarla margherita? La siepe farisaica invadeva ciò che doveva proteggere. Le applicazioni umane della Legge divina hanno assorbito la Legge divina, risucchiando l’intenzione dell’Autore originale, soffocando la grazia di Dio e lasciando soltanto un legalismo ipocrita.

Come possiamo intendere la gravità del pericolo della tradizione degli uomini?

 

Il danno della tradizione degli uomini

1) La tradizione degli uomini maschera la condizione del cuore (Marco 7:6)

Rimproverando i farisei, Gesù riportò le parole del profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me” (Marco 7:6). La frase di Isaia si trova in un contesto di giudizio contro il guscio vuoto del formalismo in voga all’epoca in Israele.

La tradizione degli uomini maschera la vera condizione del cuore perché aderendosi ad essa ci si convince che ci sia pace, mentre pace non c’è. L’esteriorità placa la conoscenza e fa sì che ci si senta vicini a Dio, però non si è spinti a confidare in Dio perché non esige nulla se non ciò che si può fare con le proprie risorse. In altre parole, non ci si deve sbarazzare della propria autonomia: si può seguire Dio confidando in sé stessi. La tradizione umana non può attingere al cuore.

 

È il cuore che conta perché esso è il vero io; il nucleo centrale della nostra esistenza.

L’esortazione di Salomone tramette la stessa concezione: “Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita” (Proverbi 4:23). Benché lo si consideri spesso il luogo dell’emozione, nell’uso biblico la parola “cuore” abbraccia altresì la mente e la volontà: la mente in quanto si pensa nel cuore e si comprende con il cuore (ad es. Macro 2:6; Matteo 13:3), e la volontà in quanto si desidera nel cuore (ad es. Salmo 36:4; Matteo 6:21) e si crede con il cuore (ad es. Romani 10:9).

Per di più, è il cuore che importa a Dio. “L’uomo guarda all’apparenza, ma il Signore guarda al cuore” (1 Sam. 16:7; cfr. Matteo 22:37). Ciò ci risulta problematico poiché “il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno” (Geremia 17:9). Infatti, nel paragrafo seguente (Marco 7:14-23) Gesù spiegherà che non l’esterno può rendere l’uomo impuro agli occhi di Dio perché il suo cuore è già impuro. E la sua impurità, vale a dire la sua peccaminosità, è dovuta alla condizione del suo cuore.

La gente si lascia felicemente intrappolare nella tradizione degli uomini perché, così facendo, non deve affrontare la realtà dell’immondizia che dimora nel suo cuore. Al meglio, la tradizione degli uomini provvede una specie di effetto placebo, ma le Scritture sole possono trasformare il cuore (2 Timoteo 3:16-17; Ebrei 4:12).

 

2) La tradizione degli uomini vanifica l’adorazione del Signore (Marco 7:7-8)

La tradizione degli uomini distorce il nostro culto. Gesù, citando ancora il profeta Isaia, dice: “Invano mi rendono culto” (Marco 7:7). La loro adorazione era vacua e frivola. Poi, la frase successiva spiega la fonte della loro futilità: “Insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Marco 7:7). I loro insegnamenti non erano che concezioni umane e opinioni mondane.

Il Signore non accoglie qualsiasi forma di adorazione. Solo Dio stesso può dirci come Dio vuole essere adorato. La tradizione degli umani rischia sempre di produrre presunzione anziché adorazione. La sincerità non può compensare l’insegnamento sbagliato e la dedizione serve a poco se si indirizza verso la meta sbagliata. L’adorazione che Dio riconosce è sempre una risposta sottomessa alla sua autorivelazione. Perciò il Signore annuncia: “Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola” (Isaia 66:2).

Le aggiunte dei Farisei erodevano l’unicità della rivelazione di Dio, mettendo in discussione la sua efficacia e la sua rilevanza nella forma in cui era stata originariamente elargita. Non potevano veramente onorare Dio perché in fondo pensavano di saper più di lui. Non si può innalzare qualcuno e mettere in dubbio la sua capacità di comunicare nello stesso momento: è una contraddizione!

3) La tradizione degli uomini rimpiazza la Parola di Dio (Marco 7:9-13)

Pur essendo nata per motivi nobili, questa sorta di tradizione finisce per rimpiazzare la rivelazione di Dio. Tali tradizioni tendono a moltiplicarsi e l’esempio invocato da Gesù era soltanto un assaggio di una problematica molto più vasta (vedi v. 13: “Di cose simili ne fate molte”). Moltiplicandosi e man mano mettendo radici nella mente della gente, queste tradizioni offuscano il confine tra tradizione e rivelazione.

Le parole del nostro Salvatore sono sia chiare sia decisive: “Avendo tralasciato il comandamento di Dio, vi attenete alla tradizione degli uomini” (v. 8), “come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione” (v. 9) e “annullando così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tramandata” (v. 13). Insomma, c’è un nesso tra l’abbandonare la Parola divina e l’abbracciare la tradizione umana. Si deve lasciare il comandamento di Dio per poter fare spazio alla tradizione degli uomini.

Se ci si trova a fare la spesa al supermercato e i cestini sono finiti e si è senza moneta per il carrello, si prova a portare il più possibile in braccio. Ma si deve scegliere. I farisei e gli scribi scelsero la tradizione degli uomini e pertanto non c’era spazio per la Parola di Dio. Dovevano rinunciare all’una per avere l’altra.

 

In fine, Gesù fornisce una prova palese che la loro tradizione aggrediva la Parola invece di proteggerla (Marco 7:11-12). Egli cita il quinto comandamento (Esodo 20:12; Deuteronomio 5:16) e Esodo 21:17 dove la sua serietà viene ribadita. In questo caso la tradizione è degenerata trasformandosi in una scappatoia per fuggire la responsabilità davanti a Dio. Crearono un modo per “donare a Dio,” disubbidendo alla Parola di Dio. Quest’è la logica della tradizione degli uomini: onoriamo Dio ignorando ciò che ha detto!

Quindi il farisaismo si è estinto? Era un problema che affliggeva soltanto la chiesa antica?

 

3 RIFLESSIONI FINALI

  1. La legittimità di una tradizione non può essere presunta. L’insegnamento del Signore sulla tradizione non ci autorizza ad abbracciare ciecamente qualsiasi tradizione. Dobbiamo sempre analizzare ogni insegnamento alla luce della sua fedeltà alla Parola di Dio (Atti 17:11). La cosìddetta cattolicità di una tradizione importa solo se si radica nella Parola di Dio. Nel primo secolo quasi tutti i giudei caddero in preda del legalismo dei farisei (Marco 7:3) e i farisei erano portavoce dell’ufficiale entità religiosa. Non si può dare per scontato che una tradizione sia legittima soltanto perché vanta tanti aderenti. Solo la Parola di Dio (rivelazione) è sempre un’autorità legittima.
  2. La soggettività è l’inevitabile prodotto della confusione tra tradizione e rivelazione. A volte i Padri della chiesa si contraddicono. Un papa può essere accusato di eresia da altri papi (Onorio I) e ci furono periodi in cui non si sapeva chi fosse il papa, perché ce ne erano diversi (vedi ad es. il Concilio di Costanza). L’unica speranza di oggettività è la sola Scrittura perché non è mescolata e distorta con pensieri umani (2 Pietro 1:20-21). Chiunque può sostenere di essere ispirato dallo Spirito Santo. Però, si conosce lo Spirito della verità perché concorda sempre con i libri scritti dagli apostoli (1 Giovanni 4:6) che erano ispirati dallo Spirito Santo (Giovanni 14:26). Non si può dimostrare che una dottrina o una pratica è d’origine apostolica tranne nella misura in cui ciò può essere confermato dagli scritti apostolici, ossia il Nuovo Testamento.
  3. L’unicità dell’autorità della Parola di Dio deve essere sempre protetta. I protestanti non sono contro i Padri della chiesa e la tradizione che trasmisero (ad es. nel suo capolavoro, Istituzione della religione cristiana, Calvino citò Agostino centinaia di volte). La tradizione di per sé è inevitabile. La vera domanda è: “Come la trattiamo?” Ci si deve chiedere se le parole di Cristo lascino spazio per una tradizione che si ritiene autorevole quanto la Scrittura (vedi ad. es. Il Concilio di Trento, Sessione IV; Il Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.10; Il catechismo della chiesa cattolica, 2.2.82).

 

 

Che Cristo ci elargisca la grazia di guardarci bene dal lievito della tradizione degli uomini (vedi Marco 8:15), custodendo la distinzione tra rivelazione divina e tradizione umana.

 

 

 

Photo by Roman Kraft on Unsplash

Tematiche: Vita Cristiana

Matt Johnston

Matt Johnston 

 

E’ cresciuto a Washington DC in una famiglia cattolica. A vent’anni ha ascoltato il vangelo per la prima volta, il Signore l’ha salvato e gli ha cambiato radicalmente la vita. Matt si è preparato per il ministero presso The Expositor’s Seminary a Jupiter, Florida, dove si è laureato in teologia nel 2011 (Master of Divinity). Durante i suoi anni a Jupiter, Matt ha lavorato come pastore dei giovani presso Grace Immanuel Bible Church. Dal 2007 è sposato con Johanna e hanno 2 bambine. Si sono trasferiti a Genova nel 2016 insieme al suo collega Massimo Mollica per forndare la chiesa Lux Evangelica (LuxEvangelica.org).

© MattJohnston, © Coram Deo

Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.