Perché cantiamo

 

 

 

All’incontro domenicale della mia chiesa, il predicatore e chi guida il culto siedono sul palco, rivolti verso la congregazione.

In passato mi sono chiesto: “Stanno davvero adorando o semplicemente osservano la sala?” In fondo, chi adora sul serio non dovrebbe chiudere gli occhi, alzare le mani e avere sul volto un’espressione rapita?

Questo, almeno, era il mio pensiero fino a quando non mi sono trovato io stesso lassù, sul palco, a guardare la comunità. Quando comincia il canto, vedo il popolo di Dio lodare Dio ed è qualcosa di incredibile!

Quello che osservo

Alcuni hanno gli occhi chiusi, altri aperti, alcuni alzano le mani, altri no, ma la postura del corpo non è il punto centrale.

Cantiamo le parole del XVI secolo di Forte rocca è il nostro Dio e vedo una donna che ha subito di recente una violenza intonare con tutte le sue forze: “un baluardo che mai verrà meno”.

Cantiamo le parole del XVIII secolo di O Fonte di ogni benedizione e mi rincuora vedere un credente anziano che, dopo decenni di perseveranza nella fede, canta ancora: “Incline a vagare, Signore, lo sento; incline a lasciare il Dio che amo. Ecco il mio cuore, prendilo e suggellalo, suggellalo per i tuoi cortili celesti”.

Cantiamo le parole del XIX secolo di Egli è con me e vedo un fratello di mezza età, in lotta contro lo scoraggiamento per il suo peccato d’ira, alzare la voce proclamando: “Il mio peccato — oh, la gioia di questo pensiero glorioso! — il mio peccato, non in parte ma interamente, è stato inchiodato alla croce e non lo porto più. Loda il Signore, loda il Signore, anima mia!”.

Cantiamo le parole del XXI secolo di In Christ Alone e scorgo una giovane madre di talento, tentata di rimpiangere ciò a cui ha rinunciato per crescere i suoi figli, ora esultare nella sua nuova ambizione: “In Cristo soltanto ho trovato la mia speranza, Egli è la mia luce, la mia forza, il mio canto”.

Seduto a guardare e ad ascoltare, le mie lodi a Dio si rafforzano grazie alle storie e ai canti degli altri. La mia fede viene ravvivata e allargata dal suo operare in loro.

La Parola che risuona

Le chiese cantano perché i loro cuori rinnovati non possono fare a meno di far riecheggiare la Parola che ha dato loro vita. Che i canti siano stati scritti nel XVI secolo o oggi, devono comunque riflettere la Scrittura. Se c’è un luogo in cui la Parola di Dio deve letteralmente risuonare, è nei canti della chiesa. Ricordiamo: solo la Scrittura dona vita.

Perciò i canti della comunità non dovrebbero contenere altro che le parole, i concetti o le verità della Scrittura.

Cantiamo insieme perché questo ci aiuta a riconoscere che le nostre lodi, confessioni e decisioni di cuore sono condivise. Non siamo soli. Credo che il canto in chiesa sia tanto un ascoltare quanto un cantare. Per questo Paolo comanda: “Parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando col vostro cuore al Signore” (Efesini 5:19). Se devo parlare agli altri con un canto, devo anche ascoltarli. Infatti a volte smetto di cantare, solo per ascoltare e ringraziare Dio per le voci attorno a me!

“Questi fratelli e sorelle condividono con me il cuore nuovo, la mia nuova identità, il mio Signore e Salvatore, la mia consolazione e il mio sostegno, la mia speranza e la mia ambizione, la mia gloria e la mia gioia. Io sono con loro, loro sono con me, e insieme siamo con Lui”.

Perché cantiamo

I credenti cantano nelle chiese perché Cristo ci ha comandato di farlo (Colossesi 3:16; Efesini 5:19). Siamo chiamati a cantare, come ha osservato un ministro di musica, perché Dio desidera che le creature fatte a sua immagine facciano ciò che Lui stesso fa (cfr. Sofonia 3:17; Ebrei 2:12). Comunque, lasciatemi chiarire con tre motivi il perché credo che Dio abbia comandato al suo popolo di comunicare non solo in prosa, ma anche in poesia e melodia.

  1. Cantiamo per accogliere e confermare la Parola

Cantare è il modo in cui la congregazione fa propria e conferma la Parola. Nella Bibbia, il canto è uno dei mezzi stabiliti da Dio per rispondere alla sua rivelazione. È come alzare la mano e dire: “Sì, credo e affermo queste verità con tutto il mio essere”. Ad esempio, il salmista invita il popolo di Dio a proclamare la sua Parola: “Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza” (Salmo 96:2). Cantare la sua salvezza significa farla nostra e proclamarla come messaggio.

  1. Cantiamo per coinvolgere le nostre emozioni con la Parola di Dio

Cantare è il modo in cui la comunità coinvolge in modo particolare le emozioni e gli affetti con la Parola di Dio. Quando cantiamo, è difficile rimanere distaccati emotivamente. Come l’olfatto richiama memorie e associazioni intense, così la musica suscita e provoca le gioie, i dolori, le speranze e i timori del cuore. Jonathan Edwards scrisse che Dio ci ha donato la musica “per risvegliare ed esprimere gli affetti religiosi”. Un salmista esprime bene questo concetto dicendo: “Mi ferve in cuore una parola soave” (Salmo 45:1).

Cantare, quindi, è il mezzo attraverso cui il popolo di Dio afferra la sua Parola e allinea le proprie emozioni e i propri affetti a Lui.

Non sorprende allora che Paolo ordini alle chiese di cantare i Salmi e che il Salterio sia stato considerato il “libro degli inni” della comunità. Giovanni Calvino chiamò i Salmi “un’anatomia di tutte le parti dell’anima”, perché offrono parole con cui esprimere tutta la gamma delle emozioni umane. Scrisse: “Non c’è sentimento di cui una persona possa fare esperienza che non sia rappresentato qui come in uno specchio. O meglio, lo Spirito Santo ha raffigurato con fedeltà tutti i dolori, le paure, i dubbi, le speranze, le inquietudini; in breve, tutte le emozioni che agitano la mente umana”.Come possono i cristiani esprimere il dolore in modo divino? O la tristezza, la paura e il dubbio? Facendo eco ai Salmi, come fece Gesù più e più volte.

Anche quando i nostri inni non attingono direttamente dai Salmi, dovremmo comunque ispirarci al loro equilibrio di confessione, lamento, esultanza e ringraziamento, cercando di produrre qualcosa di simile. Nelle nostre chiese, sappiamo come lamentarci per mezzo della musica? O confessare?

Nelle aule del seminario, i predicatori in erba vengono talvolta avvertiti: “Una congregazione sarà attenta alla Parola solo quanto lo sei tu sul pulpito”. Lo stesso vale, ne sono convinto, per il nostro canto in chiesa e per la nostra capacità di incontrare emotivamente Dio durante la settimana. Una congregazione che impara a cantare in chiesa con una confessione vigorosa e una lode contrita sa meglio come cantare a Dio con il cuore a casa, che lo faccia seguendo la melodia o meno.

  1. Cantiamo per dimostrare e costruire unità

Il canto è un mezzo per dimostrare e rafforzare l’unità del popolo di Dio. Ancora una volta, non è difficile immaginare come Israele usasse i Salmi per dimostrare e rafforzare l’unità dei loro cuori gli uni con gli altri. Alcuni salmi lo rendono esplicito:

  • [Dichiarazione] “Celebrate il Signore, perché egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno”.
  • [Risposta 1] “Lo dica Israele: La sua bontà dura in eterno”.
  • [Risposta 2] “Lo dica la casa di Aaronne: La sua bontà dura in eterno”.
  • [Risposta 3] “Lo dicano quelli che temono il Signore: La sua bontà dura in eterno” (Salmo 118:1–4; cfr. anche 124:1; 129:1; 136).

Il salmista fa una dichiarazione e poi chiede a tre gruppi di persone di fargli eco: la nazione, i sacerdoti e poi tutti coloro che temono Dio (inclusi eventuali stranieri e gentili in mezzo a loro?). Le parole “il suo amore è per sempre” sono la fonte dell’unità, ma la poesia e – forse – la musica incoraggiano i cuori delle persone ad abbracciare, possedere e gioire di questa gloriosa verità.

 

Vale la pena notare anche il contesto del comando di Paolo di cantare: “E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente, ammaestrandovi ed esortandovi gli uni gli altri con ogni sapienza, cantando di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali.” (Col 3:15-16). Notate il filo del discorso: dobbiamo lasciare che la pace regni, poiché siamo chiamati a essere un solo corpo. Dobbiamo essere grati e possiamo fare tutto questo cantando insieme la Parola di Cristo. Ancora una volta, la Parola è la fonte dell’unità; ma la musica esprime tale unità.

 

Senza dubbio, questo punto può essere combinato con il precedente. Cantare la Parola di Dio è il modo in cui una congregazione armonizza i propri cuori attraverso l’intera gamma di affetti ispirati dalla Bibbia.

 

Ciò che dovrebbe essere chiaro in tutte e tre le ragioni per cui cantiamo è che cantare in chiesa dovrebbe riguardare il canto della chiesa, il canto della congregazione. Forse cori e solisti possono essere usati con attenzione per chiamare la chiesa a rispondere, come nel Salmo sopra, o come esercizio di “parlarsi gli uni gli altri cantando”. Anche, le esibizioni musicali fuori dalla chiesa riunita sono meravigliose, ma Dio ha donato la musica alla chiesa riunita affinché le persone insieme possano possedere, affermare, gioire e unirsi attorno alla Parola di Dio. Il suono aspro e sano dei criminali perdonati, che si dilettano all’unisono nel loro Salvatore, è molto meglio delle dolci armonie di pochi cantori esperti.

Lo strumento più bello in ogni servizio cristiano è il suono del canto della congregazione.

 

 

Lettura consigliata: Canta!, Ed. Coram Deo

Tematiche: Lode, Musica

Jonathan Leeman

Jonathan Leeman 

 

Jonathan Leeman è il capo redattore del ministero di 9Marks. Ha conseguito un master in scienze politiche. Dopo la chiamata al ministero, Jonathan ha ottenuto un Master of Divinity e un dottorato in teologia, lavorando come pastore ad interim.

Oggi è il curatore dei libri di 9Marks e del 9Marks Journal, ed è co-conduttore di Pastors Talk.  Ha scritto per diverse pubblicazioni ed è autore o curatore di numerosi libri.

Jonathan vive con sua moglie e le quattro figlie vicino a Washington, DC e serve come anziano presso la Chiesa Battista Cheverly. Insegna come docente a contratto presso il Midwestern Baptist Theological Seminary, il Southern Baptist Theological Seminary e il Reformed Theological Seminary.

E’ autore di numerosi libri, tra cui “Essere un membro di Chiesa (Coram Deo, 2020), “La disciplina di Chiesa(Coram Deo, 2020) e Riscoprire la Chiesa (Coram Deo, 2021).

© 9Marks, © Coram Deo

Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.