Perché l’umiltà è così attraente?

 

 

Perché siamo attratti dalle persone umili?

 

Perché l’ateo Mark Twain trovava l’umiltà della devota cattolica Giovanna d’Arco così bella da farla diventare il suo eroe storico? Perché le persone di tutto il mondo, anche di altre religioni, trovano la modestia di Gesù così irresistibile (Mat. 11:29)? Al contrario, perché persone come Michael Prowse provano repulsione per l’orgoglio divino che pensano riecheggi nei comandi biblici di Dio di essere adorato?

C’è qualcosa nell’umiltà che risuona in fondo alla nostra psiche, molto più in profondità di quanto si spingano le spiegazioni evoluzionistiche.

 

Più di un residuo dell’evoluzione.

I sociobiologi evoluzionistici spiegano il nostro orgoglio innato come un istinto primario di sopravvivenza. La teoria è che il nostro desiderio di dominare e manipolare gli altri sia un residuo genetico della nostra antica battaglia evolutiva di competere nella gara della selezione naturale, dove il vincitore prende tutto. Mentre ciò calza a pennello in quella cornice teorica, non fa altrettanto nelle nostre anime.

Noi sappiamo istintivamente, a un livello più profondo di quello che i nostri interessi e il rinforzo sociale riescono a illuminare, a un livello così primitivo quanto il nostro orgoglio (se non di più), che siamo fatti per comportarci diversamente dalle altre creature. Noi sappiamo che il comportamento “Alfa” che ha dato origine al gorilla dalla schiena argentata, per alcune ragioni non è diventato noi.

 

Sappiamo che l’orgoglio è patologico.

Sappiamo che per noi l’orgoglio è patologico. Possiamo cimentarci quanto vogliamo, ma non possiamo fare pace con la nostra presunzione. Quando ci proviamo, dobbiamo impegnarci molto per reprimere la nostra coscienza che continua ad avvertirci della sua malignità. Se non vediamo chiaramente il male in noi stessi, lo notiamo di certo negli altri. Quando lo riportiamo su una scala abbastanza ampia, qualcosa ci dice che è stato violato un bene che trascende addirittura l’interesse della specie umana. La malvagità di Hitler è ancora troppo vicina a noi per essere ignorata.

 

Ciò che troviamo attraente nelle persone umili è l’Imago Dei.

 

Sappiamo per istinto che l’orgoglio è segno di un animo umano inferiore, mentre l’umiltà è segno di una persona di grande animo. Questo è il motivo per cui gli esseri umani hanno sempre guardato la vera umiltà come davvero onorevole, mentre considerano mostri umani coloro che agiscono perlopiù come animali alfa. Troviamo qualcosa di patetico e degradante nell’uomo che deve avere più donne, più potere o più attenzione che riesce a ottenere. Sappiamo che questo tradisce un vuoto nella sua anima.

Come sappiamo queste cose? Nel profondo, nei più profondi recessi della nostra persona, forse scritti nel nostro codice genetico, portiamo l’antica conoscenza storica che noi umani siamo fatti a immagine di Dio (Gen. 1:26), diversamente dalle altre creature terrestri. Noi siamo unici, c’è una santità in noi, e siamo soggetti a una legge morale che ci richiede di “praticare la giustizia, e amare la misericordia, e camminare umilmente con il nostro Dio” (Mic. 6:8)

Siamo attratti dall’umiltà perché siamo progettati per essere attratti da Dio. Ciò che troviamo attraente nelle persone umili è l’Imago Dei.

 

Cos’è l’umiltà?

Trovo che la maggior parte delle definizioni che il dizionario fornisce della parola “umiltà” non siano veramente utili. Esse tendono a enfatizzare la qualità di uno che non si ritiene migliore degli altri, che comunque è una qualità biblica (Fil. 2:3), ma questa è più un’espressione dell’umiltà piuttosto che una sua definizione.

Un’utile definizione biblica di umiltà si trova in Romani 12:3, dove Paolo dice che una persona “non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno”. In altre parole, l’umiltà è una stima accurata della nostra importanza in relazione a Dio e agli altri. Non è autoesaltazione o automortificazione inappropriata. L’orgoglio di conseguenza è la sovrastima della nostra importanza in relazione a Dio e agli altri.

 

Perché l’umiltà appare diversa in Dio e in noi

Dio è umile, la persona più umile che esista. Lui è anche il più grande. Così l’umiltà di Dio, la sua stima precisa, la sua autostima in relazione a tutto il resto, è santa. La sua espressione è unica rispetto a chiunque altro.

Per esempio, poiché Dio è supremo in ogni cosa, compreso essere superbamente soddisfacente per noi, per lui non è orgoglio dichiararlo (Sal. 97:9; Fil. 2:9), e poiché noi esprimiamo sempre le nostre più grandi gioie lodandolo, Dio non comanda invano la nostra lode. L’umiltà e l’amore di Dio infatti necessitano che egli ci esorti a godere delle nostra più profonda soddisfazione invece di una minore.

Quando stimiamo in modo preciso la nostra importanza in relazione a Dio e a tutto il resto, la esprimiamo in modo diverso da Dio stesso, poiché noi non siamo Lui. Se ordinassimo agli altri di lodarci, sarebbe l’apice dell’orgoglio.

 

Siamo attratti dall’umiltà perché siamo progettati per essere attratti da Dio.

 

La vera umiltà ci spinge agli estremi: da una parte c’è il glorioso privilegio di essere portatori dell’immagine di Dio, una realtà che riusciamo a malapena a comprendere; dall’altra parte abbiamo terribilmente peccato contro Dio (Rom. 3:23) ed è stata necessaria la morte di Gesù per redimerci (2 Cor. 5:21), essendo una realtà la profondità del peccato nella quale siamo quasi piombati. Bisogna poi considerare che il nostro diritto di possesso e il nostro impatto su questa terra è paragonabile all’erba (Sal. 103:15).

 

Attratti da Gesù

L’umiltà di Dio non è però sempre espressa in modo diverso dalla nostra, sebbene noi non arriveremo mai alla sua portata. C’è un posto dove vediamo chiaramente l’altezza della sua gloria nella profondità della sua maestosa umiltà, e quando veramente la vediamo, essa risuona nei luoghi più profondi della nostra psiche: nell’incarnazione e nella crocifissione di Gesù.

 

“ il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil. 2:6-8).

 

Eccola qui. Ecco l’umiltà che tutti, tranne coloro con i cuori più induriti tra noi, trovano magnifica. Questa è la ragione fondamentale per cui siamo attratti dalle persone umili: perché vediamo in loro una somiglianza di Dio in Cristo.

L’invito meraviglioso che ci fa Dio attraverso Paolo e di “avere questo sentimento”, poiché in Cristo ciò può essere nostro (Fil. 2:5). Oggi possiamo avere questo sentimento pentendoci di ogni orgoglio di cui siamo consapevoli, abbracciando un’onesta autovalutazione di chi siamo, meditando su Filippesi 2:1-11, e ubbidendo a cosa dice.

 

Traduzione a cura di Paola Rochira

 

 

Tematiche: Crescita spirituale, Famiglia, L'amore di Dio, Vita Cristiana

Jon Bloom

Jon Bloom

 

È cofondatore, presidente del consiglio direttivo e scrittore per Desiring God. Ha scritto tre libri intitolati Non per visione, Realtà che non si vedono e Don’t follow your heart. Lui e sua moglie hanno cinque figli e vivono a Minneapolis.

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