Vivere dimostrando che Egli sia più prezioso della vita (parte 3)

 

 

Il libro da cui è tratta questa serie di 3 articoli è “Non sprecare la tua vita”. Questo libro è stato pubblicato in lingua inglese nel 2003. É lo scritto più diffuso del pastore e autore John Piper. Frutto di una predicazione ad un raduno prettamente per giovani credenti in un luogo pubblico (clicca qui per vedere il video), ha sfidato quella generazione a non sprecare la vita per il nulla, a vivere rischiosamente, a vivere alla gloria di Dio e per una bene eterno migliore.

 

Che quella preghiera possa essere la sfida che anche oggi in Italia giovani e più anziani possano prendere per Cristo affinché anche la nostra nazione conosca il vangelo di Gesù Cristo mediante la luce diffusa di tutti i figli di Dio.

 

Per questo motivo, Coram Deo rende oggi disponibile questo testo storico al prezzo speciale di 4,00 euro affinché tu, il tuo gruppo giovanile, la tua famiglia, e la tua chiesa possa beneficiare degli insegnamenti, le sfide e le benedizioni che potrai ricevere studiando questo testo.

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Andrea Artioli

Editore

 

 

Ispirando sacrificio per cause minori

In tempo di guerra i peccatori si elevano a considerevoli livelli di sacrificio per delle cause inferiori a quella di Cristo. La causa più eccelsa al mondo è salvare gioiosamente le persone dall’inferno, soddisfare i loro bisogni materiali, renderle liete in Dio, e farlo con un piacere cortese e serio che faccia apparire Cristo per quel Tesoro che è. Nessuna guerra in terra è stata mai combattuta per una causa più elevata o per un Re più nobile.

Pensate però quali rischi e quali sacrifici sono stati ispirati da queste cause minori! Il 19 febbraio 1944 cominciò la battaglia di Iwo Jima. Era un’isola spoglia, di una decina di chilometri quadrati, a novecento chilometri a sud di Tokyo, presidiata da 22.000 giapponesi pronti a combattere fino alla morte (e lo fecero). Proteggevano due piste di atterraggio di cui gli Stati Uniti necessitavano per lo sforzo strategico di contenere l’aggressione Giapponese dopo Pearl Harbor, e preservare la libertà così cara all’America.

Si trattò di una grande causa e il sacrificio coraggioso fu impressionante.

 

Le statistiche mostrano il sacrificio del II Battaglione agli ordini del Colonnello Johnson: 1.400 uomini (molti al di sotto dei vent’anni) sbarcarono sull’isola; a questi si aggiunsero 288 rimpiazzi nel corso della battaglia, per un totale di 1.688 effettivi. Le perdite furono 1.511, e dei 177 sopravvissuti, 91 furono feriti almeno una volta e tornarono in battaglia. Furono necessari ventidue affollati trasporti per sbarcare la V Divisione; molto meno stipati erano i sopravvissuti sulle otto navi del ritorno. Gli americani uccisero 21.000 giapponesi, ma subirono più di 26.000 vittime. Sarebbe stata l’unica battaglia nel Pacifico in cui gli attaccanti avrebbero sofferto perdite superiori ai difensori. I marines combatterono nella II Guerra Mondiale per quarantatre mesi, eppure in un solo mese, a Iwo Jima, subirono un terzo di tutti i caduti. Si lasciarono alle spalle i più grandi cimiteri di guerra del Pacifico: quasi 6.800 tombe, segnate dalle croci e dalle stelle. Migliaia di famiglie non ebbero la consolazione di riavere un corpo per l’ultimo saluto: solo la comunicazione astratta che il loro caro era “caduto nell’adempimento del proprio dovere”, e sepolto in una data fila di tombe con un dato numero. Mike: fila 5, lapide 694; Harlon: fila 6, lapide 912; Franklin: fila 7, lapide 2189. Quando penso a loro, mi viene in mente un messaggio che qualcuno ha inciso fuori dal cimitero:

 

Quando torni a casa

Parlagli di noi e dì:

Per il vostro domani

Abbiamo dato il nostro oggi.

 

Signore, non lasciare che sprechi la mia vita!

Sono profondamente toccato dal coraggio e dal massacro di Iwo Jima. Nel leggere le pagine di quella vicenda, tutto in me esclama: “Signore, non lasciare che sprechi la mia vita!”. Fammi giungere alla fine – vicina o lontana – e possa io dire alla famiglia, alla chiesa, alla città ed ai popoli non ancora raggiunti: “Per il vostro domani, ho dato il mio oggi. Non solo per il vostro domani sulla terra, ma per gli innumerevoli domani della vostra crescente gioia in Dio”.

Più consideravo i soldati in questa vicenda della II Guerra Mondiale, più sentivo il desiderio che la mia vita contasse e che fossi in grado di morire bene.

 

Mentre la mattinata piovosa cedeva il passo al pomeriggio, ed i combattimenti scemavano, i marines continuarono a subire perdite. Spesso era il personale medico a morire, nel tentativo di salvare vite. William Hoopes, da Chattanooga, stava accovacciato accanto ad un medico di nome Kelly che sporse la testa sopra una trincea, portando il binocolo agli occhi, e scorse un cecchino nella sua zona. In un attimo fu colpito al pomo d’Adamo. Hoopes, di professione farmacista, lottò disperatamente per salvare il suo amico: “Presi le mie pinze ed entrai nel collo per clampare l’arteria. Il sangue stava sprizzando. Lui non parlava, ma mi osservava. Sapeva che stavo cercando di salvargli la vita. Provai di tutto, ma non ci riuscii. Il sangue era così viscoso che non trovai l’arteria. Facevo il possibile e lui continuava ad osservarmi, dritto negli occhi. L’ultimo gesto, mentre la perdita di sangue diminuiva, fu di toccarmi il braccio, come a dire: «Va tutto bene». Poi morì”.

 

In questo momento straziante io voglio essere Hoopes, io voglio essere Kelly. Voglio poter dire ai sofferenti ed ai moribondi: “Ho tentato ogni cosa… Ci ho provato così duramente”. Ed a quanti mi circonderanno alla mia morte, voglio essere in grado di dire: “Va tutto bene. Vivere è Cristo e morire è guadagno”.

Quando la foschia si dirada

In tali momenti, quando la foschia della vita si dirada e scorgo ciò per cui realmente mi trovo sulla terra, mi dolgo delle aspirazioni sciocche che sprecano così tante vite, e così tanto della mia esistenza. Basti pensare alla magnitudine dello sport, capace di occupare un’intera sezione del quotidiano. Ma non ci sono sezioni in Dio. Pensa alle infinite risorse destinate a migliorare la casa e il giardino. Pensa alle migliaia di dollari che puoi spendere per acquistare più macchine di quante te ne servano. Pensa al tempo, all’energia e alla conversazione che sfociano nell’intrattenimento e nella frivolezza. Aggiungi a tutto ciò il computer, che artificialmente riproduce giochi già di per sé così distanti dalla realtà, e il risultato è uno stratificato mondo di sogno d’insignificanza che si espande nel nulla.

 

Consumati dai vestiti

Che dire poi dei vestiti? Che tristezza vedere così tanti ragazzi ossessionati da quello che indossano e dalla loro apparenza. Persino i giovani credenti sembrano incapaci di porsi interrogativi maggiori di: “Che male c’è?”. Dovrebbero invece chiedersi: “Questi vestiti mi aiuteranno a magnificare Cristo? Indicheranno alle persone che Lui è il Tesoro della mia vita? Sottolineeranno la mia personalità, creata ad immagine di Dio, per servire, oppure metteranno in mostra la mia sessualità? O la mia indolenza? Credetemi, i vestiti non mi dicono molto.

Ci sono alcuni motivi, piuttosto radicali e che esaltano Cristo, per vestirsi in modo modesto. Nel mare della moda e delle contro-tendenze (ugualmente tiranniche), la mia esortazione è che siate più dei delfini che delle meduse.

 

Bisogna spingersi oltre l’adolescente che scrisse allo Star Tribune di Minneapolis in risposta a una lettera all’editore:

Come adolescente, ciò che indossi sta purtroppo diventando sempre più importante. A dire il vero, anch’io trovo offensivi alcuni degli abiti che indosso. La lettera parlava di ragazze capaci di vestirsi alla moda e con buon senso. Fatemi vedere come sia possibile e lo farò. La maggior parte delle mie amiche spesso non si sente a proprio agio con ciò che va di moda, ma lo indossiamo comunque. Andare contro corrente non val sempre la pena. La società ci dice di essere diverse, ma alla moda. Come vestirsi per piacere a sé stessi, ai genitori e agli amici? Impossibile. Per essere accettati, gli adolescenti finiscono col compromettere i loro valori. Se vogliamo superare la scuola superiore, per non dire quella inferiore, senza essere tormentati, allora dobbiamo vestirci per piacere ai nostri coetanei. Siamo i futuri leader di questa nazione e dobbiamo osservare ciò che siamo diventati e cambiare.

 

Dove sono i giovani radicali per Cristo?

Quando penso alle spiagge di Iwo Jima e mi abbandono alla rivisitazione di quelle ore di coraggio e di sacrificio, ricordando l’età di quei militari, non riesco a riconciliarmi con le preoccupazioni sciocche dello stile di vita americano. Uno dei combattenti era giovanissimo. Ho letto la sua vicenda e vorrei parlarne ad ogni gruppo giovani nel Paese. Volete vedere cosa sia veramente alla moda? Volete vedere qualcosa migliaia di volte più impressionante di un salto mortale? Ascoltate la storia di Jacklyn Lucas:

 

Era entrato nei Marines a quattordici anni, sbaragliando le reclute col suo fisico possente… Assegnato come autista di camion alle Hawaii, si era scoraggiato; voleva combattere. Si nascose in una unità di trasporto-truppe che salpò da Honolulu, sopravvivendo col cibo passatogli di nascosto dall’equipaggio. Sbarcò a Iwo Jima senza fucile. Ne prese uno sulla spiaggia e si spinse combattendo verso l’interno. Il giorno successivo allo sbarco, Jack e altri tre stavano strisciando attraverso una trincea quando otto giapponesi gli si pararono davanti. Jack ne uccise uno, quindi il suo fucile si inceppò. Mentre lo stava sbloccando, una granata atterrò ai suoi piedi. Gridò un avvertimento agli altri e spinse la granata sotto la sabbia. All’improvviso ne atterrò un’altra, e Jack Lucas, diciassettenne, cadde su entrambe. “Jack, morirai”, ricordò di aver pensato… A bordo della nave ospedale Samaritan, i dottori stentarono a crederci. Uno affermò: “Forse era maledettamente troppo giovane o troppo forte per morire”. Quel ragazzo si sottopose a ventuno interventi ricostruttivi e divenne il più giovane vincitore della Medaglia d’Onore, e l’unico liceale a riceverla.

 

Nel leggere questa vicenda, ho considerato tutto ciò che i liceali pensano sia di moda. Mi sono seduto sotto il portico dove stavo leggendo e ho riflettuto: Signore, chi andrà da loro per dargli qualcosa degno di essere vissuto? Sprecano i loro giorni in una trance di insignificanza, cercando di apparire, di parlare e di essere alla moda. Non hanno idea di cosa sia il valore.

 

Cito un’altra storia per rimarcare il punto. Riguarda Ray Dollins, un pilota a Iwo Jima.

La prima ondata di mezzi da sbarco partì alla volta della spiaggia. I caccia della Marina stavano completando il loro attacco a bassa quota. Mentre l’ultimo pilota stava risalendo, i giapponesi ripresero le armi e crivellarono l’aereo. Il maggiore Ray Dollins tentò si risalire, mentre si dirigeva verso l’oceano, così da evitare di precipitare sui Marines diretti alla spiaggia, ma i danni subiti non glielo consentirono. Il tenente Keith Wells osservò la scena dal mezzo da sbarco… “Lo vedevamo ai comandi, intento a provarle tutte. Stava precipitando su un gruppo di mezzi, quando, all’ultimo secondo, rovesciò l’aereo e puntò sull’acqua in mezzo a due unità piene di blindati. Guardammo l’acqua esplodere nell’aria”. Il personale militare in ascolto via radio dalle navi non si limitò a vedere Dollins precipitare, ma ascoltò anche le sue ultime parole. Fu un’ardita parodia:

 

Oh, che bella mattinata

Oh, che bella giornata,

Ho una brutta sensazione

Tutto mi sta andando storto.

 

Ovviamente, non usiamo il termine “ganzo” per descrivere la grandezza autentica. È troppo piccolo, è dozzinale. Ed è ciò per cui vivono milioni di ragazzi. Chi li scuoterà con urgenza e lacrime? Chi li implorerà a non sprecare le loro vite? Chi li prenderà, per così dire, per la collottola e li amerà a tal punto da mostrare loro una vita così radicale, reale, sacrificale e satura di Cristo, da far loro sentire il vuoto e la banalità delle loro collezioni di CD e delle conversazioni insignificanti sulle celebrità del momento? Chi risveglierà quanto giace latente nelle loro anime: l’anelito di non sprecare le loro vite?

 

L’esortazione del mio cuore

Oh, che i giovani e gli anziani spegnessero la televisione, facessero una lunga passeggiata e sognassero atti di eroismo per una causa migliaia di volte più importante della democrazia statunitense, fermo restando il suo valore. Se sognassimo e pregassimo, Dio forse non ci risponderebbe? Ci priverebbe forse di una vita di amore, di misericordia e di sacrificio gioiosi, che magnifichi Cristo e che renda le persone liete in Dio? Ti supplico, mentre prego per me stesso: sii risoluto ad unirti a Gesù sulla via del Calvario. “Usciamo quindi fuori dall’accampamento e andiamo a lui portando il suo obbrobrio. Perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13:13-14). Quando vedranno il nostro amore sacrificale – radioso di gioia – non diranno forse: “Cristo è grande”?

 

 

 

Questo articolo è tratto dal libro di John Piper Non sprecare la tua vita, edizioni Coram Deo.

 

Non sprecare la tua vita

 

Foto di Nathan Dumlao su Unsplash

 

 

Tematiche: I nostri libri, Vangelo, Vita Cristiana

John Piper

John Piper

È il fondatore di Desiring God, per il quale ricopre anche il ministero di insegnante, inoltre, è il rettore del Bethlehem College & Seminary. Ha servito per trentatré anni come pastore presso la chiesa battista Bethlehem Baptist Church di Minneapolis, in Minnesota e ha scritto più di cinquanta libri, tra cui e Non sprecare la tua vita (Ed Coram Deo), Rischiare è giusto (Ed Coram Deo), Coronavirus e Cristo (Ed Coram Deo), Stupefatto da Dio (Ed Coram Deo) e Desiderare Dio.

© Coram Deo

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