Cristianesimo conflittuale

 

 

Il tipo di uomo che odi rivela che tipo di uomo sei. “Ma io lo odio”, dichiarò Achab a proposito di Mikaiah, il profeta di Dio.

Giosafat, il giusto re di Giuda, si sedette con Achab, il malvagio re di Israele, per deliberare su una questione: dovevano entrare in guerra insieme contro la Siria? La pace con la nazione pagana era durata tre anni, ma Achab desiderava la città strategica di Ramoth-Gilead per Israele. Egli disse a Giosafat: “Non sapete voi che Ramoth di Galaad è nostra e noi ce ne stiamo tranquilli, senza riprenderla dalle mani del re di Siria?” (1 Re 22:3).

Giosafat acconsente a combattere con Achab, ma desidera prima ascoltare il Dio di Israele. Achab chiama i suoi quattrocento profeti che, a una sola voce, danno il loro convinto “Amen”! “Salite”, dicono, “perché il Signore lo darà in mano al re” (1 Re 22:6).

 

Il tipo di uomini da cui si chiede consiglio ci dice che tipo di uomo si è

 

Questi uomini non erano messaggeri di Yahweh e il re Giosafat lo sapeva. Diplomaticamente, chiede: “Non c’è qui un altro profeta dell’Eterno? che possiamo consultare?” (1 Re 22:7). Per Giosafat, quattrocento consiglieri di qualsiasi altro dio non potevano sostituire un uomo di Yahweh. Ce n’è uno, risponde Achab con riluttanza, Mikaiah. “Ma io lo odio”, brontola Achab prima di tacersi per discrezione.

Perché Achab odiava il vero profeta? “Lo odio perché non profetizza mai nulla di buono nei miei confronti ma soltanto del male” (1 Re 22:8).

Achab amava i quattrocento yes-men che lo circondavano. Amava i profeti che banchettavano con lui, profetizzando convenevoli. Amava sentirsi riportare inalterati i propri pensieri positivi. Amava solo le parole di affermazione, le parole positive, non quelle indomite e imprevedibili del vero profeta di Dio. Il tipo di uomo che Achab odiava rivelava il tipo di uomo che era.

 

Che tipo di uomo sei?

Ora, vediamo la storia dal punto di vista di Mikaiah (lo scopo di questo articolo): Il tipo di persona che ti disprezza può anche dirti che tipo di uomo sei. Achab odiava Mikaiah perché Achab odiava il Dio di Mikaiah.

Non era forse perché Achab non riusciva a separare comodamente il servo dal suo padrone? La fedeltà di Mikaiah al Dio vivente non era superficiale, non era un passatempo religioso da prendere e buttare. Achab sapeva che Mikaiah non serviva il Signore solo durante le ore di ufficio. La sua devozione andava al cuore. Achab avrebbe ucciso il profeta prima di uccidere la sua fede. Si può dire lo stesso di noi?

Questo figlio di Imlah era un uomo di Dio in tutto e per tutto. Che parlasse ai falsi profeti o al re stesso, era l’uomo del suo Maestro. Che fosse colpito in faccia e interrogato da Sedechia o gettato in prigione da Achab, era l’uomo del suo Maestro. Sia che Achab lo invitasse a banchettare alla tavola di Jezebel, sia che lo invitasse a degustare il vino della vigna di Naboth, sia che gli chiedesse di entrare in guerra con la Siria, Achab sapeva cosa poteva aspettarsi da questo solitario profeta del Signore: di avere a che fare con l’uomo del Signore. Achab poteva aspettarsi la verità di Dio detta attraverso il messaggero di Dio. E per questo lo odiava.

Cristianesimo conflittuale?

Allora, potremmo chiederci: le persone giuste non ci amano?

Cosa? potresti pensare. Se siamo credenti maturi – veramente umili, gentili, pazienti, amorevoli e compassionevoli – saremo mai antipatici? L’odio e il disgusto possono essere riservati a quei professori polemici e antipatici, ma non a noi. Cembali tintinnanti, mosche che ronzano intorno all’orecchio, calabroni che pungono chi non è d’accordo: questi sono giustamente antipatici. Ma noi diamo una risposta gentile. Ascoltiamo e rispettiamo gli altri.

Molti cristiani occidentali, mi sembra, sono tentati e indulgenti verso una gradevolezza sconosciuta a Mikaiah. Siamo pronti a dare la parola compassionevole, l’incoraggiamento tenero, l’incoraggiamento positivo – ma non rischiamo mai nulla che possa dispiacere. Non siamo più antipatici perché non diciamo molte cose antipatiche allo spirito del tempo. I miscredenti al lavoro, in rete o in famiglia si sentono liberi di far sfilare le loro bestemmie e le loro perversioni davanti alle nostre orecchie e ai nostri occhi senza alcun ritegno, ma a noi, apparentemente, tocca tacere e lasciarli morire per educazione.

Nessuno ci scambia per Giuda, Elia, Paolo, Giovanni Battista o i Figli del Tuono. O Gesù, se è per questo. Lo zelo per il nostro Dio e la sua casa non ci consuma. Evitiamo di dover riferire: “Poiché lo zelo della tua casa mi ha divorato, e gli oltraggi di chi ti oltraggia sono caduti su di me” (Salmo 69:9). Gesù, con quell’aggressività che lo spinge a farsi una frusta, che fa piazza pulita del tempio, non è la nostra scelta di cristianesimo. Anzi, quel cristianesimo conflittuale non sembra affatto cristianesimo, nonostante la testimonianza coerente del Nuovo Testamento.

 

Odiati per il Maestro

Ora, abbiamo bisogno dei nostri gentili e amati Giovanni. Dobbiamo riconoscere che il nostro gentile e amato Giovanni fu anche perseguitato ed esiliato per essere stato intransigente con la verità del suo Maestro. Scrisse la sua ultima lettera come fratello e compagno di tribolazione, esiliato “nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù” (Apocalisse 1:9). Per quanto possiamo polemizzare, non possiamo cancellare l’offesa della croce.

Che cosa sto dicendo? Se nessuno vi disprezza a causa di Cristo, probabilmente non è perché siete diventati con i perduti più grandi, più accattivanti, più amichevoli Gesù, degli apostoli o della schiera di cristiani perseguitati e martiri nella storia della Chiesa. Se nessuno vi disprezza a causa di Cristo, probabilmente è perché avete taciuto troppo su Gesù, siete stati troppo tiepidi nei suoi confronti o troppo simili al mondo perché possano notare la differenza.

Non era questo parte del messaggio di Gesù ai discepoli nella stanza di sopra?

Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma io vi ho scelto dal mondo, perciò il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: “Il servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Tutte queste cose ve le faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato (Giovanni 15:19-21).

Se portiamo una testimonianza autentica di Gesù abbastanza a lungo, il mondo ci odierà. Non perseguiamo il loro odio, ma ci prepariamo ad affrontarlo. Avete una categoria per questo? Vi aspettate pacche sulle spalle da coloro che inchioderebbero di nuovo il Maestro in croce se potessero? Dovrebbero trattarci meglio di lui? Io l’ho pensato – o almeno l’ho sperato. Le mie lotte nei momenti di quiete sono state:

Devo essere portato in cielo

Su letti fioriti di facilità,

mentre altri lottano per vincere il premio

e navigano in mari insanguinati?

 

Non ci sono nemici da affrontare per me?

Non devo arginare il diluvio?

Questo mondo ignobile è amico della grazia per aiutarmi a raggiungere Dio?

(Dall’ inno Sono un soldato della croce di Isaac Watts)

“Guai a voi”, ha insegnato Gesù, “quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché allo stesso modo facevano i padri loro verso i falsi profeti” (Lc. 6:26). È un cattivo presagio per Achab e i suoi quattrocento uomini che applaudono. “Che cosa ho fatto di male”, si chiese una volta Socrate, “perché quel villano mi abbia appena lodato?”. Spurgeon commenta: “E così il cristiano può dire: “Che cosa ho fatto di male, che quel tale ha parlato bene di me, perché se avessi fatto bene non l’avrebbe fatto; non ha senso lodare la bontà, avrebbe potuto solo applaudire ciò che si adattava ai suoi gusti” (“Citizenship in Heaven”).

L’odio del mondo non sempre conferma la nostra fedeltà a Cristo. Può essere dovuto al nostro stesso peccato. Ma in questo mondo indisciplinato, dobbiamo considerare, come Mikaiah, che il cipiglio, e persino una cella, possono essere un segno di fedeltà migliore dei sorrisi e delle congratulazioni.

 

L’amore in un’epoca ipersensibile

Dopo un delicato rimprovero da parte di Giosafat, Achab manda a chiamare il profeta del suo disgusto. Una volta trovato, il delegato di Achab prepara Mikaiah per l’incontro: “Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel dichiarare cose buone al re; ti prego sia la tua parola come la parola di ognuno di loro, e dichiara anche tu cose buone” (1 Re 22:13). Parla in modo favorevole, Mikaiah. Bada alla tua lingua. Non preoccuparti, lo fanno tutti. Mikaiah risponde:

“Com’è vero che l’Eterno vive, io dirò ciò che l’Eterno mi dirà” (1 Re 22:14).

Come il Signore vive, ciò che il Signore mi dice, io lo dirò. È questo il mio motto? È il vostro? Anche quando ci costerà?

Una parola ai colleghi pastori: amiamo confortare la nostra gente. Ci piace incoraggiarli. Amiamo portare loro la lieta novella della grande grazia di Dio. Questo non solo dobbiamo farlo, ma possiamo farlo. Lavoriamo con loro per la loro gioia (2 Cor. 1:24). Eppure, in un’epoca ipersensibile alle parole dure, dobbiamo ancora avvertire, correggere, rimproverare pecore e lupi per amore – a prescindere da tutto.

Così come possiamo trovare troppo Achab nella cultura (e anche nella Chiesa), potremmo anche trovare troppo poco Mikaiah in noi. Ma come Cristo vive, ciò che il nostro Dio dice, noi lo dobbiamo dire.

 

Santi folli

David Wells, nel suo classico No Place for Truth, ci offre l’immagine del pastore nel mondo moderno come “il santo folle”. Rifiutandosi di “guidare tenendo in alto le dita umide per percepire i cambiamenti del vento”, quest’uomo è in debito con il suo Maestro. Wells spiega:

Finché ammantavano i loro consigli di umorismo, i giullari erano in grado di dire a re e principi cose che per chiunque altro sarebbero state fatali. Felice il re che aveva un buon buffone. E felici sono quelle chiese i cui ministri sono allo stesso modo emancipati dai vincoli degli interessi di classe e delle aspettative sociali, liberi di esporre le follie della modernità alla luce della verità di Dio (p. 250).

Che tipo di uomini siamo? Siamo dei santi folli per Gesù che sono stati liberati dagli interessi di classe e dalle aspettative sociali? Siamo uomini del Re? Le maledizioni possono essere complimenti – e più che complimenti, benedizioni. “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno, vi scomunicheranno e vitupereranno, e bandiranno il vostro nome come malvagio, a causa del Figlio dell’uomo” (Lc. 6:22).

Il tipo di uomini che ci odiano rivelerà che tipo di uomini siamo.

 

 

Traduzione a cura di Susanna Giovannini

 

 

Tematiche: Conflitti, Cristianesimo, Divisioni

Greg Morse

Greg Morse 

E’ uno degli scrittori dello staff di desiringGod.org e si è laureato al Bethlehem College & Seminary. Lui e sua moglie Abigail vivono a St. Paul.

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