Il papa-teologo che ha combattuto (e perso?) per l’ortodossia cattolico romana

 

 

 

I tratti erano di un uomo schivo e delicato. La tempra era quella di un combattente. Joseph Ratzinger (1927-2022) li incarnava entrambi. La voce era quasi femminile, la volontà era ferrea. Da giovane aveva sognato di fare il professore e di dedicarsi alla ricerca. Fu Paolo VI che lo nominò vescovo di Monaco e poi cardinale investendolo di responsabilità di governo importanti. Come se non bastasse, fu Giovanni Paolo II che lo volle a Roma come Prefetto dell’ex-Sant’Uffizio ad arginare l’onda della teologia della liberazione e a rilanciare la missione cattolica nel mondo con Catechismo della Chiesa cattolica e col giubileo del 2000.

 

Morto Giovanni Paolo II, fu scelto come successore nel 2005 per continuarne l’azione. Tuttavia, il mondo era cambiato e la chiesa cattolica stava cambiando. Il primo si mostrava sempre più insofferente alle prese di posizioni contrarie al politicamente corretto della cultura progressista. La seconda non era più composta da praticanti, ma sempre più da gente che non aveva più la minima idea di cosa fosse la fede romana. Inoltre, sotto il papato di Ratzinger cominciarono ad esplodere gli scandali sessuali e le opacità finanziare di un sistema malato. Benedetto non aveva più le energie di un tempo. Provò a tenere il punto in un mondo sempre più insofferente. Cercò di ripulire la chiesa dalla sporcizia. I suoi tentativi, sempre più deboli, si scontrarono con una crescente impasse: di qui la irrituale decisione di rassegnare le dimissioni dall’ufficio papale. Sotto di lui, Roma ha visto inasprirsi una crisi da cui non si è ancora veramente ripresa e lui l’ha incarnata biograficamente. Il suo declino fisico era specchio di un’implosione di sistema.

 

Dopo di lui è venuto Francesco che, come papa, è agli antipodi di Ratzinger. Si può dire che tutti gli accenti della teologia di Ratzinger sono stati spostati da Bergoglio. La casa è la stessa, ma sono stati ridipinti muri e risistemati i mobili. Per certi versi, sembra irriconoscibile e forse, nel silenzio della sua solitudine, Benedetto se ne è reso conto. D’altra parte, Francesco lo trattava come il “vecchio nonno”. Non era solo un’espressione affettuosa, ma forse un giudizio teologico. Roma non ha cambiato casa (rimane teologicamente sempre la stessa!), ma ha cambiato arredamento nel tentativo di rinfrescare gli ambienti.

 

Si può dire che la linea di Ratzinger sia stata sconfitta? Per un certo verso sì: lui si è dimesso e chi è ora al vertice della chiesa di Roma ha tutt’altro in testa dell’agenda Ratzinger. D’altra parte, è anche vero che i risultati del papato targato Francesco sono deludenti, molto al di sotto delle aspettative. La crisi del cattolicesimo, inasprita sotto Benedetto, continua sotto Francesco. L’inversione di tendenza non si è realizzata. Sia il cattolicesimo identitario di Ratzinger che quello liquido di Francesco sono due variabili sotto pressione. Il sistema cerca di cambiare tattica senza modificare l’impianto dottrinale. Senza una riforma evangelica, tuttavia, il pendolo scivolerà ora verso il polo romano (Benedetto), ora verso quello cattolico (Francesco), trovando sempre un equilibrio che consentirà al cattolicesimo di sopravvivere a sé stesso.

 

Anche se Ratzinger non ha fatto solo il professore, la sua Opera omnia consta di ben 16 volumi tradotti in decine di lingue. Ha scritto di temi teologici (Introduzione al Cristianesimo è il suo libro più famoso), esegetici-pastorali (i suoi ultimi libri su Gesù di Nazaret sono stati un successo editoriale) e, da papa, un’infinità di omelie e discorsi. La sua teologia si colloca nella scia del “rinnovamento-nella-continuità” tipica del migliore pensiero cattolico. Per lui il “sola Scrittura” della Riforma era impensabile. Il “solo Cristo” doveva includere la mediazione dei santi e di Maria. Ai suoi occhi, gli evangelici erano un fenomeno bizzarro, tra la setta e il nuovo movimento religioso. Questo per dire che, nonostante il suo essere “conservatore” e “tradizionale”, la sua era un’ortodossia cattolico-romano a tutto tondo che non aveva posto per i “cinque sola/solus” della fede evangelica.

 

 

Per approfondire la teologia di Ratzinger, rimando ai miei articoli:

 

– “Progressive, Conservative or Roman Catholic? On the Theology of Joseph Ratzinger in Evangelical Perspective”, Perichoresis 6.2 (2008) pp. 201-218.

– “L’Europa di Ratzinger”, Studi di teologia NS 40 (2008/2) pp. 182-185.

– “Lumen Fidei. La prima enciclica di papa Benedetto”, Vatican Files (2013)

– “The Theology of Pope Benedict: Looking for a Deeper Protestant Evaluation”, Vatican Files (2020)

 

E alle recensioni a:

– J. Ratzinger, Jesus of Nazareth (2011) in Evangelical Review of Theology 35:4 (2011) pp. 369-371.

– P. Seewald, Benedict XVI. A Life (2020); “Renewing Rome from Within: A Biography of Benedict XVI”, The Gospel Coalition (January 20, 2022) (tr. cinese; tr. coreana);

– P. Seewald, Benedetto XVI, Milano, 2020: Studi di teologia 67 (2022/1) pp. 115-116.

 

 

Tematiche: Cattolicesimo, Chiesa, Teologia

Leonardo De Chirico

Leonardo De Chirico

 

È pastore della chiesa Breccia di Roma (www.brecciadiroma.it), professore di teologia storica all’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione di Padova (www.ifeditalia.org) e direttore della Reformanda Initiative (www.reformandainitiative.org).

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