La notte in cui Dio prese mia moglie: come il dolore ci ha reso prigionieri della grazia

 

Se avessi saputo che il Signore avrebbe chiamato mia moglie, Kyra, per andare a casa con lui, lo avrei implorato di prendere me al posto suo. Le nostre figlie avevano solo sei, quattro e due anni. Come potevo pensare di crescerle da solo? Era una cosa impensabile, non aveva alcun senso.

Come però sappiamo molto bene, le vie del Signore spesso non sono le nostre vie. Così, il 14 agosto 2015, dovetti fare i conti con una nuova realtà e con un mondo per me completamente nuovo, che prima era inconcepibile, un mondo in cui vivere ed essere un genitore senza avere al mio fianco la presenza della mia cara e preziosa moglie.

 

Il giorno in cui abbiamo perso Kyra

Il giorno precedente, io e Kyra stavamo preparando le valigie per ritornare a casa a Roma, dove lavoravamo e servivamo la chiesa evangelica da sei anni. Eravamo in Georgia per fare visita alle nostre famiglie ed eravamo felici di tornare a casa, tornare dagli amici e all’opera alla quale il Signore ci aveva chiamato.

Dato che era l’ultima sera che potevamo passare in compagnia della nostra famiglia, andammo a mangiare fuori e poi prendemmo il dessert da un’altra parte. Mentre stavamo godendo la compagnia reciproca, nessuno avrebbe potuto immaginare quello che stava per accadere, e come quella sera si sarebbe conclusa. Nessuno avrebbe mai pensato che quelle sarebbero state le ultime parole che avremmo scambiato con Kyra, almeno su questa terra.

Durante il viaggio verso casa, eravamo pensosi e silenziosi. Io stavo guidando, Kyra era nel sedile del passeggero, e le nostre due figlie più piccole erano nei seggiolini dietro di noi. La più grande era in macchina con i suoi nonni. A nostra insaputa, più avanti sulla strada su cui stavamo viaggiando, un camionista stava controllando il suo carico e si apprestava a mettersi in viaggio per il West Virginia.

Prima di partire, era uscito dal suo autocarro per ispezionare il mezzo. Scendendo dalla cabina, si dimenticò di tirare il freno a mano. Subito l’autocarro iniziò a scendere dalla rampa che portava all’autostrada che stavamo percorrendo.

La tempistica fu tale che l’autoarticolato a pieno carico entrò nell’autostrada proprio nel momento in cui stavamo superando la rampa dei camion, urtando il nostro veicolo. L’impatto fu tremendo. La nostra auto fu scaraventata da una corsia di traffico all’altra, prima di schiantarsi contro il guardrail sul lato opposto della carreggiata. Kyra ebbe la peggio nell’impatto e morì all’istante.

 

Un viaggio nuovo e inaspettato

Gli automobilisti in transito si fermarono e aiutarono come meglio poterono estraendo una delle nostre figlie dall’auto e mettendola in salvo. Aveva una gamba rotta e un brutto taglio in testa. Io e nostra figlia più piccola rimanemmo intrappolati per circa due ore prima che i soccorritori potessero liberarci dalle lamiere. Miracolosamente, riportammo soltanto dei piccoli traumi. Anche Kyra era rimasta intrappolata nel veicolo con noi, ma ero consapevole che il Signore l’aveva presa con sé.

Ci trasportarono in ospedali diversi, e i familiari iniziarono ad arrivare. Nostra figlia maggiore venne a trovarmi nella stanza dove mi avevano ricoverato, ma non conoscevo ancora la dinamica dell’incidente. Ricordo come fosse ieri che dovetti dirle che la mamma non sarebbe ritornata a casa. Posso ancora ricordare il suo pianto per la tristezza e la confusione di quel momento.

Fui dimesso quella sera stessa e mi misi in viaggio verso l’ospedale dove erano state ricoverate le nostre altre due figlie, e trascorsi una lunga notte accanto a loro. I giorni successivi sarebbero stati un vortice di emozioni, preso come fui dai preparativi per il funerale e dal dover imparare a fare i conti con una realtà completamente diversa. Era l’inizio di un nuovo viaggio.

 

Una misura maggiore di grazia

Questo nuovo viaggio avrebbe insegnato a me e alla mia famiglia nuove misure della stupenda grazia di Dio che prima non conoscevamo.

Queste misure maggiori di grazia sono profondamente radicate nel vangelo della Bibbia. La buona notizia è che coloro che ripongono la loro fede in Gesù Cristo sono perdonati dai loro peccati e ricevono una nuova vita. Non sono più schiavi del peccato, ma ora sono servi della giustizia (Romani 6:18). Questa nuova vita in Cristo è radicalmente diversa da quella di prima, in cui eravamo prigionieri della paura, della preoccupazione, dell’incertezza e del peccato. La fede in Cristo libera il credente e trasforma radicalmente la sua prospettiva sulla vita. La paura, la preoccupazione e l’incertezza della vecchia vita sono sostituite dalla pace, dalla speranza e della certezza della salvezza.

 Tuttavia, la fede in Cristo non è in alcun modo garanzia di una vita priva di difficoltà e sofferenza. In realtà, è vero il contrario. La sofferenza non è l’eccezione per il credente, ma la regola. L’apostolo Paolo avverte i suoi discepoli dicendo che tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo saranno perseguitati (2 Timoteo 3:12). Le prove sono normali.

 Ma la speranza del vangelo è che la vita in Cristo ci libera dalla paura prodotta dalla sofferenza e dalle prove. Mentre il peccato ci rende schiavi della paura, il vangelo ci libera dalla paura e ci rende prigionieri della grazia. L’apostolo Pietro afferma in modo chiaro: “Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente” (1 Pietro 5:10).

 

La sofferenza ci rende prigionieri della grazia

L’esperienza della perdita e della sofferenza ci rende dunque prigionieri della grazia di Dio e ci insegna che all’infuori di lui non ci sono speranza e pace durature. La grazia trasforma radicalmente la nostra prospettiva su come affrontare il dolore e la sofferenza, e ci insegna che possiamo persino avere gioia nella nostra sofferenza. Mediante la fede in Cristo, non siamo più schiavi della paura e della disperazione, ma prigionieri della grazia, quella grazia che Dio riversa su di noi per mezzo dell’ubbidienza e del sacrificio perfetto di suo Figlio.

Grazie alla misura maggiore di grazia che egli ha sparso su di me e sulla mia famiglia, l’inconcepibile compito di essere un padre solo con tre bambine piccole in un paese straniero è diventato un compito possibile. Se non fosse stato per la sua grazia abbondante, sarei rimasto schiavo della paura e della disperazione. Sono invece un prigioniero della sua grazia e, lentamente ma continuamente, Dio mi perfeziona, mi rende fermo e mi fortifica.

Durante tutto il tempo trascorso dalla morte di Kyra, solo la grazia di Dio ha dato a me e alle mie bambine (e al resto della nostra famiglia) la capacità di sopportare le prove che abbiamo dovuto affrontare. Grazie alla sua stupenda grazia, abbiamo persino potuto godere di grande pace e gioia, poiché il Signore ha operato e continua a operare mediante la sua chiamata a casa di Kyra.

E’ solo per la grazia di Dio, dimostrata dall’amore e dalla cura della chiesa, che io e le mie figlie siamo ritornati alle nostre vite e al ministero a Roma tre mesi dopo la morte di Kyra, cosa che pensavo fosse impossibile. Per la sua grazia, siamo ancora qui oggi.

 

Stupenda grazia che abbonda

Con tre figlie piccole da crescere, e tenendo conto delle situazioni che si presentano quando crescono e diventano grandi, iniziai ovviamente a chiedermi se il Signore mi avrebbe mai dato un’altra moglie e aiutante. Le mie figlie si chiedevano ad alta voce se avrebbero mai avuto un’altra mamma.

Ci auguravamo che questo sarebbe stato il piano del Signore, ma sapevamo che la sua grazia era sufficiente, e che egli avrebbe continuato a provvedere per noi come aveva sempre fatto. Avevamo imparato a dipendere dalla grazia di Dio, e questo era (e lo è ancora) il posto migliore dove stare.

Alla fine dello scorso anno, la grazia di Dio si è manifestata di nuovo in un modo molto tangibile, dal momento che il Signore ha portato mia moglie Steppie nelle nostre vite. Siamo nuovamente una famiglia di cinque persone, e quasi ogni giorno qualcuno mi dice quanto sono felici le bambine da quando c’è Steppie nelle loro vite. La differenza che lei ha fatto è evidente a tutti.

Con un semplice “Sì”, Steppie è diventata una moglie e la mamma di tre bambine. Come noi, anche lei sta imparando che cosa significa essere una prigioniera della grazia di Dio, ritrovandosi a dover vivere una vita a cui non aveva mai pensato né immaginato. Dipendendo dalla grazia di Dio, anche lei sta trovando grande gioia e piacere in questa storia, nonostante le sfide che la sua nuova realtà le presenta continuamente.

 

Non esiste posto migliore

Questa storia avrebbe potuto essere scritta da tante persone che hanno affrontato prove devastanti simili alla mia. Proprio questa settimana, mi è giunta notizia di amici di famiglia che hanno perso due figlie in soli due anni per una malattia. Nessuna delle loro figlie aveva ancora compiuto otto anni. Quale devastazione e quale sofferenza!

Ci si potrebbe domandare come sia possibile avere speranza e pace in mezzo a tali avversità. Grazie al cielo Cristo è il Salvatore di questa famiglia, e nonostante il dolore e la sofferenza inevitabili, Dio mostrerà loro la sua grazia in modi che non avrebbero mai immaginato.

Dio concederà loro una misura aggiuntiva di grazia, che porterà pace e speranza profonde che soltanto la fede nel Cristo vivente può dare. La sua grazia sarà sufficiente, proprio come lo è stata per noi. Insieme a questa famiglia e molte altre, siamo prigionieri della grazia di Dio, e al mondo non esiste condizione migliore di questa.

 

 

Questo articolo è stato pubblicato con il permesso di ImpattoItalia

Tematiche: Madre, Matrimonio, Santificazione, Sofferenza, Sovranità di Dio, Vita Cristiana

Reid Karr

Reid Karr

È anziano della Chiesa evangelica Breccia di Roma San Paolo e direttore aggiunto della Reformanda Initiative. È dottorando di ricerca in teologia presso Union School of Theology (GB) con una tesi di analisi evangelica sulla missiologia del Vaticano II.

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