Tre modi di vivere per il cielo (mentre sei ancora sulla terra)

Vivere per fede significa desiderare qualcosa di più di questo mondo.

 

Sono cresciuto in campagna a circa 15 km da Salem, in Oregon (USA), vivendo sempre nella stessa casa; in effetti, mia madre ha continuato a vivere in quella casa fino ai miei cinquantuno anni. Ero sempre entusiasta di tornare a casa: di solito ci andavamo una volta all’anno, viaggiando rispettivamente da Los Angeles (California), St. Paul (Minnesota) e Louisville (Kentucky). Circa 80 ettari circondavano la casa, proprio per questo i nostri bambini adoravano andarci ogni estate per le vacanze; ma nel corso degli anni, col passare del tempo, la vita ha trovato un modo molto netto nel ricordarci dove si trova la nostra vera casa.

Mio padre è morto nel 1982 e mia madre nel 2005 e, di conseguenza, non possiamo più tornare a casa. Anche se potessimo andarci, non sarebbe la stessa cosa senza mia mamma e mio papà. Attraverso eventi come questi, Dio organizza e dirige le nostre vite in modo da riconoscere la nostra vera casa. Il Signore vuole che sappiamo che la nostra vera casa non si trova qui sulla terra: i nostri cari muoiono, i nostri corpi si consumano, la nostra società cambia ed il tempo scorre. In effetti anche la nostra posizione nella vita cambia e, in un certo senso, tutto è in evoluzione. Dal nostro punto di vista nulla su questa terra è saldo. Per esempio, un minuto pensi che l’Iraq sia stabile e poi arriva l’Isis; oppure in un’occasione stai scoppiando di gioia, ma poi una grande tristezza o scoraggiamento arriva nella tua vita. Nonostante tutte queste cose, il nostro Dio sovrano e pieno di grazia non ci ha abbandonato e ha promesso che non ci lascerà né ci abbandonerà. Nel corso della nostra vita, il nostro Dio uno e trino ci ricorda dove si trova la nostra vera casa e, mentre lo fa, vuole che camminiamo per fede e non per visione. Dio vuole che aspettiamo il giorno della risurrezione. Questo non significa non badare alla nostra vita presente; al contrario, dobbiamo impegnarci completamente in ciò che Dio ha per noi oggi. In realtà, la verità è che godremmo di più dei beni terrestri se avessimo una mentalità celeste: se facciamo della terra il nostro paradiso, essa potrebbe trasformarsi nell’inferno; ma se facciamo della terra la nostra via di accesso alla nuova creazione, ci ritroveremo a ringraziare Dio per ogni dono che ci dà, vivendo ogni giorno per la Sua gloria, aspirando al glorioso futuro che ci è stato promesso. Poiché Gesù è risorto e ha vinto la morte, anche noi vinceremo la morte data la nostra unione in fede con Lui.

Il nostro brano, oggi, si trova in 2 Corinzi 5:1-10, ma prima leggiamo insieme cosa ci scrive Paolo negli ultimi versi del capito 4:

“Perciò noi non ci perdiamo d’animo; ma, anche se il nostro uomo esteriore va in rovina, pure quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento, produce per noi uno smisurato, eccellente peso eterno di gloria; mentre abbiamo lo sguardo fisso non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne.” (2 Corinzi 4:16-18)

Qual è la connessione tra 2 Corinzi 4 e 5? Eccola: “il nostro uomo esteriore che va in rovina” si riferisce ai nostri corpi che stanno morendo, mentre “le cose che non si vedono” si riferisce alla promessa che dobbiamo ricercare, alla risurrezione del corpo. Paolo in 2 Corinzi 5:1-10 ci mostra tre verità:

 

  1. Paolo ci esorta a guardare alle cose che non possiamo vedere.

Leggiamo 2 Corinzi 5:1-5

“Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra abitazione terrena, viene disfatta, noi abbiamo da parte di Dio un edificio, un’abitazione non fatta da mano d’uomo eterna nei cieli. 2 Poiché in questa tenda noi gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste, 3 se pure saremo trovati vestiti e non nudi. 4 Noi infatti che siamo in questa tenda gemiamo, essendo aggravati, e perciò non desideriamo già di essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita. 5 Or colui che ci ha formati proprio per questo è Dio, il quale ci ha anche dato la caparra dello Spirito.”

Paolo inizia dicendo che noi “sappiamo”, il che significa che possiamo essere certi che quando la nostra tenda terrena, cioè i corpi deboli che abbiamo ora moriranno, avremo un nuovo corpo risorto. Per ben tre volte in questi versi Paolo afferma che il nostro corpo attuale è una tenda, mentre nei versi 1 e 2 descrive il nostro corpo risorto come un edificio o abitazione. I nostri corpi attuali sono come delle tende. Le tende sono ottime per il campeggio, ma sono terribili durante le tempeste perché non reggono alla furia di un temporale. I nostri corpi sono tende abbastanza resistenti, durano per circa cento anni e poi si distruggono completamente, talvolta si rompono molto prima. I nostri corpi risorti, invece, sono paragonati a case stabili e sicure; in altre parole i corpi che riceveremo saranno eterni e nulla potrà scuoterli o distruggerli.

Quando Paolo nel verso 1 dice che “abbiamo da parte di Dio un edificio”, non lasciarti confondere dal verbo al tempo presente; non sta parlando del presente ma del futuro. Paolo utilizza il presente perché la promessa è sicura: come cristiani abbiamo la garanzia che saremo risuscitati dai morti. Vorrei farti notare, inoltre, un altro contrasto tra i nostri corpi presenti e futuri. Paolo afferma che i nostri corpi ora sono terreni (v. 1), che è un altro modo per dire che sono mortali (v. 4). In altre parole i nostri corpi stanno morendo, sono come tende che si consumano, ma i nostri corpi futuri sono celesti. Saremo rivestiti, come dice nel verso 2, della nostra abitazione celeste. Un corpo celeste è un corpo che non è corruttibile. Come scrive Paolo nel verso 4, ciò che è mortale verrà assorbito dalla vita. I nostri corpi celesti non moriranno, non si ammaleranno e non invecchieranno mai. Notate bene, sono corpi fisici! Essere senza un corpo come dice Paolo è come essere nudi, senza vestiti. La Bibbia non intende la vita in spirito vuota o incompleta; quando moriamo siamo con Gesù nel nostro spirito ed esistiamo in uno stato disincarnato fino al giorno della risurrezione. Come possiamo leggere nel verso 8 quando non siamo nel nostro corpo siamo con il Signore. Filippesi 1 dice che quando lasceremo questa vita andremo immediatamente con Cristo. È importante sottolineare lo stato intermedio, perché quando saremo con il Signore in spirito non è la condizione finale che Dio ha in serbo per noi; essere completi significa essere vestiti di un corpo fisico, perché come sottolinea Paolo, i nostri corpi risorgeranno quando Gesù ritornerà.

La Bibbia non è gnostica; la Bibbia non considera la vita spirituale migliore di quella fisica. La nostra vita futura sarà una vita nel corpo ma, per fortuna, in un corpo non macchiato dal peccato. Il corpo risuscitato dai morti sarà vestito di potere e bellezza. La perfezione dei nostri corpi possiamo vederla implicitamente nel verso 1 dove dice che il nostro corpo futuro non sarà fatto da mano d’uomo, cosa in contrasto con i nostri corpi attuali; nel verso 2 infatti leggiamo che ora “gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste”, ed anche nel verso 4 ci viene ripetuto che “gemiamo, essendo aggravati”.

I nostri corpi ora sono meravigliosi in così tanti modi, non è vero? Ma i nostri corpi non possono eguagliare le aspirazioni del nostro spirito: sono indeboliti dalle malattie, dalle allergie, dagli infortuni, dalla vecchiaia e infine dalla morte. Ricordo ancora quando ho compiuto quarantasei anni. Perché? Perché fino a quell’età ero in grado di giocare discretamente bene a basket con i miei figli; dopo aver compiuto quarantasei anni ho iniziato a mantenere un gioco perfetto nella mente, ma non con il corpo. Quei giovani ragazzi erano in grado d sfrecciare di fronte a me e rubarmi la palla senza neanche accorgermene. I nostri corpi attuali non sono immortali ma corruttibili e temporanei. Roger Federer è un fantastico tennista (il mio preferito), ma invecchiando sta iniziando a faticare nel battere i giocatori più giovani come, chi è appassionato come me, avrà notato nelle partite più recenti.

Paolo, in Romani 8:23, scrive: “E non solo esso, ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito; noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando intensamente l’adozione, la redenzione del nostro corpo”. Dio ha promesso che il nostro desiderio di un nuovo corpo verrà realizzato. I pesi che portiamo su i nostri corpi presenti saranno sollevati. Dio ci ha preparato, come dice il verso 5, proprio per questa cosa, proprio per questo scopo. Qual è lo scopo? Cosa ha in mente Paolo? Bene, il verso 5 si collega al 4: lo scopo è la vita, cioè che la nostra mortalità venga assorbita dalla vita. Il dono dello Spirito funge da garanzia, acconto, della nostra futura risurrezione. Paolo conclude nel verso 5 quello che ha iniziato nel verso 1. Sappiamo che avremo un corpo di risurrezione in futuro, ne siamo certi perché abbiamo lo Spirito Santo. Non importa quanto sia felice la tua vita adesso, brami ancora qualcosa di meglio. Naturalmente tutti quanti pensiamo a come rendere la nostra vita migliore, perché in noi c’è il desiderio di perfezione ed un senso di incompletezza e dolore; non siamo pienamente soddisfatti e sentiamo che c’è di più nella vita. Tutti questi desideri non sono una brutta cosa, ci ricordano che eravamo creati per un altro mondo, ci ricordano che questo mondo non è la nostra casa e ci indicano la direzione verso la risurrezione. Tutto ciò ci porta a vedere la seconda verità di questi versi.

 

  1. Paolo ci esorta ad essere fiduciosi nel futuro.

Possiamo vederlo in 2 Corinzi 5:6-8

“6 Noi dunque abbiamo sempre fiducia e sappiamo che mentre dimoriamo nel corpo, siamo lontani dal Signore. 7 Camminiamo infatti per fede, e non per visione. 8 Ma siamo fiduciosi e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore.”

La verità principale è dichiarata per ben due volte nei versi 6 e 8: “abbiamo sempre fiducia” e “siamo fiduciosi”. In questo momento dimoriamo nel corpo, ma dimorare nel corpo significa che siamo lontani dal Signore. Quando abitiamo con il Signore, allora siamo veramente a casa. Come cristiani riconosciamo che siamo in esilio nei nostri corpi attuali, siamo pellegrini e stranieri. Non siamo ancora veramente a casa. Come ho detto prima, desideriamo ardentemente il paradiso in terra, vogliamo il lavoro perfetto, il coniuge perfetto, la famiglia perfetta e la chiesa perfetta. Quei desideri non sono sbagliati in sé stessi, ma a volte possiamo rispondere ad essi in maniera sbagliata, perché potremmo iniziare a cercare il paradiso in terra e cadere nel peccato.

Le persone affermano di non cercare il paradiso sulla terra, di sapere che ogni cosa è imperfetta. Il problema è che spesso viviamo diversamente da quello che affermiamo e le nostre azioni spesso tradiscono ciò che diciamo con le parole. Le nostre menti suggeriscono una cosa ma i nostri cuori dicono qualcos’altro e spesso ci troviamo a seguire il nostro cuore anche quando lo neghiamo con la testa. Qual è un’indicazione che ci fa capire se stiamo cadendo in questa trappola? Un segnale è se stai commettendo peccati vietati nelle Scritture; un altro è se siamo brontolanti, infelici e lamentosi. La verità è che se siamo critici e negativi sulla vita, allora stiamo cercando il paradiso in terra. I desideri di perfezione che abbiamo non sono scorretti, sebbene ciò che facciamo con quei desideri possa essere sbagliato, perché potremmo ritrovarci a vivere per visione e non per fede.

Paolo ci ricorda dove si trova la nostra vera casa e ci incoraggia ad avere fiducia nel futuro. Un’altra tentazione che potremmo affrontare è lo scoraggiamento. Lo scoraggiamento è l’opposto della fiducia. Satana vuole abbatterci, e lo fa facendoci vivere di ciò che vediamo invece che di fede; vuole che pensiamo che le cose non miglioreranno. Ci sussurra: smettila di combattere contro il peccato, non vincerai mai, arrenditi, sei un fallimento totale! Anche Pietro ha fallito, ma si è pentito ed è andato oltre. Satana ci dice: non aiuti davvero nessuno, non hai alcuna utilità. Quando pensiamo queste cose non camminiamo per fede ma per visione. Ci troviamo ad affrontare la solitudine e lo scoraggiamento perché non siamo ancora a casa, ma mentre siamo lontani da casa camminiamo per fede! Confidiamo nella certezza che Dio ci ama e sta elaborando un piano per noi, ma ci scoraggiamo perché non possiamo vedere cosa sta preparando. A volte sentiamo che ciò che ci sta accadendo non po’ essere il piano di Dio e quindi iniziamo a dubitare di Lui; ma non dobbiamo camminare per visione o per sentimenti ma per fede. Dobbiamo essere fiduciosi che Dio stia lavorando ai Suoi scopi nella nostra vita e che andremo a casa. Questo ci porta alla terza verità.

 

  1. Paolo ci incoraggia a compiacere il Signore in ogni cosa poiché la nostra casa futura è la realtà ultima e staremo tutti davanti al trono del giudizio di Cristo.

Questa verità ci viene chiaramente insegnata in 2 Corinzi 5:9-10

“9 Perciò ci studiamo di essergli graditi, sia che abitiamo nel corpo, sia che partiamo da esso. 10 Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte nel corpo in base a ciò che ha fatto, sia in bene che in male.”

Abbiamo bisogno di una ragione per vivere, di una visione che ci ispira, di una causa a cui dedicarci. Molti dei nostri giovani sono annoiati e infelici perché non hanno uno scopo nella vita; non sono ispirati dal sentirsi dire: sii te stesso; non sono aiutati quando la gente dice: fai qualunque cosa ti renda felice. I giovani hanno bisogno di qualcosa di più grande di loro stessi, ed è fondamentale che donino sé stessi alla giusta causa.

Di recente è giunta la notizia di alcuni giovani occidentali che hanno aderito all’Isis per dedicarsi alla sua causa; com’è tragico e triste pensare a questi giovani che si sono abbandonati all’omicidio e al male. Questa scelta ci fa capire che i giovani sono stanchi di occuparsi delle cose banali e quindi vogliono fare cose eccezionali. In questi versi ci viene detto a cosa Dio vuole che ci doniamo; il nostro scopo deve essere quello di compiacere al Signore. Paolo, in 1 Corinzi 10:31, ci dice: “sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio”; o come scrive in Colossesi 3:17: “qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui”. Non esiste causa più grande che donare sé stessi al grande Dio e Salvatore.

E tu? Il trambusto della vita ti ha distratto dal tuo vero obiettivo nella vita? Hai dimenticato il vero scopo della vita? Esistono cose che si sono inserite in modo da farti perdere la direzione e la concentrazione? Nella mia vita, a volte mi sono trovato ad andare avanti per la mia strada e poi lo Spirito mi ha convinto: per cosa stai vivendo in questo momento? Qual è lo scopo della tua vita? Ti sei allontanato da me, in realtà stai vivendo per te stesso! Che sia per la prima volta o l’ennesima, dedichiamoci oggi nuovamente al nostro Signore. Cerchiamo che il nostro obiettivo e ambizione nella vita sia piacere a Lui, onorarlo e glorificarlo. Cerchiamo di essere incentrati su Dio anziché sull’uomo; possa Dio darci la passione di compiacere Lui invece delle persone.

Ora, in 2 Corinzi 5:10, Paolo ci dà una ragione per cui dovremmo mirare a piacere a Dio sempre e ovunque. Paolo ci scrive che un giorno saremo tutti in piedi davanti al tribunale di Cristo perché si, Cristo è il nostro Salvatore ma anche il nostro giudice e l’ultimo giorno Egli valuterà le nostre vite. Cristo giudicherà il modo in cui abbiamo vissuto e non ci saranno favoritismi né dubbi su ciò che abbiamo fatto, perché conosce tutto di noi; conosce le nostre azioni, i nostri motivi, i nostri pensieri. Il giudizio sarà approfondito e sarà giusto. Quindi, ecco una forte motivazione per compiacere Dio in tutto: stiamo andando ad un processo, abbiamo un appuntamento presso il tribunale.

Immagina di avere un appuntamento in tribunale nei prossimi trenta giorni e che le tue azioni, in questi trenta giorni, saranno giudicate. Ci penseresti continuamente e ti comporteresti di conseguenza. Bene, in un modo molto più grande, abbiamo veramente un appuntamento in tribunale, in cui tutto ciò che abbiamo fatto, detto e pensato sarà valutato. Paolo ci dice quali saranno le basi del giudizio: ognuno di noi sarà giudicato individualmente e personalmente; saremo giudicati per ciò che abbiamo fatto nei nostri corpi attuali; saremo giudicati in base a ciò che abbiamo fatto, sia esso positivo o negativo. Paolo, sta forse parlando di opere che vengono valutate come premi o opere necessarie per la vita eterna? Paolo crede in diverse ricompense per i credenti, ma esistono due ragioni che ci fanno pensare che le opere sono necessarie per la vita eterna. In primo luogo, il Nuovo Testamento dice ancora e ancora che le buone opere sono necessarie per la vita eterna, e questi versi si adattano al tema. Per esempio in Romani 2:6-11 Paolo dice che le opere buone sono necessarie per la vita eterna e che coloro che fanno del male dovranno affrontare l’indignazione e l’ira di Dio. Allo stesso modo, possiamo vedere in Apocalisse 20:11:15 che Dio giudicherà le persone in base alle loro opere davanti ad un grande trono bianco. Coloro che hanno compiuto opere malvagie verranno gettati nello stagno di fuoco e dovranno affrontare la seconda morte. In Galati 5:21 leggiamo che coloro che praticano le opere della carne non erediteranno il regno di Dio. In 1 Corinzi 6:9 ci viene ripetuto che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio. In Colossesi 3:24 possiamo leggere che coloro che ubbidiscono riceveranno l’eredità che, come spiega Paolo in altri versi, è un altro modo per entrare nel regno e sperimentare la vita eterna. In Galati 6:8 ci viene detto che coloro che seminano per lo Spirito raccoglieranno vita eterna, ma quelli che seminano per la loro carne, dalla carne raccoglieranno corruzione. Quindi, in base a questi testi, il Nuovo Testamento dice molteplici volte che le buone opere sono necessarie per la vita eterna. Possiamo leggere anche di ricompense, ma non altrettanto spesso e chiaramente, e questo non dovrebbe sorprenderci, perché il problema principale non è quale ricompensa otterremo al di sopra della vita eterna, ma se avremo la vita eterna. Non è affascinante vedere come molti insegnanti trascorrano molto tempo ed energie a parlare e predicare di ricompense nella vita eterna? Questo è quello che li eccita, ed è come se la gente si esaltasse di più del millennio che del paradiso.

C’è una seconda ragione che supporta la vita eterna. Quando Paolo parla di bene e male, li descrive nel suo insieme, perché le nostre opere saranno giudicate nel loro insieme. In altre parole, le opere mostrano la qualità di una persona, buona o cattiva; non verrà giudicata ogni singola opera ma la nostra vita completa così che, coloro che sono stati “buoni” riceveranno la vita eterna, mentre coloro che sono stati “cattivi” dovranno affrontare il giudizio finale.

Da queste considerazioni possiamo concludere che il modo in cui viviamo è vitale! Non possiamo semplicemente professare di credere in Gesù Cristo e non mostrare alcun frutto e aspettarci di stare con Cristo per sempre. Ricorda le parole di Gesù: alcuni che profetizzano il Suo nome fanno miracoli nel Suo nome e scacciano demoni nel Suo nome non gli appartengono; Gesù, l’ultimo giorno dirà loro: allontanati da me, operatori di iniquità.

 

Salvati per opere?

Ecco la domanda. Questa enfasi sulla necessità delle opere buone viola il Vangelo di Gesù Cristo? Dopo tutto, Paolo ci ha ripetuto frequentemente che non siamo giustificati per le opere della legge ma per mezzo della fede in Gesù Cristo. Come può adesso Paolo dire che le nostre opere sono necessarie per la vita eterna? Prima di concludere, fammi brevemente dire alcune cose.

Primo, Paolo afferma sia che le opere non ci giustificano sia che sono necessarie, lui sa cosa sta dicendo, non si sta contraddicendo. La Scrittura non è contraddittoria ma è una parola coerente.

Secondo, le nostre opere buone non possono essere la base della nostra giustificazione o della vita eterna. La Scrittura è chiara. Nessuno è abbastanza giusto da soddisfare lo standard di perfezione di Dio. Le nostre opere buone non possono meritare il favore di Dio poiché non riusciremo mai a soddisfare ciò che Dio ci chiede.

Terzo, la Bibbia ci dice che la nostra unica speranza di vita eterna è la morte espiatoria di Gesù sulla croce con la quale ha pagato per i nostri peccati. Riceviamo la vita eterna attraverso la fede in ciò che Gesù ha fatto per noi.

Quarto, quindi che ruolo hanno le opere buone? In che modo Paolo può dire che non necessarie per la vita eterna? La risposta è che sono il frutto e la prova necessaria della vita in Cristo. Le buone opere non possono essere la base della nostra nuova vita perché continuiamo a peccare e siamo ancora imperfetti, ma dimostrano il nostro cambiamento come cristiani, la trasformazione che ha avuto luogo in noi. Le opere buone, quindi, dimostrano che siamo davvero vivi. Se qualcuno afferma di essere vivo, ma non mostra alcuna prova di esserlo veramente, allora tale affermazione viene messa in discussione. Ecco come funziona. Esse non sono la base della nostra vita, perché la nostra vita viene dalla grazia di Gesù Cristo e dall’opera dello Spirito Santo, ma le nostre buone opere dimostrano che siamo veramente vivi e che siamo nati di nuovo. Quelli che compiono opere buone saranno risuscitati dai morti, andranno a casa per stare con il Signore e non si allontaneranno mai più da essa.

 

 

Traduzione a cura di Jessica Sotera

Tematiche: Paradiso

Thomas R. Schreiner 

Thomas R. Schreiner

È professore di Interpretazione del Nuovo Testamento al Seminario Teologico Battista del Sud a Louisville, Kentucky, e il Pastore per la Predicazione alla Clifton Baptist Church.
Lo puoi trovare su Twitter a @DrTomSchreiner.

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