Una guida superlativa a tutte le 15 qualifiche degli anziani

 

 

Molto probabilmente per nutrire le pecore

I conduttori: le nostre critiche e il cinismo nei loro confronti, i conflitti con loro e le polemiche su di loro sono il nostro nutrimento, riempiono le nostre attese e le conversazioni della vita reale; forse una generazione precedente ha concesso ai propri dirigenti e pastori un eccessivo beneficio del dubbio, tuttavia la nostra tendenza non è più questa.

Sia nella società sia all’interno della Chiesa la nostra epoca è pervasa da un fascino e da uno stato d’animo negativo nei confronti dei nostri conduttori e delle nostre autorità (siamo sempre più incapaci di tracciare una chiara linea di demarcazione).  Al giorno d’oggi molti, e molto spesso per buone ragioni, sono confusi e con l’aiuto delle nostre tecnologie abbondano e si moltiplicano storie di uso e sfruttamento.

 

Cosa esige Cristo

Come cristiani abbiamo i nostri conflitti e le nostre controversie di cui dolerci e di cui parlare, ma il Cristo risorto non ci ha lasciati nella confusione su cosa aspettarci, pregare e chiedere conto ai nostri responsabili.  Le Scritture hanno molto da dire sulla nostra crisi attuale.

A mio avviso, 1 Timoteo 3 fornisce quindici requisiti per i Pastori e gli Anziani, la carica principale e di insegnamento nella Chiesa. Un altro elenco, anche in questo caso ne conto quindici, si trova poche pagine dopo in Tito 1, e la maggior parte di esse corrispondono esattamente al primo elenco. A questo si aggiungono, tra gli altri, 1 Pietro 5:1-5, 2 Timoteo 2:22-26, Ebrei 13 (versetti 7 e 17) e le parole di Cristo in Marco 10:42-45. Gesù non ci ha lasciato senza chiarezza.

 

Paolo sapeva bene

Da oltre un decennio dedico tempo e attenzioni particolari a soffermarmi sulle qualità di un pastore e/o di un membro anziano, perché non solo sono un pastore che cerca di sperimentare regolarmente ciò che Cristo mi richiede e perciò di crescere con il suo aiuto in queste virtù, ma dal 2012 sono stato assegnato alla “classe dei membri anziani” del Seminario di Betlemme; questa categoria è in genere una schiera di 15-16 seminaristi che si formano per diventare pastori-anziani.

Nel corso del tempo, abbiamo scoperto che gli esempi in 1 Timoteo 3 e Tito 1 meritano ben più di un breve ripasso o di una singola sessione di approfondimento e in effetti, cercando di esporli alla classe e di affrontare ciò che le Scritture insegnano e che io stesso ho trovato significativo nel ministero pastorale, ho scoperto sempre più spesso che essenzialmente tutti i problemi pratici rilevanti nella preparazione alla carica di membro anziano coincidono con una o più delle caratteristiche elencate da Paolo in 1 Timoteo 3 o in Tito 1.

Immaginate un po’.

Paolo sapeva davvero di cosa stava parlando, non si tratta solo di un elenco di prerequisiti per diventare membri anziani, ma di un catalogo delle virtù di cui essi hanno bisogno, giorno dopo giorno, per essere membri efficaci e validi nel lungo termine, per la gioia della Chiesa.

 

Che genere di uomini?

Semestre dopo semestre, ho trovato così tanta vitalità, così tanto da imparare, così tanto da dire, così tanto da discutere, così tanto da applicare in queste qualità riservate agli anziani; innanzitutto, le virtù qui menzionate non sono prive di riferimenti in altre parti della Scrittura ma nella maggior parte dei casi, dall’Antico al Nuovo Testamento, hanno molto da dire su queste doti.

 

Una via di accesso a questi tratti che ho sviluppato nel tempo è quella di trovare un aggettivo eccellente per ciascuno di essi; forse questo aiuterà alcuni lettori, come ha aiutato me, a vedere questi tratti da nuove angolazioni e a comprenderli sia nella teoria sia nella pratica che sotto nuove prospettive. Qui di seguito li ordinerò sotto i tre titoli principali che ho usato in classe: “onorato”, “integro” e “onorevole”.

 

Umiliati

Così gli uomini di fronte al proprio Dio

Il primo è forse il più frainteso: l’aspirazione. “Se uno desidera l’ufficio di vescovo, desidera un buon lavoro” (1 Tim. 3:1). Nell’era del soggettivo spesso enfatizziamo il desiderio o l’aspirazione dell’individuo a ricoprire la carica di pastore-anziano, è una cosa buona e giusta e dovremmo farlo; l’aspirazione si trova all’inizio dell’elenco ed è fondamentale. I pastori devono essere coloro che lavorano con gioia (2 Cor. 1:24), a beneficio del loro popolo (Eb. 13:17), ed è per questo che questo ruolo non deve essere svolto con riluttanza o sotto costrizione ma con volontà e desiderio (1 Pt. 5:2).

Tuttavia, ciò che alcuni ai nostri giorni fraintendono è che il loro desiderio personale, la loro aspirazione, non è il fine ultimo dell’essere “chiamati al ministero”, il cuore del ministero cristiano non è portare i nostri desideri (per quanto possano essere santi ) nel mondo, ma lasciare che i bisogni reali degli altri (alle condizioni di Dio) incontrino e plasmino i nostri cuori. Spesso al giorno d’oggi, nei dibattiti cristiani in merito alla “vocazione” si trascura l’effettiva porta aperta (oggettiva) data da Dio e dal mondo reale. L’aspirazione è fondamentale ma non è una “chiamata” in sé.

 

“Non essere un neo-convertito”, che potremmo definire il tratto più inattuabile dell’elenco. Se siete appena venuti alla fede siete dunque nuovi (letteralmente, una “nuova vite”), e non c’è nulla che possiate fare a riguardo; perciò potremmo dire che questa è, in un certo senso, ” la cosa che più sfugge alle vostre stesse forze”. Eppure, potremmo anche aggiungere che “recente” è una parola relativa perché chi cerca l’umiltà (Sof 2,3) e fa dei veri progressi nel mettere a tacere il proprio orgoglio, avanza in sintonia con la preoccupazione di questo requisito: che non “si gonfi di presunzione e cada nella condanna del diavolo”. Essere veramente umili e imparare ad accoglierlo farà apparire meno nuove le conversioni più recenti.

 

La “capacità di insegnare” è la più essenziale (elencata all’ottavo posto delle quindici) e potremmo anche dire la più distintiva;  la sola qualità che distingue maggiormente gli anziani dai diaconi è il greco didaktikos, cioè “capace ad insegnare” o, forse meglio ancora, “adatto o incline ad insegnare”. La propensione e la capacità di insegnare nei pastori non deve essere minima, del genere “è in grado di insegnare se gli puntassero una pistola alla tempia”, semmai è massima: “È il tipo di uomo che non smetterebbe di insegnare anche se gli puntassero una pistola alla testa”. Mentre impara, pensa ad insegnare, è un insegnante nel cuore perciò ama insegnare, con tutta la programmazione, la cura, la pazienza e l’energia che un buon metodo di insegnamento richiede ed è efficace nel farlo.

La sobrietà d’animo, a mio avviso, è la più sottovalutata. Una mente e un cuore equilibrato influenzano sostanzialmente tutto ciò che essi fanno: dalla conduzione alla supervisione, dalla presa di decisioni all’insegnamento (su cosa insegnano, quando, per quanto tempo, e come approcciano e presentano l’insegnamento e ne tracciano le linee di applicazione). Una delle applicazioni più importanti della “sobrietà mentale” collettiva per il consiglio è il modo in cui il pastore e gli anziani guidano la comunità nelle varie fasi della vita della chiesa.

 

Integro

Gli uomini dove si riconoscono meglio

Più brevemente, alla seconda voce potremmo raggruppare i tratti associati all’integrità, ovvero all’esserlo in egual maniera in pubblico e in privato.

In cima a questo elenco si trova l’autocontrollo che potremmo definire il più difficile da coltivare; è un termine che riassume la virtù cristiana, sia come frutto dello Spirito (Gal 5,22-23) sia come singolo compito affidato da Paolo ai giovani (Tito 2,6), è l’apice della virtù cristiana in un mondo decaduto, e il suo esercizio è semplicemente una delle cose più difficili che l’uomo peccatore possa imparare a fare.

“Marito di una sola moglie” o letteralmente “uomo di una sola donna” potrebbe essere la frase più controcorrente della nostra generazione perché parla di fedeltà sessuale in un’epoca straordinariamente sessualizzata; che sia sposato o celibe, i modelli di vita pubblici e privati dell’uomo testimoniano o tradiscono una profonda e singolare fedeltà del cuore in vista del disegno e dei dettami di Dio per il matrimonio? Tra i quindici, questo è forse quello che va più controcorrente rispetto alla nostra società.

 

Per me “non è un ubriacone” è il superlativo più difficile da attribuire; forse questa è la caratteristica che la generazione precedente ha trasmesso più rapidamente: “Certo, i pastori non devono essere ubriaconi né bere! Anche un qualsiasi cristiano se è per questo!”; tuttavia questi non sono in genere i problemi che affrontiamo oggi, almeno non negli ambienti che mi aspetto siano frequentati da molti lettori di questo articolo. Il peso del pendolo è cambiato perciò, mentre gli evangelici di un’epoca passata possono aver esagerato nel rispondere ai pericoli dell’alcol, oggi potremmo trovarci ad avere bisogno di guide della Chiesa che non cadano vittime della stessa serie di nuove tentazioni che molti dei nostri greggi stanno affrontando.

Dei quindici: “non amante del denaro” (memorabilmente nella KJV, “non avido di lucro”) è forse il più evidente se confrontato con altri elenchi. L’attributo sinonimo “non avido di guadagno” compare sia in Tito 1:7 che in 1 Pietro 5:2, così come per i diaconi in 1 Timoteo 3:8 (mentre Tito 1:11 rimprovera i falsi maestri che “insegnano per un guadagno illecito”); la singola parola tradotta “non amante del denaro” (in greco afilarguron αφιλαργυρον)  in 1 Timoteo 3:3, compare a beneficio di tutta la Chiesa nuovamente in Ebrei 13:5: “Nel vostro comportamento non siate amanti del denaro e accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò»”. Non dobbiamo lasciarci sfuggire questo aspetto, soprattutto in tempi di grande ricchezza ed eccesso.

Potremmo arrivare a definire “gestire bene la casa” la questione più urgente di questa generazione perché, non solo la rivoluzione industriale ha cambiato la “casa” rendendola più un luogo di consumo e di riposo e meno un luogo di vita e di lavoro, ma anche la gigantesca distrazione dei dispositivi personali minaccia ciò che resta della vita e della salute nelle famiglie di oggi. Oggi gestire bene la propria casa non è un compito né piccolo né semplice, è profondamente contro cultura; forse nei prossimi anni scopriremo sempre più pubblicamente quale devastazione è stata seminata privatamente nelle famiglie distratte e mal gestite di questa generazione.

 

Onorevole

Uomini davanti a un mondo che guarda.

Sei delle quindici qualità sono sorprendentemente pubbliche, la prima è la più ampia o la più diffusa: “Irreprensibile”; sia in 1 Timoteo 3 che in Tito 1 “irreprensibile” è il primo; seguono altri quattordici. Venendo per primo “irreprensibile” è una sorta di termine che fa da padrone; a prima vista può sembrare minimale, ma riflettendoci meglio possiamo capire perché Paolo inizia da qui, dato che il profilo viene approfondito negli aspetti specifici che seguono.

 

La “rispettabilità” è forse l’attributo più trascurato dei quindici oggi, per esempio un commentatore di 1 Timoteo 3 dedica molte frasi (e di solito molti paragrafi) agli altri quattordici, ma solo una frase a rispettabile, dicendo che significa “buona reputazione”; possiamo dire di più, Cristo chiama la sua Chiesa a rispettare i suoi conduttori (1 Tess. 5:12), e chiama questi ultimi a fare la loro parte  con le loro stesse parole, il loro abbigliamento e il loro comportamento, per essere degni del rispetto della Chiesa. Cristo richiede una santa “dignità” dei suoi responsabili.

 

Gesù ha dato un incarico rivolto verso il mondo esterno. Il nostro Vangelo è un Vangelo in crescita, in espansione. La parola di Dio corre e trionfa.

 

Ospitale potrebbe essere il più dimenticato eppure potremmo anche dire il più evangelistico. Le parole e gli atti di ospitalità, cioè l’amore per gli estranei, rivelano qualcosa di profondo e di profondamente cristiano nel cuore di un uomo; accoglie, cerca, invita e si avvicina con calore a coloro che gli sono estranei, sconosciuti o naturalmente scomodi? I pastori ospitali guidano la chiesa negli impulsi che producono evangelizzazione e missioni.

 

“Non violento ma gentile”, perciò potrebbe essere il più singolare. Lo dico in quanto è l’unico negativo (su quattro) che è anche abbinato a un positivo;  qui abbiamo la particolarità: non quello, ma questo. Oggi la mansuetudine potrebbe essere il frutto dello Spirito più frainteso, dei nove elencati in Galati 5:22-23, essa viene spesso usata come espressione che indica che la persona non è in grado di fare il suo dovere, perciò ad oggi la mitezza è spesso usata per indicare la debolezza. Tuttavia nelle Scritture il termine mite non indica una mancanza di forza, bensì l’esercizio divino del potere; la gentilezza non indica una mancanza di abilità ma la capacità di gestire la propria forza in modo che serva a scopi buoni e vivificanti, anziché dannosi.

 

“Non litigioso”: cosa potremmo dire di questo nell’era post-COVID? Il più recente sui nostri radar? La cosa più evidente nelle pandemie globali, negli anni delle elezioni e nell’era dei social media? Finché non si è vissuto in tempi litigiosi (sopportando la marcata politicizzazione di una nazione e di una civiltà che deriva dal secolarismo, dalle pretese di “democrazia” e dall’accesso a Internet, con persone che litigano su argomenti come le maschere e i vaccini), si può non accorgersi di quanto spesso il Nuovo Testamento (e i Proverbi prima di esso) mettano in guardia dalla litigiosità. In particolare in 1 e 2 Timoteo, Paolo traccia una netta linea di demarcazione tra chi parla in pubblico ed è litigioso e chi invece è adatto a insegnare (cfr. soprattutto 2 Tim. 2:14-4:5).

 

Infine ” considerato bene dagli altri” potrebbe essere il più sorprendente dell’elenco perciò potremmo aspettarci talento e capacità di insegnamento; non è un ubriacone? Sicuramente no. Però è ben visto dagli altri? Aspettate; gli estranei hanno voce in capitolo su chi guida la chiesa? Forse Paolo per fare una precisazione ha tenuto la cosa più stupefacente per ultima. Per quanto i pastori debbano stare attenti a non far influenzare e naufragare le loro chiese dal mondo, devono anche guidare il loro popolo verso il mondo esterno; Gesù ha dato un incarico rivolto verso l’esterno, il nostro Vangelo è un Vangelo in crescita, in espansione e la Parola di Dio corre e trionfa. È importante, in una certa misura, ma non in assoluto, ciò che pensano gli altri perché vogliamo conquistarli  non cambiando il nostro messaggio per loro. Non ci pieghiamo alle richieste irragionevoli di critici cattivi e contorti, e non dobbiamo subire conduttori nella Chiesa che sono sciocchi alle condizioni del mondo quanto a quelle di Cristo.

 

Perciò preghiamo e cerchiamo uomini onorevoli, al di sopra di ogni rimprovero che siano rispettabili e ospitali, non litigiosi, non violenti ma gentili, uomini che nel complesso saranno ben visti da persone ragionevoli. Questa dimensione sociale è cruciale sia nella Chiesa sia nel mondo, ed è il frutto dell’integrità a lungo nascosta di un uomo in privato e, in ultima analisi, della sua umiltà davanti al suo Dio.

 

 

Tradotto da Yuni Akermi

 

 

Tematiche: Anzianato, Chiesa, Cura pastorale, Leadership, Pastorato

David Mathis

David Mathis

 

Redattore esecutivo di desiringGod.org, pastore della Cities Church di Minneapolis/Saint Paul, e professore associato al Bethlehem College & Seminary. È marito, padre di quattro figli, e autore di Habits of Grace: Enjoying Jesus through the Spiritual Disciplines e di  Workers for Your Joy: The Call of Christ on Christian Leaders (2022).

© Crossway, © Coram Deo

Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Coram Deo. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.