3 principi per una partecipazione cristiana alla vita politica

 

La città di Dio di Sant’Agostino (426 a.C.) è una grande opera di teologia e filosofia. Da quando i Visigoti saccheggiarono Roma nel 410 d.C., i Romani avevano iniziato a domandarsi come mai il loro impero fosse diventato così debole. Iniziarono ad incolpare i cristiani. Dal momento in cui il cristianesimo e l’impero romano si erano legati tra loro, molti romani iniziarono a credere che abbandonando la loro religione romana, fondata sul culto degli dei e degli imperatori e accogliendo il cristianesimo, si erano resi vulnerabili.

Così Agostino scrisse La città di Dio sia per confutare l’idea che il cristianesimo rende debole una nazione sia per consolare i cristiani confusi che si erano trovati sotto attacco dai loro compatrioti. Il primo modo in cui Agostino cercò di fare questo fu contrastando il regno terreno con il regno celeste, cioè quello che lui chiama la città degli uomini contro la città di Dio. Scrisse: “Incomparabilmente più gloriosa di Roma, è quella città celeste in cui per la vittoria hai la verità; per la dignità, santità; per la pace, felicità; per la vita, l’eternità”.

Se cogliamo questa importante differenza, i nostri cuori dirigeranno la politica in modo diverso: impiegheremo le nostre politiche terrene al servizio dei piani celesti. I cristiani devono ricordarsi di questa cosa perché trattiene dal diventare politicamente stupidi e idolatri.

 

 

Andare oltre le false dicotomie

Sfortunatamente spesso troviamo la chiesa vittima di false dicotomie del mondo: alcuni cristiani affidano troppa speranza alla politica, mentre altri non ne mettono affatto. Sono solo queste due le uniche opzioni? L’idolatria politica da una parte e il silenzio politico dall’altra? Stiamo forse cercando di proteggere l’importanza del Vangelo tenendolo distante da alcune aree della nostra vita? La chiesa di tutto il mondo, non solo in occidente, ha problemi reali a capire come far entrare il Vangelo in ogni angolo della cultura senza lasciarsi sopraffare da essa. Quindi, come dovrebbe essere la nuova umanità politica della chiesa? Come dovrebbe comportarsi il Regno in questo mondo corrotto?

Penso che la Parola di Dio ci aiuti a navigare in queste acque. L’apostolo Pietro descrive la “nuova politica” in questo modo: “Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri della carne che guerreggiano contro l’anima. Comportatevi bene fra i gentili affinché, là dove vi accusano di essere dei malfattori, a motivo delle buone opere che osservano in voi, possano glorificare Dio nel giorno della visitazione. Sottomettetevi dunque per amore del Signore ad ogni autorità costituita: sia al re come al sovrano, sia ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per lodare quelli che fanno il bene, perché questa è la volontà di Dio, che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. Comportatevi come uomini liberi, non facendo uso della libertà come di un pretesto per coprire la malvagità, ma come servi di Dio. Onorate tutti, amate la fratellanza, temete Dio, rendete onore al re” (1 Pietro 2:11-17).

 

Alla luce di questo passo della Parola, come dovrebbe essere impegnata politicamente la Chiesa?

 

  1. Ricorda la tua vera cittadinanza

Per prima cosa, Pietro ricorda ai fratelli che la loro vera cittadinanza è in paradiso (“…come stranieri e pellegrini”). Questo mondo non è la nostra casa, quindi non dovremmo vivere facendo tesoro di nulla di temporaneo, che sia esso buono, cattivo o neutrale.

Per quanto riguarda i cristiani e la politica, “astenetevi dai desideri della carne” è di vitale importanza: siamo abituati a pensare che questa frase si riferisca all’ubriachezza e all’immoralità sessuale, ma è ugualmente applicabile al fanatismo politico. Troppi di noi assecondano le passioni della carne quando si tratta di pensare ad alcuni candidati politici come messia ed altri come demoni e assumendo che le leggi ed i leader politici siano la speranza del mondo. Tutto questo svanirà e per questo dovremmo comportarci avendo in mente questa verità.

Pietro non sta necessariamente consigliando di ritirarsi dal sistema, ma sostiene una cittadinanza onorevole ed una partecipazione che loda il Vangelo del Regno. Il livello di partecipazione politica varierà da credente a credente, da cultura a cultura, così come richiesto dalla propria coscienza e convinzione. Ovviamente non esiste nessuna legge biblica su votare o non votare, fare o non fare politica. Lasciamo che sia lo Spirito di Dio a guidarci nelle questioni su cui la Scrittura tace. In qualsiasi caso, sia che votiamo o non votiamo, sia che ci candidiamo o meno, facciamo ogni cosa alla gloria di Dio. Fare tutto alla gloria di Dio significa vivere una vita onorevole, caritatevole e rispettosa della nostra reale cittadinanza. Significa anche non immischiarsi nell’idolatria politica di nessun tipo, ingannare, rigirare la verità, mentire, condividere o addirittura coprire l’ipocrisia dei candidati politici. Significa, anche, trattenersi dalla retorica che ci costringe ad adorare false divinità diventando,  invece, partecipanti rispettabili e rispettosi.

 

  1. Paga le tasse

Secondo, Pietro incoraggia a sottomettersi alle autorità umane “per l’amore del Signore” (vedi anche le parole di Paolo in Romani 13:1-7). Obbediamo alle leggi che non violano quelle di Dio e facciamolo con i comandamenti di Cristo nella mente così che, quando dobbiamo pagare le tasse lo facciamo con Cristo in mente e quando votiamo, votiamo con Cristo in mente. Votiamo, ma come dice John Piper “votiamo come se non votassimo”.

I cristiani dovrebbero avere a che fare con il mondo, perché esso è qui per essere usato, affrontato e non evitato. Non curare il proprio giardino è come coltivarne uno pieno di erbacce, non indossare un cappotto in alta montagna significa congelare ed affrontare comunque il freddo, non fermarsi al semaforo rosso significare spendere i propri soldi in multe o spese ospedaliere. Dobbiamo affrontare il mondo.

Mentre facciamo questo, però, non dedichiamo tutte le nostre forze: non attribuiamo al mondo uno status troppo importante, ma rendiamo allo stato ciò che appartiene allo stato e a Dio ciò che appartiene a Dio (Luca 20:25). Esistono cose che non vediamo che sono molto più preziose del mondo. Usiamo il mondo senza offrire ad esso tutta la nostra anima. Possiamo lavorare nel mondo con tutte le nostre forze, ma per quanto riguarda le piene passioni del nostro cuore dobbiamo essere radicati in qualcosa di più elevato, cioè i propositi di Dio. Utilizziamo il mondo, ma non come fine a se stesso. Affrontiamo il mondo per fare molto di più per Cristo. Anche votando ci prendiamo cura del sistema, delle notizie, dei candidati e dei problemi ma occupiamocene come se non ci occupassimo di tutte queste cose. Non sono le cose fondamentali per la nostra vita, Cristo lo è! E Cristo regnerà sul Suo popolo con perfetta supremazia indipendentemente da chi viene eletto e nonostante il governo resista o cada. Pietro ci invita a comportarci come uomini liberi: non leghiamoci a nessun risultato politico come se ad esso fosse legata la nostra vita o la nostra morte.

Non lasciamo che i nostri affetti diventino di proprietà di chi siede al governo.

 

  1. Obbedisci a Dio prima di ogni altra cosa

Pietro ci esorta a “vivere come servi di Dio” e con questo abbiamo un’altra prospettiva su cosa significhi vivere come persone libere in un mondo politicizzato: significa partecipare in modo rispettoso e rispettabile, ma significa anche vivere come coloro la cui fedeltà appartiene a Dio e non agli uomini.

In Atti 5:27-29, quando gli apostoli vengono portati di fronte alle autorità e viene ricordata loro la legge che limita la libertà di predicare il Vangelo, non si sottomettono in modo silenzioso ma rispondono “bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini”. Siamo in obbligo con Dio, non con il nostro partito politico o il governo, quindi se ci viene chiesto di violare un comando di Dio non possiamo obbedire. Infatti, quando vediamo peccati e ingiustizie promosse e protette dai poteri terreni siamo chiamati, come servitori di Dio, ad essere degli audaci profeti.

La Bibbia ci provvede delle ottime storie per mostrarci il ruolo di una comunità di Dio che parla al potere con verità: pensa a Mosè con il faraone, a Nathan con Davide, a Daniele con Nabucodonosor, ai profeti con i re, Giovanni Battista con Erode. Loro no, non confondevano il regno di Dio con il regno del mondo e non confondevano il Vangelo con le leggi, ma non tacevano di fronte all’ingiustizia e all’immoralità. Nel corso della storia sono stati molti gli ecclesiastici che hanno mantenuto questa responsabilità mettendosi in prima linea per presentare il “no” del Vangelo contro le grandi ingiustizie del mondo politico.

Le riforme nel corso della storia riguardanti la schiavitù, i diritti civili, gli orfani, l’assistenza ai poveri, l’AIDS in Africa e ora l’aborto e il traffico sessuale sono stati e sono tutt’ora il risultato del vedere questi problemi come vere questioni evangeliche che richiedono alla chiesa di utilizzare il proprio compasso morale per parlare in modo audace e profetico. Possiamo sicuramente negare che ogni cosa sia il Vangelo pur sostenendo che esso ci aiuta a sapere, parlare e pensare di qualsiasi cosa.

 

 

Traduzione a cura di Jessica Sotera

Tematiche: Politica

Jared C. Wilson

Jared C. Wilson

 

Direttore del Content Strategy per il Midwestern Seminary, managing editor di For The Church, e autore di più di dieci libri tra cui Gospel Wakefulness, The Pastor’s Justification, and The Prodigal Church.

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