Chi è la moglie di un pastore di chiesa?

 

Dopo alcuni anni, mi faccio coraggio per scrivere di chi, come me, è una donna che, per volontà di Dio, si trova a fianco di un uomo a cui Dio ha affidato un incarico oneroso, cioè quello di essere alla fondazione, guida e presidenza di una congregazione (o chiesa locale).

Se nella Bibbia c’è un elenco chiaro e dettagliato che descrive colui che ricopre il ruolo di supervisore di Chiesa, sia egli un anziano, un pastore, un insegnante, non c’è però accenno al profilo della moglie di queste figure. Tuttavia esiste una breve descrizione delle mogli di anziani/pastori e diaconi in 1 Timoteo 3:11 che le esorta a essere dignitose, non calunniatrici, sobrie e fedeli in tutte le cose. In Tito 2:3-5 si richiede che abbiano un comportamento puro, non siano calunniatrici, non ubriacone, ma maestre nel fare il bene, che amino i mariti e figli, siano sagge, dedicate alla cura della casa, siano buone e sottomesse ai loro mariti con la finalità di onorare la parola di Dio e far risaltare la verità del Vangelo.

Inoltre va da sé che anche i requisiti per i responsabili riportati in 1 Timoteo 3 e in Tito 1 abbiano una corrispondenza nelle qualità della moglie che in modo complementare rafforzerà le peculiarità del marito per svolgere il proprio incarico.

Queste sono le richieste espresse dalla Bibbia per noi mogli di pastori, anziani e diaconi, non le aspettative create dalla nostra subcultura o tradizione in ambito evangelico.

 

 

Chi siamo davvero e dove troviamo la nostra identità?

Quando ci troviamo nella posizione conseguente al ruolo di chi abbiamo sposato, è fondamentale riflettere dove cerchiamo e riponiamo la nostra identità che non è sicuramente definita dal lavoro di nostro marito, né dall’essergli moglie come neppure dalla professione che esercitiamo o dai figli che abbiamo o non abbiamo e neppure dai conseguimenti della vita, di qualsiasi natura essi siano.

È sempre bene tornare a ricordarci che siamo figlie di Dio, adottate nella famiglia di Dio perché siamo unite a Cristo. Ecco cosa ci rende dignitose: non sono i nostri sforzi per ricevere la considerazione o stima altrui, bensì la dignità che ci ha conferito Gesù dando se stesso mentre acquistava per sé un popolo che glorificasse il suo nome (1 Pt 2:9).

Consapevoli del controllo sovrano di Dio su ogni circostanza, come mogli desideriamo non dire male di altri, spettegolare, diffamare. Non vogliamo avere la lingua avvelenata, affilata con l’acido perché abbiamo timore e rispetto di Dio per cui preghiamo per quelli che ci fanno del male sapendo che non è la resistenza passiva o il contrattacco a vincere, ma il rimettersi a Colui che giudica giustamente pensieri, parole e azioni. Per le stesse motivazioni vogliamo vivere con tolleranza e grazia le sfaccettature delle persone e la contrarietà degli eventi.
Una donna che desidera tutto ciò profondamente, non lo fa perché è “autocontrollata” e misura o reprime gli eccessi, se così fosse dubito riuscirebbe a sostenere la facciata senza cadere nell’ipocrisia, bensì riceve dallo Spirito di Dio la convinzione alla mansuetudine che è una beatitudine e uno dei frutti dello Spirito Santo, non una sua propria virtù naturale.

Lei desidera essere vista da Dio fedele in tutto. Prima nelle piccole cose: nei gesti che dimostrano la grazia di Dio nei confronti di chi le fa saltare la pazienza in casa, nei lavori ripetitivi di una routine casalinga o professionale che le procurano forse poca soddisfazione e per cui riceve poco apprezzamento. Parlo proprio delle montagne di biancheria da stirare o dei pannolini da cambiare, delle colazioni, dei pranzi e delle cene da cucinare, delle lezioni della “scuola domenicale” da studiare, dei giri in auto avanti e indietro, dei frequenti ospiti da gestire (…saranno davvero stati angeli?) delle lenzuola da cambiare sul letto su cui vorremmo stenderci dopo una giornata infinita e abbandonarci al sonno ringraziando Gesù (il solo che inizia e riesce sempre a finire tutte le cose in tempo) a cui, prima di crollare sul cuscino, sussurriamo: “Grazie Signore Gesù che sei venuto per fare ciò che non sarei riuscita a fare da sola e che tramite me vuoi fare del bene a mio marito e alla chiesa, il tuo corpo, dove tutti siamo parti necessarie al suo funzionamento”.

La moglie di un pastore o di un anziano si colloca infatti come tutti gli altri membri in queste parti interconnesse e come tale serve al benessere e alla crescita di tutto il corpo di Cristo, tutto l’edificio di Dio, con i doni che lo Spirito le ha fornito. Non c’è un pacchetto di doni specifico per la moglie di un responsabile, ci sono doni dello Spirito Santo che Lui decide di dare come vuole per cui non è detto che lei sia in grado di svolgere funzioni o soddisfare bisogni se Dio non l’ha provvista delle capacità spirituali e naturali per adempierli.

Lei è in primo luogo la moglie di un uomo che ha un ruolo di guida e come tale penserà, pregherà, agirà affinché suo marito svolga il proprio mandato secondo la volontà di Dio, aiutandolo e incoraggiandolo in questo impegno totalizzante. Non si pensi mai che lei sia il suo alter ego al femminile, non è ciò che Dio richiede nella Bibbia. Per cui se ci sentiamo schiacciate dalla richiesta o aspettative che talvolta i membri di chiesa ci rivolgono, ricordiamoci consapevolmente che la nostra chiamata principale è amare nostro marito e, nel caso ci siano, i nostri figli. Potremmo essere criticate e non sentirci mai all’altezza della situazione con conseguente senso di frustrazione e fallimento, ma il punto focale da ritenere fermo per il nostro sguardo è la fedeltà alle priorità che Dio ci ha assegnato, quindi è importante essere approvate da Lui.

 

Ricordiamoci tutti che lei non è una super donna, né una super moglie, né una super mamma. È una donna, peccatrice, salvata per grazia

 

Quali insidie e quali tentazioni?

La nostra posizione può essere vissuta con diversi atteggiamenti che possono tramutarsi in ostacoli per il servizio esercitato da nostro marito. Possiamo reagire rivestendoci di superiorità rispetto agli altri membri della comunità peccando di orgoglio, possiamo manipolare informazioni e dettagli di cui veniamo a conoscenza finalizzandoli a scopi personali, possiamo poi reagire in modo difensivo per proteggerci da eventuali ferite e critiche che non tardano mai ad arrivare, per cui ci distanziamo cercando strategie di sopravvivenza per non essere troppo coinvolte.
Di conseguenza soffriamo di isolamento per sopravvivere con rassegnazione a questo destino di essere la compagna di un uomo che ci trascina in un viaggio che ci estenua. È di certo la sconfitta letale che il Nemico cerca di infliggerci impietosamente.
Oppure possiamo anche cedere all’inganno di dovere essere la donna più disponibile per risolvere i bisogni altrui e indossare il cappello da crocerossina sentendoci delle vere soccorritrici che ricevono l’approvazione del prossimo, ma questa non è nient’altro che una lotta pressante contro la nostra carnalità, il nostro peccato.

 

Quale armatura indossare?

La Bibbia ci dice che possiamo “restare in piedi” diventando forti tramite la potenza del Signore (Ef. 6: 1-18).
È un imperativo anche per noi mogli, attingere senza sosta, con insistenza nelle profondità della parola di Dio e di continuare a conversare con il Padre che è nei cieli. Una teologia sostanziosa e robusta è il terreno su cui noi poggiamo stabilmente i nostri piedi e a cui ci aggrappiamo senza tremare di incertezza o dubbi e paura dopo i continui svuotamenti, travasi e possibili scossoni che affrontiamo. La Bibbia ci rinfranca nella verità, rimodella e rinnova le nostre idee per conformarle alla volontà di Dio e la preghiera frequente espone i nostri pensieri alla trasformazione dello Spirito Santo che agirà sui desideri e volontà. Senza questo contatto ravvicinato e frequente con il Padre celeste, non riusciremo a manifestare aiuto e sostegno a nostro marito, anzi riveleremo spesso insofferenza accusando la chiesa o Dio per le privazioni e rinunce che sentiamo ricadere su di noi sentendoci una vittima amareggiata.

 

Come incoraggiare la moglie di un responsabile di chiesa?

Credo che gli altri membri di chiesa e della famiglia di Dio possano aiutarla a vivere pienamente ciò che la sua posizione comporta in alcuni modi:

Pregando per lei affinché il suo rapporto con Dio sia di fiducia quotidiana e di dipendenza assoluta per tutto,

Rispettando la sua privacy e riservatezza ossia non usandola come un mezzo per arrivare ad ottenere informazioni,

Non esprimendo direttamente a lei i disappunti o critiche nei confronti di suo marito, ma rivolgendosi direttamente a lui, in base a ciò che la Bibbia insegna in Matteo 18,

Riconoscendo che lei è la moglie di un uomo che dedica molto tempo anche ad altri e quindi compie notevoli rinunce: esprimiamole gratitudine con parole e gesti carichi di generosità e amore, interessandosi sinceramente a lei e alla sua famiglia, incoraggiandola a perseverare nella volontà di Dio per la sua vita, quando è necessario.

 

Infine, ricordiamoci tutti che lei non è una super donna, né una super moglie, né una super mamma. È una donna, peccatrice, salvata per grazia, con tanti difetti ed incongruenze, come tutte le altre donne che hanno risposto alla potente chiamata di Dio e come tale vive, continua a crescere nella santificazione, lotta per mortificare il peccato e desidera maturare insieme agli altri membri della chiesa di Dio in attesa del prezioso ritorno di Gesù.

 

Lei desidera essere vista da Dio fedele in tutto.

 

Tematiche: Chiesa, Famiglia, Femminilità, Ministero, Moglie, Vita Cristiana

Emanuela Quattrini Artioli

Emanuela Quattrini Artioli

 

Lavora con il ministero di Coram Deo e serve nella Chiesa “Sola Grazia” di Porto Mantovano, Mantova (www.chiesasolagrazia.it) come insegnante per le donne. Sposata con Andrea e madre di tre figli.

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