Cosa significa che Gesù è asceso in cielo
Il credo degli apostoli
Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, Signore nostro;
il quale fu concepito di Spirito Santo, nato dalla vergine Maria;
soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò dai morti;
ascese al cielo;
siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
da dove verrà per giudicare i vivi ed i morti.
Io credo nello Spirito Santo;
la santa Chiesa universale;
la comunione dei santi;
la remissione dei peccati;
la risurrezione della carne;
la vita eterna.
Cosa significa il cielo
«È asceso» riecheggia le parole di Gesù: “Io salgo” (Giovanni 20:17; cfr. Giovanni 6:62). “In cielo” richiama invece “è stato elevato in cielo”, le parole degli angeli nel racconto dell’ascensione (Atti 1:11). Ma che cos’è esattamente il “cielo”? È forse il cielo fisico, l’atmosfera, o lo spazio cosmico? Il Credo vuole forse dire che Gesù è stato il primo astronauta? No: né il Credo né la Bibbia intendono questo, ma piuttosto affermano un’altra verità.
Nella Bibbia, “cielo” ha tre significati:
- La vita eterna e autosufficiente di Dio. In questo senso, Dio ha sempre dimorato “in cielo”, anche prima che la terra fosse creata.
- La condizione degli angeli o degli uomini quando partecipano alla vita di Dio, sia ora in forma di anticipo e pregustazione, sia un giorno nella pienezza. In questo senso, la ricompensa, il tesoro e l’eredità del credente sono “in cielo” e “cielo” diventa un termine sintetico per indicare la speranza finale del cristiano.
- Il cielo visibile sopra di noi, che, trovandosi al di sopra e dando un’impressione di infinito come nulla di ciò che conosciamo, diventa nel tempo e nello spazio un simbolo della vita eterna di Dio, così come l’arcobaleno è simbolo della sua alleanza eterna (cfr. Genesi 9:8-17).
La Bibbia e il Credo proclamano che, nell’ascensione, quaranta giorni dopo la sua resurrezione, Gesù è entrato nel cielo nel senso n. 2 in modo nuovo e decisivo: da quel momento “siede alla destra di Dio Padre onnipotente”, governando ogni cosa nel nome del Padre e con la sua onnipotenza, per il bene eterno del suo popolo. “Sedersi alla destra di Dio” non indica un luogo fisico sontuoso, ma una funzione regale (cfr. Atti 2:33 ss.; Romani 8:34; Efesini 1:20 ss.; Ebrei 1:3, 13; 10:12 ss.; 12:2). È “asceso al di sopra di tutti i cieli” (cioè è rientrato nella sua vita pre-incarnazione, non limitata da alcuna realtà creata) “per riempire ogni cosa” (cioè rendere efficace ovunque il suo potere regale; cfr. Efesini 4:10). “Asceso” è, naturalmente, un’immagine che comunica esaltazione, “innalzamento”, a una condizione di suprema dignità e autorità.
L’Ascensione
Ciò che avvenne nell’ascensione non fu che Gesù divenne un astronauta, ma che ai suoi discepoli fu mostrato un segno, come nel caso della trasfigurazione.
Come osservò C. S. Lewis, “videro dapprima un breve movimento verso l’alto, poi una sorta di luminosità indefinita (questo è probabilmente il significato della parola “nube”…) e infine più nulla”[1]. In altre parole, il ritiro finale di Gesù dalla vista umana, per regnare fino al suo ritorno per giudicare, fu presentato agli occhi esteriori dei discepoli come un salire verso il cielo nel senso n. 3. Non deve sorprenderci: il suo allontanamento doveva avvenire in qualche modo e andare verso l’alto, in basso, di lato, scomparire o svanire improvvisamente erano le uniche possibilità. Quale avrebbe comunicato più chiaramente che da quel momento Gesù avrebbe regnato nella gloria? La risposta è evidente. Il messaggio della storia dell’ascensione è: «Gesù il Salvatore regna!».
I nostri cuori in cielo
In un mondo affaticato, in cui persino filosofi influenti consigliavano il suicidio come migliore opzione per l’uomo, l’ottimismo saldo e gioioso dei primi cristiani, che continuavano a sentirsi in cima al mondo anche quando sembrava che fosse il mondo a dominare su di loro, fece un’enorme impressione (E la fa ancora oggi, quando i cristiani sono abbastanza cristiani da mostrarlo!).
Tre certezze ne costituivano, e ne costituiscono tuttora, la forza.
La prima certezza riguarda il mondo di Dio: Cristo lo governa realmente, ha ottenuto una vittoria decisiva sulle potenze delle tenebre che lo avevano soggiogato e la manifestazione di questa realtà è solo questione di tempo. La guerra di Dio contro Satana è ormai come una partita di scacchi il cui esito è certo, anche se il giocatore sconfitto non ha ancora deposto le armi; o come l’ultima fase di un conflitto umano, in cui gli attacchi disperati del nemico sconfitto, per quanto violenti e frequenti, non possono avere successo e sono ormai inglobati nella strategia del vincitore come semplici operazioni di pulizia finale.
Sarebbe stato bello se il nostro calcolo delle date “d.C.” (dopo Cristo), che comincia, con qualche anno di ritardo, dalla nascita di Gesù, fosse stato fissato a partire dall’anno della croce, della Resurrezione e dell’Ascensione; poiché fu allora che la signoria di Gesù divenne il fatto cosmico che è oggi.
La seconda certezza riguarda il Cristo di Dio: il nostro Signore regnante “intercede” per noi (Romani 8:34; Ebrei 7:25), nel senso che appare “alla presenza di Dio” come nostro “avvocato” (Ebrei 9:24; 1 Giovanni 2:1) per assicurarsi che riceviamo “grazia per essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16) e così siamo custoditi fino alla fine nell’amore di Dio (cfr. Giovanni 10:27–29).
“Intercedere” non significa fare appello alla benevolenza come un supplice, ma agire con piena autorità e diritto sovrano nell’interesse di un altro. È giusto dire che la presenza stessa di Cristo in cielo, come Re e Sacerdote sul trono, la nostra espiazione vivente, costituisce la sua intercessione: il semplice fatto che egli sia lì garantisce per noi tutta la grazia e anche la gloria. Un distico del XVIII secolo esprime bene questa certezza:
L’amore ti spinse a morire;
E su questo io mi affido:
Il mio Salvatore mi ha amato, non so spiegare il perché;
Ma so questo: siamo uniti così intimamente
Che Egli non sarà mai nella gloria senza di me.
La terza certezza riguarda il popolo di Dio: è una realtà che nasce dall’esperienza donata da Dio, oltre che dalla comprensione insegnata da Lui. I cristiani godono già qui e ora di una vita nascosta di comunione con il Padre e con il Figlio, che nulla, nemmeno la morte, può toccare; perché è già la vita del mondo a venire, gustata in anticipo sulla terra. Questa esperienza, che ogni credente conosce in una certa misura, si spiega così: abbiamo già attraversato la morte (non fisicamente, ma come evento interiore e spirituale) ed entriamo nella vita eterna. “Voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Colossesi 3:3; cfr. Colossesi 2:12; Romani 6:3-4). “Dio… quando eravamo morti… ci ha vivificati con Cristo… e ci ha risuscitati con lui e con lui fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù” (Efesini 2:4 ss.).
La preghiera per il Giorno dell’Ascensione nel Libro di preghiere anglicano chiede a Dio di “concedere… che, come crediamo che il tuo Figlio unigenito, il nostro Signore Gesù Cristo, sia asceso nei cieli, così anche noi possiamo, con il cuore e con la mente, salire là dove Egli è e dimorare sempre con Lui”.
Che possiamo essere resi capaci, nella potenza di queste tre certezze, di vivere proprio così.
[1]C. S. Lewis in Miracles (Macmillan, 1978), 156.
Lettura consigliata: Siamo tutti teologi, di R.C. Sproul, Ed. Coram Deo.
Tematiche: Gesù Cristo, Gloria di Dio, Insegnamento biblico
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