Predicazioni con troppa retorica? La sana teologia biblica come rimedio (parte 1 di 3)

 

 

La diagnosi: oggi c’è troppa retorica nelle prediche

 

Nell’associazione di chiese a cui appartengo (la Southern Baptist Convention) la lotta per l’inerranza delle Scritture parrebbe vinta. Eppure né noi né le altre denominazioni o chiese evangeliche che dicono di aver conseguito un tale traguardo, dovremmo cantar vittoria così presto. Oggi, le chiese conservatrici, pur sostenendo con forza l’inerranza delle Scritture, sono sovente vittime di un’altra insidia, quella di disconoscere la sufficienza della Parola di Dio. La triste verità è che, nonostante le Scritture siano l’inerrante Verbo di Dio, non riusciamo ancora a predicarle seriamente dai nostri pulpiti. Nell’epoca attuale, in molte chiese evangeliche c’è necessità della Parola di Dio.

Ormai, sempre più frequentemente, ai sermoni vengono dati dei titoli eccentrici, che ricordano quelli di alcune serie televisive come Gilligan’s Island, Bonanza o Mary Tyler Moore.1 La predicazione spesso viene imperniata su cosa fare per avere un matrimonio di successo o sul come educare i nostri bambini nella società contemporanea. Ora, nessuno nega che i sermoni sui problemi familiari siano opportuni e persino necessari. Malgrado ciò, parallelamente a questa situazione, assistiamo all’insorgere di due grossi problemi. Innanzitutto, una diffusa noncuranza su quello che le Scritture dicono riguardo a certi argomenti. Sono assai sporadici i sermoni sul matrimonio che ripropongono, fedelmente e con il dovuto entusiasmo, ciò che Paolo dice sui rispettivi ruoli degli uomini e delle donne (Ef. 5:22-33). O siamo di quelli che sono imbarazzati da ciò che dicono le Scritture?

C’è poi un altro particolare, se possibile ancor più preoccupante: quei sermoni vengono quasi sempre predicati in maniera routinaria. Sono l’elemento con cui iniziano e finiscono le settimane della comunità, cosicché la visione teologica del mondo, dalla quale è permeata la Parola di Dio e che costituisce il fondamento di tutta la vita, risulta svilita e passa in sordina. I pastori si trasformano in tanti moralisti, dispensando a destra e a manca, culto dopo culto, consigli sul come vivere una vita felice.

Molte assemblee non si rendono conto di ciò che sta accadendo, perché la patinata vita morale proposta da questi sermoni, trova parziale corrispondenza nelle Scritture, cercando di soddisfare bisogni avvertiti sia dai credenti che dai non credenti. I pastori, inoltre, ritengono di dover riempire le prediche con aneddoti e illustrazioni varie, in modo da sottolineare il pensiero morale che intendono esporre. Il fatto è che ogni buon predicatore può senz’altro servirsi di storielle o di illustrazioni pratiche per imprimere nell’uditorio l’elemento centrale del proprio sermone. Ma il pericolo è che le prediche si ingolfino talmente di racconti esemplificativi, da risultare svuotate di qualsiasi contenuto teologico.

Mi è giunta notizia che certi credenti evangelici affermano sempre più spesso che le loro chiese stanno facendo progressi nella teologia perché i fedeli non si lamentano di ciò che noi pastori insegniamo loro. Una simile osservazione deve allarmarci. Come pastori, abbiamo la responsabilità di proclamare “tutto il consiglio di Dio” (Atti 20:27) e non possiamo fare affidamento sui sondaggi di chiesa per capire se stiamo ottemperando alla nostra chiamata.

Dobbiamo piuttosto basarci su ciò che dichiarano le Scritture. Può darsi che una congregazione non abbia mai ricevuto il serio insegnamento della Parola di Dio, sì da non capire dove noi, in qualità di pastori, stiamo fallendo.

 

L’apostolo Paolo preannunciò “si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge” (Atti 20:29). E, altrove, “verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” ( 2 Tim 4:3-4).

Se misuriamo la nostra predicazione sulla base di ciò che desiderano le comunità, spianiamo il terreno alla comparsa di qualche convinzione erronea. Non dico che le nostre chiese siano diventate eretiche, ma semplicemente che il banco di prova dell’ortodossia dei nostri insegnamenti deve essere la Parola di Dio, e non l’opinione popolare.
Dio ha stabilito che il pastore deve nutrire il gregge con la Parola di Dio e non compiacendo le persone, facendo loro sentire quel che vogliono sentire.

È ormai cosa di tutti i giorni, il fatto che le nostre congregazioni sono inadeguatamente ammaestrate da chi ha ricevuto il ministero della predicazione. Ora, immaginate cosa succederebbe se una comunità venisse regolarmente indottrinata solo con insegnamenti moralistici. I fedeli imparerebbero a essere garbati, a perdonare, ad amare, ad essere dei buoni mariti o delle brave mogli (tutte cose buone, per carità!).

I loro cuori ne sarebbero sicuramente riscaldati ed edificati. Ma se trascuriamo il fondamento teologico, il lupo dell’eresia sarà sempre in agguato. Come? Non perché il pastore sia un apostata, anzi, può benissimo essere un uomo consacrato e fedele alla sua teologia. Eppure, egli potrebbe essere che egli creda di fare teologia nella propria predicazione, omettendo di esporre al suo gregge l’autentica teologia biblica. Entro una o due generazioni, quella comunità, più o meno inconsapevolmente, avvertirà il bisogno di designare alla propria guida un pastore più tollerante.

Questo nuovo pastore predicherà anch’egli che le persone devono essere altruiste, affabili e amorevoli. Porrà enfasi sull’importanza dei matrimoni riusciti e di un mènage familiare sano e dinamico. Il risultato sarà che chi siede nel banco non riuscirà nemmeno a distinguere la differenza, dal momento che la teologia del pastore conservatore che lo ha preceduto sembrava proprio teologia. E in un certo senso lo era, perché il pastore conservatore non avrà mai proclamato o predicato una teologia personale.

Questo perché il egli credeva nell’inerranza delle Scritture, ma non nella loro sufficienza, non avendo mai predicato alla sua congregazione tutto ciò che esse insegnano. È che la nostra ignoranza in materia di teologia biblica tende continuamente a manifestarsi.

 

Negli ultimi dieci anni, mi vengono in mente due occasioni (una delle quali si verificò in un grande stadio, dove intervenne un predicatore di cui non ricordo il nome) nelle quali l’oratore invitò le persone a farsi avanti. Il sermone predicato in quel luogo doveva essere evangelistico, ma, in tutta onestà, posso dire che, in realtà, c’era tutto, fuorché il Vangelo. Per esempio, non fu detto nulla riguardo al Cristo crocifisso e risorto, o sul perché Egli fu crocifisso e risuscitò. Non fu detto nulla neanche sul perché è la fede, e non le opere, che salva.

Molti si fecero avanti e, senza dubbio, vennero reputati dei nuovi convertiti. Io, invece, scuotevo il capo, chiedendomi cosa stesse veramente accadendo. Pregavo che, in quella folla, almeno qualcuno si fosse davvero convertito, magari perché già a conoscenza del messaggio evangelico, avendolo ascoltato in altre occasioni. La stessa circostanza si ripresentò durante un culto in una chiesa che visitai. Il predicatore rivolse all’adunanza un accorato appello a “farsi avanti” per “essere salvati”, senza però dare alcuna spiegazione in merito al Vangelo!

Questo tipo di predicazioni incrementa il numero di persone “non nate di nuovo” nelle nostre chiese, che, in seguito, diventeranno elementi doppiamente pericolosi, essendo stati illusi dai loro pastori di essersi ravveduti e di non perdere la loro salvezza, laddove, nella realtà, permangono in uno stato di perdizione.

Da quel momento in poi, quelle persone, settimana dopo settimana, ascolteranno un “altro vangelo”, appositamente confezionato per i tempi postmoderni che stiamo vivendo, improntato al pieno rispetto dell’identità religiosa, oggi si direbbe del politically correct, i cui precetti impongono la regola del “sii sempre accondiscendente”. […]

segue domani parte 2

 

Traduzione a cura di Ciro Izzo

 

Foto di Enoc Valenzuela su Unsplash

 

Tematiche: Chiesa, Ministero, Predicazione, Teologia

Thomas R. Schreiner 

Thomas R. Schreiner

È professore di Interpretazione del Nuovo Testamento al Seminario Teologico Battista del Sud a Louisville, Kentucky, e il Pastore per la Predicazione alla Clifton Baptist Church.
Lo puoi trovare su Twitter a @DrTomSchreiner.

© Thomas R. Schreiner , © Coram Deo

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